Chiesa di Sant’Ubaldo vulgo San Boldo

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Campo San Boldo. Sestiere di San Polo

Chiesa di Sant’Ubaldo vulgo San Boldo. Chiesa demolita

Storia della chiesa

Che la chiesa ora detta di Sant’Ubaldo fabbricata (come scrive il Sansovino) dalle famiglie patrizie Giusta e Trona, abbia avuta la sua origine molto prima dell’anno 1088 si prova con autentico documento conservato nell’Archivio di San Giorgio Maggiore, in cui Ycia vedova di Giovanni Lupanico fa sicurtà di alcuni tratti di saline lasciate già in testamento al Monastero stesso da Marcello Ziani piovano di Sant’Agata, sotto la di cui invocazione era stata fondata la chiesa. Restò poi con molte altre incenerita dal memorabile incendio succeduto nell’anno 1105, insieme con le case del suo confine per la maggior parte, secondo l’uso di quei tempi, formate di tavole. Fu poi con le elemosine dei fedeli rinnovata, e nell’anno 1305 (come si rileva da antico marmo affisso alle pareti esteriori) fu ampliata con l’aggiunta della cappella maggiore.

Ottenne dalle spoglie dell’imperiale città di Costantinopoli conquistata dai principi latini confederati un braccio della Santa Vergine e martire titolare, trasportato a Venezia nell’anno 1203.

Col corso poi del tempo essendosi introdotto in questa chiesa il culto di Sant’Ubaldo vescovo di Gubbio, cominciò ad essere chiamata col doppio titolo dei due Santi, e finalmente restò con la sola denominazione di Sant’Ubaldo, con vocabolo Veneziano detto San Boldo.

Il primo dei Piovani di essa, che si nominasse piovano di Sant’Ubaldo, fu Tommaso Guglielmi eletto al governo di questa chiesa nell’anno 1482, quantunque nel decreto del Senato fatto per la di lui conferma fosse stato chiamato piovano della Chiesa di Sant’Agata vacante allora per la rinuncia fatta da Pietro dei Bruti vescovo di Cattaro, il quale di piovano di questa chiesa essendo stato eletto vescovo di Croia, si ritenne la parrocchia in commenda, e la rinunziò poi quando fu trasferito al vescovado della città di Cattaro. Dopo il Guglielmi il di lui successore Luigi Natali usò di sottoscriversi con doppio titolo piovano dei Santi Ubaldo ed Agata, e gli altri poi che susseguirono si dissero unicamente piovani di Sant’Ubaldo.

Fu anche celebre nei tempi trascorsi in questa chiesa il culto di Sant’Omobuono confessore cremonese, per solennizzare la di cui festa lasciò un pio legato Francesco d’Avanzo nel suo testamento dell’anno 1350. Resa finalmente cadente e rovinosa dai pregiudizi del lungo tempo la chiesa, fu atterrata nell’anno 1735, e per la rifabbrica fu posta la prima pietra nei fondamenti con ecclesiastica solennità nel giorno 25 di maggio dell’anno stesso, e si vide nel giro di quattro anni ridotta a compimento la nuova chiesa, che principiò ad ufficiarsi nella sacra lietissima Notte della Natività del Signore nell’anno 1739. (1)

Visita della chiesa (1733)

Nella prima cappella a mano sinistra vi è un quadro, che serve di tavola con mezze figure, cioè Nostro Signore in mezzo ai Santi Pietro, Paolo, Giovanni, e Girolamo, di mano di Rocco Marconi. Vicino alla porta del Campiello vi è un quadro posticcio con Nostro Signore morto opera della migliore scuola di Paolo. Dai lati dell’altare maggiore vi è la Visita di Santa Elisabetta, e la Nascita di Nostra Signora descritte dal Boschini come di Carletto Caliari. La tavola dell’altare sembra della stessa maniera. Sopra gli archi dalla parte sinistra sono varie storie della vita di Sant’Ubaldo, opere degne di Francesco Pittoni. Le portelle dell’organo col Martirio di Sant’Agata, e due Santi sono di Paolo Piazza. Al battistero vi è il Battesimo di Cristo copia di quello di Paolo, che è nella sacrestia dai Cappuccini, ma più in piccolo. (2)

Eventi più recenti

Si chiuse nel 1808, ed in seguito si demolì, non in modo però che non se ne vedano ancora le vestigia, unitamente a parte del campanile. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

(3) GIUSEPPE TASSINI. Edifici di Venezia. Distrutti o vòlti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati. (Reale Tipografia Giovanni Cecchini. Venezia 1885).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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