I libri del Petrarca e la Biblioteca Marciana

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Biblioteca Marciana. Sala monumentale

I libri del Petrarca e la Biblioteca Marciana

Dante e Boccacio non avevano molte simpatie per la Repubblica di Venezia, ma invece ne era entusiasta messer Francesco Petrarca. Amico personale del doge Lorenzo Celsi di Santa Ternita, eletto il 16 luglio 1361, egli nelle sue “Lettere sinili” scriveva nell’agosto del 1364, narrando le feste per la vittoria sui ribelli di Candia: “E’ questa Venetia l’augustissima città, unico nido di libertà, di pace, di equità; unico rifugio dei buoni; unico porto in cui le navi sbattute da tiranniche e guerriere burrasche, amano di ritirarsi in salvo; città ricca di oro, più ricca di fama, potente per facoltà, più potente per virtù; fondata sopra solidi marmi, più solidamente piantata sulle basi della civile concordia; cinta da saldi incorruttibili flutti, protetta da più incorruttibili consigli.”

Due anni prima, e cioè nel 1362 Francesco Petrarca prometteva, dopo la sua morte, di donare alla Repubblica tutti i suoi libri con la clausola che non fossero nè venduti, né alienati, né dispersi, ma conservati in luogo sicuro dagli incendi e dalle piogge, facendo voti che altri concorressero coi loro doni a dar lustro e splendore alla progettata il prezioso dono e in segno di riconoscenza concedeva al poeta, durante la sua vita, la casa “delle due Torri” sulla Riva degli Schiavoni, tra il convento del Sepolcro e l’angolo della Calle del Dose che mette anche oggi in campo alla Bragora.

Alla morte di messer Francesco, avvenuta ad Arquà in quel di padova il 18 luglio 1374, i libri sembra venissero dati in piccolissima parte alla Repubblica la quale li collocò provvisoriamente in una stanza sopra la chiesa di San Marco, dove si conservavano i documenti e gli atti diplomatici del Governo, in attesa di costruire sede più degna. Ma le guerre successive, l’aggravamento delle enormi spese e forse il piccolo numero dei libri ricevuti, ostacolarono per allora l’effettuazione del progetto di una Libreria, come auspicava il Petrarca e come, prima della sua morte, decretavano i Procuratori di San Marco, grande e famosa.

I libri quali e quanti fossero non si seppe mai, certo moltissimi non furono mai consegnati poichè se ne trovano oggi a Padova, alla Laurenziana, all’Ambrosiana e in altre pubbliche biblioteche, e nella nostra Marciana, si conservano, gelosamente custodite, tra sole opere che con maggiore probabilità avrebbero appartenuto al Poeta. Iacopo Morelli, benemerito bibliotecario di San Marco, le accenna e sono: “un Poemetto del Pace sulle Marie dedicato al doge Piero Gradenigo nel 1292, un Messale del secolo dodicesimo, la Terapeutica di Galeno tradotta in latino da Borgondio Pisano nel 1269“.

Ma se i libri, morto il Petrarca, vennero trafugati o dispersi, la nostra Biblioteca Marciana trae la sua lontana origine dal grande poeta e forse fu incentivo al cardinale Bessarione di Trebisonda di lasciare alla Repubblica nel 1468 il tesoro di codici e manoscritti greci da lui posseduti, cospicuo nucleo intorno a cui realmente si formò la Biblioteca. Al Bessarione si aggiunsero i lasciti del vescovo Sipontino nel 1480, del cardinale Grimani, dei Contarini, dei Recanati, dei Farsetti e di tanti altri, ai quali si aggiunse l’aggregazione delle librerie conventuali soppresse nel 1812.

Oggi la Biblioteca Marciana, una delle più grandi e più celebri biblioteche d’Italia, contiene nelle sue sale circa 13 mila manoscritti greci, latini, italiani e in altre lingue, circa cinquecentomila volumi a stampa e circa centoventicinquemila opuscoli.

Nella sala di lettura, il cortile centrale dell’antica Zecca, coperto da un lucernaio a vetri, sotto l’arcone di centro trasformato in nicchia, sorge il grande busto di Francesco Petrarca, opera di Carlo Lorenzetti.(1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 9 novembre 1927.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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