Parrocchia di Santa Maria del Carmine vulgo dei Carmini

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Chiesa di Santa Maria del Carmine vulgo i Carmini - Dorsoduro

Parrocchia di Santa Maria del Carmine vulgo dei Carmini

Posizione Verso l’estremità occidentale della Città costeggia un piccolo tronco del Canal grande.

Chiesa

Abbandonando le infondate dicerie sparse intorno all’epoca della qui venuta di alcuni Padri del monte Carmelo, possiamo stabilire con sicurezza verso la fine del secolo XIII la erezione di questa Chiesa, constando da documento autentico digià serbato nell’archivio della ora soppressa Parrocchia di Santa Margarita, che nel 1286 alcuni Religiosi carmelitani si obbligarono di contribuire a quel Pievano, nel cui ecclesiastico circondario fermarono stanza, tutte le offerte che ne giorni festivi raccogliessero nella lor Chiesa, ed altri oneri assunsero, in riconoscimento del jus parrocchiale. La successiva dichiarazione di Giovanni dalla Rocca Vicario Generale dell’Ordine, in data 1320, fa prova, che codesti obblighi si stipularono al momento della edificazione del Tempio. Fu questo intitolato a Santa Maria Assunta, e volgarmente detto di Santa Maria del Carmine perchè da Carmelitani ufficiato. Papa Nicolò IV, nel 1290, lo arricchì di cospicue indulgenze; poi, nel 6 aprile 1348, fu consecrato da Marco Morello Vescovo democense, con intervento di altri sei Vescovi. Oltre la religiosa Comunità stabilita nel Chiostro adiacente, si formò nel vicinato una unione di femmine che pure vestirono l’abito del Carmelo, e nel 1300 furono ammesse a partecipare delle pie opere di quell’Ordine. Ricoverate quelle pie donne in diverse case, si raccolsero nel 1498 in una sola abitazione prendendo il titolo di Terziarie, chiamate anche Pinzocchere dei Carmini; le quali lavorando le piccole clamidi, così dette Pazienze, che i devoti solevano indossare, diedero il nome alla Calle delle pazienze. Il tempio su cui versa il discorso, eretto come si disse allo spirare del secolo XIII, è un tipo dello stile in quella età dominante, che partecipa del gotico modificato dalla maniera più larga da Nicolò da Pisa introdotta in altri sacri edifici nella Città nostra poco prima innalzati. Vasto e magnifico, di si vide in tre navate sostenute da 12 colonne di marmo da ciascun lato di quella che tiene il mezzo. Qual fu in origine, tale conservasi tuttavia, del che rende ragione l’ammirabile solidità della sua muratura.

Parrocchia

Disciolte nel 1810 le Comunità religiose, e compiuta a quell’epoca la concentrazione di alcune Parrocchie, fu soppressa quella di Santa Margarita, di cui venne altresì secolarizzata la Chiesa. In sua vece si eresse nuova Parrocchia instituendola nella Chiesa di Santa Maria Assunta, detta del Carmine, il cui circondario spirituale si compose colla massima parte delle contrade della suddetta soppressa Parrocchia di Santa Margarita, con tutte quelle della pure soppressa Parrocchia di San Barnaba, con porzione dell’altra di San Basilio, parimenti allora soppressa- e vi si aggiunsero alcune frazioni delle due conservate Parrocchie di San Pantaleone, e dell’Angelo Rafffaele: per la quale riforma, la nuova Parrocchia stese la propria giurisdizione sopra circa 4400 abitanti.

Chiese nel circondario di questa parrocchia attualmente ufficiale

San Barnaba. Sussidiaria. Eretta nel IX secolo dalla famiglia Adorni qui venuta da Altino, distrutta dalle fiamme nel 1105, indi ricostruita, e finalmente consacrata nel 6 dicembre 1350. Cadente poscia per vetustà, venne riedificata dalle fondamenta in bella moderna forma, nel 1749, con disegno di Lorenzo Boschetti.

Chiese secolarizzate

Santa Margherita già parrocchiale Regnante il doge Pietro Tradonico, eletto nell’836, Geniano Busignaco fece costruire questa chiesa, che instituita parrocchiale, ebbe per Pievano Mauro figlio del fondatore. Sabellico celebra la magnificenza di questo tempio, che alzavasi allora con cupola dorata, sostenuta da quattro colossali colonne d’oriental marmo. Dopo alcun tempo, minacciando crollare, fu d’uopo riedificarlo, lo che si fece nel 1647 con elegante struttura, ma coi goffi ornamenti del gusto di quella età. Secolarizzata, come si è detto, nel 1810, serve ora ad usi profani.

Scuola di Santa Maria del Carmine. Una pia confraternita sotto gli auspici di Santa Maria del Carmine formatasi nel 1594, si stabili in un locale alla chiesa di quelli Padri vicino. Il Sodalizio divenuto ricco, innalzò nel secolo XVII maestoso edificio nella sua integrità tuttavia conservato. Soppressa la pia unione per la legge del 1806, quell’oratorio divenne appendice della Parrocchiale.

Scuola di Santa Maria Elisabetta. Fra le corporazioni di artieri digià esistenti a Venezia, annoveravasi quella de Pellicciai, volgarmente detti Varotteri perchè nelle loro manifatture ponevano in opera molte pelli di Vajo. Eresse anche questa il suo luogo di devozione nel quale si raccoglieva, intitolato a S. Maria Elisabetta, e che, sciolta la corporazione fu convertito ad usi diversi.

Oratorio del Soccorso. A piedi del Ponte del Soccorso sorgeva un ospizio per le figlie ravvedute del loro errori, con adiacente oratorio. Concentrato il pio istituto, alcuni anni or sono, nell’altro di Santa Maria delle Penitenti presso San Giobbe, l’oratorio rimase chiuso.

Località meritevoli di particolare menzione.

Ponti. Ho fatto cenno della inveterata rivalità fra Nicolotti e Castellani che solea provocare que due partiti a lotte talor sanguinose. Erano i Ponti l’arena del Pugilato, e spesso presceglievano quelli situati in questa Parrocchia, de quali uno conserva il nome di Ponte de Pugni, e ai quattro angoli della sua piazzetta si osservano tuttavia innestate nel pavimento le orme in marmo bianco, sulle quali dovevano i lottatori posare un piede. Essendo in quei tempi essi ponti senza parapetti laterali, spesso avveniva, che nel certame i vincitori facessero cadere i vinti nel sottoposto canale. Sì fatti combattimenti erano tanto celebri, e dal Governo medesimo autorizzati come spettacoli pubblici, che, quando il Re Enrico III di Francia, nel 1574, fu a visitare Venezia, venne maestosamente condotto nel Palazzo Foscarini per ivi essere spettatore di una lotta agitata con grande solennità fra 200 Nicolotti e 200 Castellani, sul ponte che mette al vestibolo di quell’Edificio.

Palazzi. 1-° Foscarini. S’innalza rimpetto alla chiesa del Carmine, da cui è disgiunto da un Rio attraversato dal Ponte di cui sopra si è detto. Apparteneva alla patrizia famiglia Foscarini che diede molti uomini illustri, fra i quali basti far cenno di Marco eruditissimo bibliotecario della Marciana, innalzato nel 1762 alla ducal dignità. Fu celebre per i suoi eminenti servigi allo stato, come per la profondità dello studio, e diede al pubblico l’opera del più alto concepimento sulla Veneziana Letteratura, della quale sebbene, da morte impedito, non abbia condotta a termine che la Parte I, questa sola costituisce abbondante pruova dell’ampiezza delle sue cognizioni. 2.° Zenobio ora Salvi. La Fondamenta del Soccorso è decorata da Palazzo magnifico della patrizia Famiglia Zenobio estinta pochi anni or sono. Acquistato di recente questo edificio dal Nobile Giovanni Battista de Salvi, egli ebbe il merito di trarlo, con generose riparazioni ed abbellimenti, dall’abbandono nel quale giaceva, d’averne conservato la primitiva esterna euritmia, la interna maestosa distribuzione, e le pompose decorazioni di cui originariamente venne fregiato, senz’alterare le quali, ha saputo con distinto ingegno adattarne gli appartamenti a comodo uso de tempi nostri. L’ampio prospetto sente del gusto pesante del secolo XVII che dominò anche al principio del XVIII, epoca della sua costruzione, per opera di Antonio Gaspari: però in capo al vasto giardino che rende si ameno il suo interno, si ravvisa uno de primi saggi del nuovo rinascimento della buona architettura nella grandiosa bene ordinata Loggia che v’innalzò il nostro Temanza, fiorito con onore al declinare del secolo stesso. 3.° Rezzonico. Questa maestosa mole si specchia nel Canal-Grande, Baldassare Longhena, valente architetto, la eresse nel secolo XVII, Giorgio Massari vi aggiunse il terz’ordine, nel secolo successivo. Non seppero quei due rinomati maestri slanciarsi fuori dallo stile di quella età, nondimeno questa colossale lor produzione è magnifica in ogni sua parte esterna ed interna. Apparteneva alla ora estinta patrizia famiglia Rezzonico, che diede alla patria chiarissimi personaggi, ed a Roma un Senatore, due Cardinali, e il sommo Pontefice Clemente XIII. Giustiniani. 4.° Sulla linea del Palazzo Rezzonico sorgono in un gran corpo riuniti, quelli cospicuissimi dei Giustiniani, i quali per l’ampiezza, e per i loro tre principali ingressi, possono dirsi tre anzichè due Palazzi: uno però divenne da poco tempo proprietà dei nostri rinomati pittori Schiavoni, che di scelta collezione di quadri di celebri maestri lo decorarono. L’ampio edificio presenta lo stile impropriamente chiamato gotico, e che può dirsi con più ragione arabo modificato, ed è quella maniera dalle saracene contrade venuta nei secoli XIII e XIV. 5.° Foscari. Contermina co precedenti, e pare abbia originariamente formato parte del vastissimo vicino caseggiato della illustre famiglia Giustiniani. Lo acquistò la Repubblica per 6.500 ducati, e lo diede a Lodovico Signore di Mantova, che per essa valorosamente avea combattuto. Ricuperato poi dal Governo, ne fece compera il doge Francesco Foscari, che vi aggiunse l’ordine superiore, per cui domina i circostanti edifici. Presenta anche questo, ma con più abbondanti decorazioni, la medesima euritmia di quelli dei Giustiniani, ed appartiene alla stessa scuola arabo-gotica. S’ignora il nome dell’architetto, però le sue forme lo fanno supporre innalzato sul declinare del secolo XIV da Mastro Zuanne, padre di quel Bartolammeo che nel 1438 architettò la tanto famosa Porta della Carta del Palazzo ducale. Forse codesto Bartolammeo che lavorava essa Porta al tempo del doge summentovato, vi fece l’aggiunta di cui si è detto. Alla eleganza di questo edificio s’accoppia la singolarità della sua posizione sul vertice dell’angolo, o piuttosto della curva ove il Canal Grande quietamente rivolge il corso dall’Est al Nord. Il Foscari è quel doge che sofferse le tante avversità di cui è pregna la storia, e che ricolmo di meriti nel lungo regno di 34 anni acquistati, non ha potuto evitare lo scoglio dall’invidia riservato a percuotere i sublimi ingegni; quindi con esempio nuovo, anzi unico, fu deposto dall’alta sua dignità, sebbene per le costituzioni della Repubblica dovesse goderne a vita. (1)

(1) ANTONIO QUADRI. Descrizione topografica di Venezia e delle adiacenti lagune. Tipografia Giovanni Cecchini (Venezia, 1844)

Parrocchia di Santa Maria del Carmine vulgo dei Carmini dall’Iconografia delle trenta Parrocchie – Pubblicata da Giovanni Battista Paganuzzi. Venezia 1821

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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