I pulpiti mobili all’aperto nei campi veneziani

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Campo San Giacomo di Rialto. Sestiere di San Polo

I pulpiti mobili all’aperto nei campi veneziani

Nella piazzetta di San Giacometto a Rialto, fin dal 15 dicembre 1542, si decretò, con una legge del Consiglio dei Dieci, l’erezione di un pulpito in legno dove un religioso a tale effetto stipendiato doveva predicare al popolo nei giorni di lunedì, giovedì e sabato. Di tali pulpiti ce n’erano anche a San Marco ed uno a San Stefano, ma quello a San Marco oltre a servire di giorno per le prediche, serviva di notte per sollazzi e baldorie, specialmente in carnevale, e, posando esso su quattro ruote per egevolare il trasporto da un sito all’altro della piazza, disimpegnava in quelle sere carnevalesche, le funzioni di carrozza, di pulpito e di torre.

Nel carnevale del 1542 Andrea Calmo, scrittore dialettale spirito bizzarro e improvvisatore di commedie a braccia, ricordato nelle storie letterarie del Tiraboschi e del Maffei, pronunciava, vestito in bautta, dal pulpito di San Marco, un discorso satrico con qualche allusione politica che fu per più giorni il tema delle conversazioni veneziane e gli fruttò, compenso imprevisto, una bella e severa lavata di testa dal Consiglio dei Dieci.

Nell’ultima notte di carnevale, durante il suono del campanone che ne annunciava la fine, il povero pulpito non aveva più pace, era assalito da tutte le parti, da uomini ubriachi e da donne in fregola, e come un matto correva per la piazza tra le grida, i frastuoni, le urla da risvegliare un morto.

Nel 1545, narra Pietro Aretino in una sua lettera, dentro il pulpito avevano rinchiuse la Cornelia Griffo, la Marietta Sandoni e l’Angela Sarra, femene de partido e con loro facendo baccanale c’era il Franco, il Dolce, il Landi ed il Doni, ma per il peso e la sfrenata allegria un lato del pulpito si sfasciò ed il capitombolo fu generale. Cornelia Griffa, il Franco e il Doni rimasero feriti e finirono il carnevale a letto.

Racconta il Sanudo sotto la data del 25 febbraio 1521: “Sul campo S. Stefano fo predicato per Andrea da Ferrara, qual ha gran concorso. Era el campo pien et lui disse mal de la corte Romana. Questo seguita la dotrina de fra Martin Luther, et è contrario al papa molto, et è sta per el papa scomunicato“.

Il pulpito di San Giacometto di Rialto si prestò qualche volta allo scandalo; esso era vicino al Castelletto, magnum lupanar popolare, e nelle sere estive qualche coppia in amore trovò in esso temporaneo rifugio. Forse per questi scandali l’anima pura del Casanova volle porvi rimedio, ed una volta nel 1745 egli con il patrizio Balbi ed altri tutti brilli per una gran bevuta di malvasia dolce, dettero fuoco al pulpito e se non fossero accorsi i birri, che dal ponte di Rialto videro il chiarore, ne sarebbe avvenuto un incendio essendo il pulpito vicino a delle cataste di fascine. La comitiva incendiaria si salvò con la fuga per la calette di San Matteo ed il pulpito non fù più rifatto.

Così nelle sue Memorie narra il Casanova, il quale fra le tante avventure ebbe anche sulla coscienza l’incendio dell’ultimo pulpito di San Giacometto. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 4 ottobre 1923.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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