I destini incrociati di sier Michiel Donà e di Cristoforo Calepin

0
487
La zona dei Do Ponti a San Leonardo nel Sestiere di Cannaregio.

I destini incrociati di sier Michiel Donà e di Cristoforo Calepin

Il 17 settembre 1513 il Consiglio dei Dieci decise di chiamare: sier Nicolò Bondimier, sier Alessio Donà, e sier Michiel Donà di sier Zuane di San Polo, per questioni fatte a Rialto riguardanti sete e spezie. I primi due gentiluomini si presentarono alle porte delle prigioni, il terzo, che stava in quel momento in un monastero dei frati minori con una meritrice, non si presentò e venne considerato absente.

La sera del primo di dicembre sier Michel Donà, lasciò il monastero e si presentò, con un pugnale in mano, alla porta del palazzo di famiglia, minacciando suo padre che “se non li deva 100 ducati che lo sbudeleria”. Il padre, e anche la madre, si difesero meglio che poterono e lo spinsero fuori di casa. Sier Zuane Donà la mattina dopo si recò dal Doge e dai Capi dei Dieci querelando suo figlio per questo insulto, così fu ordinato ai capitani di arrestarlo. Il 20 dicembre sier Michele Donà venne giudicato per le “sue male e scandalose operation” e venne deciso di confinarlo a Retimo per 15 anni.

In attesa di essere trasferito a Retimo, la vita di sier Michiel Donà, che stava nella prigione detta dell’Armamento, s’intreccio casualmente con quella di Cristoforo Calepin, di nazione trentina, capitano degli imperiali e responsabile della devastazione di Feltre durante la guerra contro i collegati di Cambrai. Il Calepin venne catturato da Annibale di Lenzo e Bernardino d’Antignola a Campo San Marino sopra Carpanè in Valbrenta, il 15 febbraio 1514, mentre stava calando su Bassano. Gli imperiali persero in quello scontro due bandiere, quattrocento fanti, e altri ottanta furono fatti prigionieri, alla vittoria contribuirono i “villani che hanno dato grandissimo favor a li nostri, et erano sopra li monti, e con li saxi tiravano li nimici”.

La Signoria stava molto attenta che Calepin non scapasse di prigione, l’aveva già fatto a Padova, quando era scappato dalla casa del capo delle prigioni con altri “todeschi”, e infatti il Calepin cercò di fuggire anche dalla prigione dell’Armamento, ma gli sbirri lo presero in tempo e fu trovato “con pali e verigole“ e tutto l’armamentario per scappare.

Il 19 agosto, mentre era in corso il Consiglio dei Dieci, si senti un grande rumore nella corte del palazzo Ducale, con persone che gridavano “li presoni fuzì, li presoni fuzi!”. Era scappato di nuovo Cristoforo Calepin, egli aveva tramato con una guardia della prigione, un certo Gerolamo Barbon da Capodistria, e con lui aveva patuito la somma di 300 ducati per la sua libertà. E qui che i destini di sier Michiel Donà e del Calepin s’intrecciarono. Alle ore 22 del giorno prima, quando il capitano delle prigioni faceva la conta nella prigione Forte, e dove si tenevano alcuni gentiluomini tra cui sier Michiel Donà, il Barbon chiuse dentro il capitano, e liberò i prigionieri della prigione Forte e quella dell’Armamento. Allora gli ufficiali e i capitani, per terra e per acqua, di qua e di là, si misero a cercare i fuggiaschi, desiderosi di prendere soprattutto il Calepin, e un tale Annibale Dalten, friulano, “homo rebello in questa guerra”.

Alcuni evasi si rifugiarono nel convento di San Giorgio Maggiore, dove i frati non vollevano aprire alle guardie, venne chiesta la licenza al  Consiglio dei Dieci di buttare giù le porte, e il consiglio ordinò “di butar zoso le porte et brusar il monasterio per averli ne le mano”. I frati inteso questo aprirono subito le porte e nella chiesa di San Giorgio Maggiore, tra le sedie della chiesa, furono trovati due fuggitivi. Fu preso anche sier Michiel Donà alle porte della basilica di San Marco, e Annibale Dalten fu trovato a Rialto all’osteria della Torre, il quale stava a letto e si fingeva ammalato. Il giorno successivo,  all’ora terza (alle 9), venne preso anche il Calepin per opera di Nichele di Medola capitano dei Cinque alla Pace, il quale lo catturò ai Do ponti a San Lunardo in caxa di certa meretrice, el qual feva colation, era in camisa con una scufia in testa”.

Fu questo il breve ed ultimo intervallo di libertà per Cristoforo Calepin perché il giorno 20 settembre morì in carcere, e “posto in una cassa coperta di panno verde, fo portato con il capitano del Consejo di X et alcuni preti a sepellir.Michiel Donà, il quale una volta preso aveva crudelmente bestemmiato, venne condannato a ulteriori cinque anni nella prigione Frescazoia, “dove stagi solo, et compiti, sia mandato al suo bando di Retimo”. L’11 luglio del 1520 sier Michiel Donà, che stava ancora in prigione, espresse il desiderio di poter uscire e di farsi frate nell’Isola di Santa Maria delle Grazie, “et cussì ditto sier Michiel fu vestito ivi da frate e cavato di prexon“.  (1)

ConoscereVenezia

(1) Marin Sanudo. I Diari volume 17 e seguenti

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

SHARE

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.