I Monachini o Moneghini, ovvero i gentiluomini e i popolani che amoreggiavano con le monache

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Giuseppe de Gobbis. Il parlatoio delle monache.

I Monachini o Moneghini, ovvero i gentiluomini e i popolani che amoreggiavano con le monache

Alla grande scostumatezza che dominava, cosi non fosse stato, nella città di Venezia, si aggiunse, specialmente a partire dal Trecento, l’infame ticchio di entrare nei chiostri delle monache per congiungersi carnalmente con esse, cosicché Monachini e Moneghini si chiamarono i furfanti rei di tanta scelleratezza, indefessamente però studiandosi il governo di reprimerla.

Quindi il 29 giugno 1349 in Maggior Consiglio fu fatta una legge “Contra illos qui committunt fornicationes in monasteriis Monialium Ducatus Venetiarum” per la quale i colpevoli “in fortiam Dominii teneantur in bona custodia in palatio, in Camera, nel Carcere … et diligenter inquiretur negotium per Advocatores Communis“.

Ma anzichè scemare, aumentando il disordine, molto più severa fu la legge seguente: “1486. Die XXX Maij in Pregadi. Benchè i mazori nostri catholici et religiosissimi in diversi tempi, cum le sue sancte leze provedessero, che le Verzene dedicate al divino servizio, et desponsate al S. nostro misier Iesu Xpo: non fossero da maligni sacrilegi tentate, et fastidiate, tamen le tanto accrescuta da pocho tempo in qua la audatia, et insolentia de molti quali pocho curando el timor del Summo Idio et le pene per le leze statuite, se fano licito macularse de cusi abbominevole pecato, qual tanto offende la Maiestà divina, senza alcun rispetto: le adunque per honor de Dio, et del stato nostro da occorrer a cusì maniſesto errore: et cusi come laudatia de peccati è augumentata: cosi augumentar le pene statuite azio che almeno el terror de quelle i fazino star reguardosi. E però landerà parte che lultima parte del 55 che da pena a quelli che uxano cum muneghe nei monestieri stia anni do ne la prexon nuova, et pagi a i avogadori lire 400.  Quelli entrino nei monastieri stia anno uno, et pagi lire 200. Quelli veramente che dano impazo atorno i monastieri stia mexi sie in prexon pagi lire 100. Ecc.” .

Sembra però che questa legge del 30 maggio 1486 sortisse poco effetto, poiché si trova che il Senato il giorno 12 settembre 1491 procedeva contro Vittore Ottoboni di Stefano, per aver fornicato con una monaca conversa del monastero di Sant’ Anna, e contro Agostino dei Garzoni, Giorgio Ferro, Angelo Malipiero, Francesco Zorzi e un Nicolò di Napoli di Romania che parimente fornicato avevano con altre suore professe del monastero anzidetto, assoggettando per ciò l’Ottoboni e gli altri tutti alle pene dalla legge stabilite. Parimente nel 1500, si procedeva contro Vincenzo Morosini del fu Cipriano, Giusto Gauro del fu Pandolfo, Vincenzo Loredano del fu Andrea e Bernardo Pisani del fu Francesco per aver fornicato nel monastero delle Vergini, il primo con suor Franceschina Boldù, il secondo con suor Laura Marini, il terzo con suor Chiara Bon, e, finalmente, l’ultimo cioè il Pisani, non solamente con la detta Franceschina Boldù che lo rese padre di più figli, ma anche con l’altra suora Franceschina da Lezze.

Ma, se si procurava di porre rimedio ai disordini dei laici i quali entravano nei monasteri delle femmine, si provvedeva pure contro quelli “dei frati e dei monaci di tutte le religioni che continuamente (cosi la legge) andavano e stavano quanto volevano nei detti monasteri con massima disonestà, peso del nostro principato, e pessimo esempio per li tempi avvenire“; perciò, perchè non avessero “a nascere simili orribili peccati ed enormitadi contro Dio e l’onore del nostro Dominio” si decretava quanto segue, “16 luglio 1385. in Maggior Consiglio. Vadit Pars in bona gratia, che qualunque frate o monaco non ardisca entrare in qualsivoglia monastero di Religiose Veneziane  nè per acqua, nè per terra. Ma siccome le Religiose non potrebbero stare senza confessori e predicatori si elegga un frate di anni 60 in su che vada, nè seco conduca compagno alcuno che non avesse la stessa età. E qiesto predicatore e suo socio resti fuori del coro dietro l’altare. Similmente il confessore non deve entra in Coro o in Confessionale altro che in caso di malattia, e del pari in caso di morti, o esequie. che quando saranno provate simili contrafazioni ai nostri Avogadori di Comun stiano li contraffatori un anno nelle nostre carceri inferiori, e due anni se avessero commessa qualche disonestà. E come che noi non siamo superiori di frati e monaci debbano costoro essere punili dai superiori dei loro Ordini, e mettere esecuzione alla pena. E se questi frati, o superiori non obbediranno a questa legge sii preso che si stridi nel Ducale Dominio, che nessun maschio o femmina entri più nella chiesa di quel frate o monaco contrafacente, nè ardisca di parlare o comunicare con alcuno di loro, nè far loro elemosina alcuna sotto pena di un mese di prigioni inferiori e L. 100 di pena pecuniaria, agli accusatori il terzo della pena“. Ugualmente si punivano “le monache, le badesse, i piovani, i preti, i diaconi e chierici di Venezia di qualunque condizione e stato essi fossero“. (1)

(1) Fabio Mutinelli. Lessico veneto, compilato per agevolare la lettura della storia dell’antica Repubblica di Venezia. Tipografia di Giambattista Andreola, Venezia 1852.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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