La morte del cardinale Giovanni Battista Zen

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Palazzi Zen ai Gesuiti. Sestiere di Cannaregio

La morte del cardinale Giovanni Battista Zen

Il 5 maggio 1501, giunse a Venezia la notizia che il cardinale Giovanni Battista Zen della contrada dei Crociferi, oggi dei Gesuiti, era gravemente ammalato nel suo palazzo a Padova “et non poteva scapolar (sfuggire)”.

Egli era tra i cardinali forse uno dei più ricchi, poiché le sole abbazie di Ravenna, di Verona e di Carrara gli fruttavano una rendita annuale di quasi tredicimila ducati “et lui poco spendeva con l’opinion di farsi papa con li soi ducati“. Però, se non fosse riuscito nel suo intento, egli aveva disposto che gran parte della sua sostanza fosse della Repubblica, e così appena si seppe della grave malattia, il Consiglio dei Dieci mandò a Padova il suo segretario Alvise Manenti, secondo l’ordine ai due rettori, sier Luca Mocenigo e sier Nicolò Foscarini, “di far custodir la casa et non permetter che li parenti entrasse“. Infatti quando giunsero a Padova in gran fretta “acciò li beneficiasse” sier Tomà, sier Alvise, sier Bastian e sier Piero Zen, suoi nipoti, trovarono chiuso il portone e venti fanti di custodia che ne impedivano l’accesso. Proteste, reclami, doglianze, ma i rettori tennero fermo l’ordine avuto dal Consiglio dei Dieci.

Il giorno 8, a tredici ore, il cardinale moriva e subito, vestito da vescovo, “fo posto in portego sopra una tavola coverta da uno panno d’oro con “torze atorno“, e, mentre il segretario Manenti procedeva all’inventario dei denari, degli argenti e delle ricche tappezzerie, i rettori aprivano il testamento dinanzi ai parenti. Il defunto, dopo alcuni legati ai fratelli e ai nipoti, lasciava buona parte del suo patrimonio alla Repubblica “et vuol essere sepulto in chiesa san Marco et sia l’arca di bronzo alta di tera tre pe’ et mezo, stia sempre coverta di panno d’oro qual fruado (consumato) quello sia posto uno novo con uno tapedo“. Il giorno dopo portarono a Venezia cinque forzieri contenenti novantamila ducati e sei casse di argenti e di tappezzerie; dal convento di Betlemme a Padova vennero consegnati ai rettori altri ventimila ducati colà depositati dal cardinale, “et in uno camin di una camera dil vescovado fu trovadi altri trentamila ducati“. La Repubblica tra denaro e argenterie e altro aveva ereditato dal cardinale la bella somma di duecentomila ducati.

I funerali di Giovanni Battista Zen furono fatti in San Marco il 16 maggio; costarono alla Signoria tremila ducati e le messi funebri si ripeterono per otto giorni. Nel 1503 il Senato gli decretò il famoso mausoleo di bronzo nella Cappella della Vergine della Scarpa o Cappella Zen in chiesa San Marco, opera magnifica di Antonio Lombardo, Giovanni Alberghetti e Piero Campanato. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 23 marzo 1927

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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