Traghetto di San Marcuola sul Canal Grande, va alla Salizada del Fondaco dei Turchi

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Campo San Marcuola - Cannaregio

Traghetto di San Marcuola sul Canal Grande, va alla Salizada del Fondaco dei Turchi

Traghetto soppresso. Il traghetto collegava il Campo San Marcuola con la Salizada del Fontego dei Turchi. Nel 1719 aveva venticinque libertà (licenze). (1) Il traghetto aveva i suoi confini dal Canal Grande fino al Ponte  di San Leonardodalla banda di San Marcuola” e fino “alli Due Ponti” del Rio de le Caleselle. Nel 1676 viene pubblicato ai “Due Ponti, al Ponte di San Leonardo e al Cristo di San Marcuola” il proclama dei Provveditori de Comun che minacciano penalità a che fa noli “dal Ponte di San Leonardo fino al Canalazzo” per il Rio di San Marcuola compreso. (2)

I Turchi, massimamente dopo la metà del secolo XVI, frequenti si vedevano in Venezia. Sparsi dapprima, troviamo che nel 1571 abitavano in Cannaregio nel palazzo di Marcantonio Barbaro, bailo a Costantinopoli, ove, essendo in quell’anno successa la vittoria delle Curzolari, “stettero rinchiusi per quattro giorni per il dubbio che havevano d’essere lapidati dai putti, facendo mille segni di mestitia col rotolarsi per terra, battersi il petto, pelarsi li mostacchi, e graffiarsi il viso, e le carni”

Nel 1574 un Francesco de Demitri Litino propose al Senato di raccoglierli in un albergo, di cui egli ed i suoi discendenti fossero i custodi. Accolta il 16 agosto 1575 la proposta, si elesse a tale oggetto una casa di un Bartolammeo Vendramin a San Matteo di Rialto, la quale serviva di osteria all’insegna dell’Angelo. Senonché poi si pensò di ritrovare stabile più acconcio, e vari ne furono offerti, fra i quali nel 1579 uno dei Gabrieli ai Santi Giovanni e Paolo.

Ma i Turchi, qualunque se ne fosse la causa, non si partirono da San Matteo, trovandosi che anche nel 1621 erano colà domiciliati. In questo anno il doge Antonio Priuli loro assegnò un palazzo, posto a cavaliere delle due antiche parrocchie di San Giacomo dall’Orio e di San Giovanni Decollato, eretto, secondo il genealogista Barbaro, nella prima metà del secolo XIII dai Pesaro, comperato nell’anno 1381 dalla Repubblica per farne un dono a Nicolò d’Este, allora semplice marchese di Ferrara, due volte confiscato agli Estensi in occasione di guerra, e quindi loro restituito, cesso nel 1602 da Cesare d’Este al cardinale Aldobrandini, nipote di Clemente VIII, e tosto dopo acquistato dal suddetto Antonio Priuli prima di salire al soglio ducale.

Tale palazzo, ove albergarono molti principi, e, come vogliono alcuni, il divino cantore della Gerusalemme quando venne a Venezia col duca Alfonso di Ferrara per incontrarvi Enrico III re di Polonia e di Francia, è di architettura greco-barbara mista all’arabica, e certamente nel fabbricarlo si misero in opera materiali di edifici più antichi. Istallati che vi furono i Turchi, si diede nuova forma al locale nell’interno, e vi si elesse per direttore Battista Litino, nipote di Francesco. Quindi si venne a comandare la chiusura delle finestre e dello porte, ad eccezione della grande sulla pubblica via; si vietò alle donne ed agli imberbi l’accesso: s’interdisse l’introduzione di polvere, ed armi da fuoco, ed altre molte leggi si promulgarono, commesse alla magistratura dei Cinque Savi alla Mercanzia, che erano cinque nobili pratici del navigare e mercanteggiare, le sentenze dei quali negli affari appartenenti alla nazione Mussulmana erano inappellabili.

Ad uso della nazione medesima servì il fondaco fino al 1838, in cui l’appaltatore Antonio Busetto, soprannominato Petich, ne fece acquisto dal conte Leonardo Manin, legatario di Pietro Pesaro, nella cui famiglia lo stabile era ritornato per il matrimonio con una Priuli fino dal 1648. Allora Saddo-Drisdi, l’ultimo Turco che rimaneva in queste soglio, fu costretto ad abbandonarle, non senza però che egli vi reluttasse a tutta forza, e sdegnato perciò, partisse improvvisamente da Venezia. Nel 1860 il Fondaco dei Turchi fu ottenuto in enfiteusi dal nostro Comune che, impetrati 80000 fiorini dal Governo Austriaco, si accinse a restaurarlo sotto la direzione dell’ingegnere Federico Berchet, perchè potesse servire a Civico Museo. Nel 1869, sei giugno, se ne scoprì al pubblico la facciata, ridotta, per quanto fu possibile, alla sua originale condizione con il rialzamento delle due torricelle laterali, già demolite per decreto della Repubblica 27 maggio 1627. (3)

(1) Guglielmo Zanelli. Traghetti Veneziani: la gondola al servizio della città. (CICERO Editore).

(2) Gastone Vio. Le Scuole Piccole nelle Venezia dei Dogi (2012).

(3) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. (VENEZIA, Tipografia Grimaldo. 1872).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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