Lodovico Donà dalle Tresse, e la congiura dei cinque cardinali

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Palazzo Donà a San Stin. Sestiere di San Polo

Lodovico Donà dalle Tresse, e la congiura dei cinque cardinali

Nella chiesa di San Jacopo in Paluo breve isoletta della laguna tra Murano e Mazzorbo, c’era, dice lo storico Zaccaria della Compagnia di Gesù, un grande ritratto di Lodovico Donà o Donato fatto cardinale da papa Urbano VI nel dicembre 1381, ma nel Cinquecento il ritratto scomparve.

Lodovico Donà figlio di Pietro apparteneva a quel ramo della famiglia comunemente chiamato dalle Tresse e che aveva le case nella piccola contrada di San Stin. Ancora giovanetto egli si era iscritto all’ordine dei minori conventuali del Monastero dei Frari e tanto progredì nello studio che nel 1360 fu eletto Inquisitore e fu uno dei sette fondatori dello studio teologico nella Università di Bologna. La sua dottrina era profonda e la sua eloquenza meravigliosa: lo stesso Senato non gli trascurava le lodi e lo volle vescovo di Castello nel 1368, raccomandandolo poi nel 1381 a papa Urbano per la porpora cardinalizia.

Alla morte di Gregorio XI raccoltosi il Concistoro in Roma per la nuova elezione, il popolo insorse e, circondandato il palazzo concistoriale, proruppe in alte grida: “Romano lo volemo, romano o al manco italiano“. I cardinali italiani presero posizione contro i francesi, molti del conclave patteggiavano per il popolo e fu eletto in quello stesso giorno, 8 aprile 1378, Bartolomeo Prignani, arcivescovo di Bari, che prese il nome di Urbano VI.

Però la pace durò poco: la severità di Urbano gli alienò in breve quasi tutti i cardinali, fu dichiarata illegale la sua elezione fatta con la minaccia di un popolo ammutinato, e venne eletto un nuovo papa Roberto di Ginevra che fu Clemente VII, con sede ad Avignone. Così ebbe origine il grande scisma di occidente che per anni divise l’Europa.

La Repubblica di Venezia parteggiava per Urbano, e quando fu eletto Donà a cardinale la Serenissima fece capire a Roma la sua gratitudine. Ma i tempi erano tristi: le congiure seguivano alle congiure; Urbano poco sicuro a Roma vagava errabondo per l’Italia, quando nel 1384 scoppiò la famosa congiura dei cinque cardinali “che volevano tradire il papa divenuto tiranno per sospetto e per paura il quale fece pigliare et carcerare, tormentare et a la fine morire“. Fra i cinque vi era anche Lodovico Donà dalle Tresse, patrizio veneziano.

Racconta il segretario pontificio Teodorico Niem, testimonio di veduta: “A Basilio de Levanto, grande pirata et esecutore di ordini, Urbano ingiunse che nel dì seguente ponesse alla tortura il cardinale veneziano, Basilio infatti trattolo ove era chiuso lo condusse a una certa stanza, et quivi denudatolo delle vesti, con funi in alto attaccate et fino a terra prolungate, strettamente legollo. Il cardinale, mezzo rotto et vecchio, fu dalla mattina fino al’ora della cena continuamente e crudelmente nell’eculeo tormentato (*)”. Egli però ogni qual volta era in alto tirato ripeteva quel verso: “Christus pro nobis passus est (Cristo per noi ha sofferto)”.

Il povero Lodovico cercò di mandare a Venezia un suo servo fidato, tale Marco Cardella, ma dal momento della sua partenza si perdette ogni traccia di lui e nessuno seppe mai sue notizie. La Repubblica, sebbene fosse appena uscita dalla peste ed avesse gravi dissidi con l’Ungheria e con Napoli, pure mandò a papa Urbano un suo messaggiero per avere informazioni del Donà, ma venne una sola laconica risposta, Lodovico Donà era morto.

La morte di Lodovico non si seppe mai come avvenne, un mistero terribile l’avvolse e nemmeno la storia riuscì a diradarlo. Qualcuno disse che i cinque cardinali furono chiusi in sacchi ed affogati nel mare; qualche altro che nella stalla dei cavalli papali fossero gettati in una gran fossa di calce viva e bruciati; Giannantonio Summonte nella sua Historia di quel brutto periodo afferma: “tre de’ cardinali furono posti ne’ sacchi et gittati in mare, due furono di ferite di accette morti, et i corpi seccati ne’ forni et servati in certi balicioni, quando egli (papa Urbano) cavalcava se li faceva portare innanzi legati sopra i muli con cappelli rossi per ammonitione et errore di quelli che contro lui volessero macchinare uno dei due era Lodovico Donato venetiano“. Il racconto è così orribilmente macabro che ci si ribella a crederlo e si preferisce il mistero.

Comunque i cinque cardinali non si videro più sulla terra, e papa Urbano nel 1389 morì di veleno. (1)

(*) Cavaletto con punte sul quale il torturato cadeva dall’alto.

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO ILLUSTRATO, 1 febbraio 1925

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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