Famiglia Vendramin (o Vendramino)
Vendramino. Vuole il Palladio, nella sua Storia del Friuli, che dallo città di Udine si trasferisse, nel 1139, in Venezia la famiglia Vendramino; ed altri in quella vece sostengono, che venisse da Aquileia. Altri ancora, tra quali il Malfatti e parecchi cronacisti, dicono giunti li Vendramini dalla Schiavonia, che furono mercatanti di oli e di grascie, e che qui giunti tenevano buona parte delle botteghe di Rialto. Il Frescot ancheo afferma originata questa casa dall’Illirico: essendo ché si trovano in Venezia alcuni dei Vendramino prima del chiudersi del gran Consiglio, giova credere, che allora questa famiglia rimanesse fra le popolane, mentre è certo che dessa fu aggregata alla nobiltà patrizia I’ l’anno 1384, per le benemerenze acquistatesi nella guerra di Chioggia, nella persona di Andrea Vendramino, figlio di Luca da San Leonardo, allora banchiere. Da quel tempo produsse molti uomini illustri in ogni ordine, ed eresse nobile cappella nella chiesa di San Pietro di Castello; acquistò ed elevò palazzi magnifici, splendidi monumenti, ed il teatro di San Luca, detto ora d’Apollo; e possedeva il castello di Latisana, nel Friuli.
Innalza per arme uno scudo con fascia d’oro, che divide un campo di azzurro e rosso avendone usato un altro inquartato, nel primo e quarto punto, da un leone d’oro rampante coronato, che brandisce una spada in campo d’argento; e nel secondo e terzo colla fascia e campo del primo scudo.
Vendramino. Il nostro doge ebbe a padre Bartolommeo q. Andrea, e nacque nel 1393. Fino dagli anni più teneri si esercitò nelle lettere, nelle arti liberali e negli esercizi del corpo, massime nella scherma, in cui divenne eccellentissimo più che altri mai del tempo suo. Mortogli il padre, affine di conservarsi il patrimonio redato, esercitò la mercatura, ed aggiunse per ciò maggior ricchezza alla sua casa, sicché narrano i cronacisti essere stata la più doviziosa fra le nobili famiglie. Applicatosi poscia alle magistrature della patria, per lo suo ingegno, prudenza e virtù, conseguì tosto gli uffizi più gelosi. Sostenne quindi varie ambascerie, fra le quali quella appo il pontefice Paolo II, che si mostrava avverso alla Repubblica, ed ebbe Andrea il merito, unitamente a Lodovico Foscarini, di volger l’animo di Paolo a miti pensieri. Eletto avvogadore, senatore e savio del consiglio, veniva il di 10 giugno 1466, decorato della stola procuratoria de citra, in luogo del defunto Matteo Vittori. La guerra mossa dal Turco obbligò la Repubblica a farsi forte con leghe coi principi cristiani. A tale effetto il Vendramino fu eletto quale commissario alla lega proposta con Firenze e Milano, nel 1474, ed ottenne che questi due Stati mandassero il danaro necessario per armare alquante galee. Morto finalmente il doge Pier Mocenigo, veniva innalzato, come dicemmo, al supremo onore della Repubblica, vissuto essendo in quella carica due anni ed altrettanti mesi, passando a vita migliore nella grave sua età di anni 85, e mesi 8. Ebbe cinque figli, non tre, come dice il Sanudo, e sette figlie. Il primo dei figli, Nicolò, ero morto quando suo padre fu creato doge, e fu capitano valoroso, che militò cogli eserciti veneti nelle guerre dei suoi tempi; il secondo, Bartolomeo, acquistò, nel 1457, il feudo di Latisana da Giovanni e Bartolomeo Malombra. Questi, giusta il Sanudo, stava nel detto suo feudo bandito da Venezia per avere, a caso, con una freccia ucciso un ufficiale di barche, a cui allude il breve che veduto abbiamo in palazzo: il terzo, Girolamo, morto nel 1484; il quarto, Alvise, e non Alessandro, come mal dice il Sanudo, fu, nel 1480 e 1481, podestà e capitano di Treviso, poi, nel 1488 e 1489, luogotenente a Udine; finalmente, l’ultimo, Paolo, fu senatore e savio di terraferma. Le sette figliuole maritò Andrea splendidamente, dando loro di dote dai 5.000 ai 7.000 ducati. La prima impalmò Alessandro Diedo q. Antonio procuratore; la seconda, il cavaliere Zaccaria Barbaro; la terza, Girolamo Morosini, morto provveditore d’armata; la quarta Nicolò Donato dalla Beccaria: la quinta, Michele Valier, q. Ottaviano; la sesta, Giovanni Contarini, q. Andrea da San Barnaba; l’ultima, Andrea Contarini da San Moisé, soprannominato Buontempo. Doge Andrea, per testimonianza dei cronacisti, fu il più bello e grazioso uomo della città, di grande statura, valentissimo nella persona, siccome dice il suo encomiatore, il quale aggiunge, avere lui avuto, lentezza di mente, memoria vigorosa e pronta, moderazione d’animo, giustizia, splendidezza e misericordia verso i poverelli.
Il monumento che eressero i figli a questo doge, può dirsi il principe dei monumenti sepolcrali di Venezia per grandiosità di mole, per bellezza di marmi, per eleganza di lavoro e per armonia di proporzioni, ed è reputato opera di Alessandro Leopardi, a cui diede mano nelle sculture, che lo decorano, Tullio Lombardo. Statue, medaglie, bassirilievi, fregi, meandri, festoni, arabeschi, con saggia ordinanza distribuiti, innalzano al più alto grado di nobiltà e di splendore questa opera maravigliata. La descrizione di tal monumento importerebbe opera lunga non consentanea ai limiti che ne vendono imposti, per cui rimandiamo il lettore all’opera nostra: I monumenti cospicui di Venezia, ove è inciso ed illustrato. Diremo solo, come nel piedestallo che sostiene la bara, su cui giace la statua dell’estinto duce, è scolpita l’inscrizione seguente:
ANDREAE. VENDRAMENO. DVCI
OPVM. SPLENDORE. CLARO. SED. EX. MIRA. IN. PATRIAN
PIETATE. OPVM. VSV. LONGE. CLARISSINO. QVI. CROIA
TVRCARVM. ORSIDIONE. LIBERATA. EORVNDEMQ.
IRRVPTIONE. IN. CARNIAM. REIEGTA. FELIX. INSIGNI
PROLE. IMPLETIS. OMNIBVS. ET. FORTVNAE. ET
NATVRAE. ET. VIRTVTIS. NVMERIS. PRINCIPATVS
BREVITATEM. SEMPITERNA. CAELI. GLORIA. COMPENSAT
VIXIT. ANNOS. LXXXV. MENSES. VIII
OBIIT. PRIDIE. NONAS. MAII
ANNO. MCCCCLXXIIX
PRINCIPATVS. SVI. ANNO. SECVNDO (1)
(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI
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