Mechitar di Sebaste e il Monastero di San Lazzaro degli Armeni

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Monumento all'Abate Mechitar. Isola di San Lazzaro delgi Armeni

Mechitar di Sebaste e il Monastero di San Lazzaro degli Armeni

Il 7 febbraio 1676 Manuk di Pietro nasce a Sebaste degli Armeni (oggi Sivas), dove entra quindicenne nel monastero di Surp Nsham (Santa Croce), e gli viene assegnato il nome di Mechitar (Consolatore).

Assetato di conoscenza, soprattutto della Parola di Dio, il giovane monaco presto comincia una serie di peregrinazioni, di monastero in monastero, nelle terre dell’Armenia storica, e nel 1692, raccolto in preghiera nel monastero dell’isola di Sevan, vive l’esperienza di una breve apparizione della Vergine Maria, che gli parla e orienta il senso della sua vocazione e apostolato. Nel 1696 è ordinato sacerdote e due anni dopo è insignito del grado magistrale di vardapet.

Giunto a Costantinopoli, nel 1700 Mechitar fonda, con un piccolo gruppo di discepoli, il primo nucleo della nuova Congregazione. Già allora il lavoro intellettuale, alternato alle ore della preghiera liturgica, dà i primi frutti, e Mechitar pubblica la traduzione armena de l’Imitazione di Cristo, ma nel giro di un anno egli si trova costretto dalle circostanze e dalle tensioni in atto nella capitale ottomana a decidere il trasferimento della piccola comunità: è l’8 settembre 1701, e Mechitar, raccolti i suoi, pronuncia uno speciale atto di affidamento alla Vergine Maria, di cui si celebra in quel giorno la Natività.

In fuga da Costantipoli, all’inizio del 1703 Mechitar si trasferisce a Modone, una cittadina portuale della Morea veneziana, al riparo dai contrasti confessionali della capitale ottomana, e in un decennio vi edifica pazientemente un monastero con una chiesa.

In quegli anni l’abate consolida la formazione filosofica e teologica dei suoi monaci e, assunta a base la Regola di San Benedetto, richiede al papa Clemente XI l’approvazione dell’istituto, che all’epoca si presenta con la denominazione di Congregazione riformata dei monaci armeni cattolici di Sant’Antonio Abate. Nel 1711 riceve l’approvazione ufficiale dalla Santa Sede con la ratifica ad experimentum delle Costituzioni.

A Modone Mechitar conosce eminenti personalità veneziane, quali l’ammiraglio Alvise Sebastiano Mocenigo, poi doge (1722-1732), e i Provveditori generali della Morea Angelo Emo (1705-1708), Marco Loredan (1708-1711) e Antonio Loredan (1711-1714), che gli apriranno la strada per Venezia, quando la conquista ottomana della penisola costringerà ad un nuovo esilio.

Lo scenario di guerra che incombe sulla Morea sul finire del 1714 induce Mechitar a lasciare Modone con i suoi monaci. La stima guadagnata presso le autorità veneziane fa si che siano queste ad invitarlo a recarsi con i suoi monaci nella stessa Dominante. Giunto a Venezia, Mechitar è accolto con i suoi confratelli benevolmente e dal 12 maggio 1715 trova dimora in una casa adiacente alla chiesa di San Martino, in attesa di una definitiva sistemazione.

Venezia è ancora un centro culturale e commerciale di prim’ordine. La particolarità della forma del suo governo, che costituisce un unicum, e la sapienza politica con la quale è gestita sono lodate da pressoché tutti i teorici della politica del tempo.  Una piccola ma vivace comunità armena vi è presente dall’antichità, e ha il suo centro residenziale, con l’annessa chiesa di Santa Croce, poco distante da Piazza San Marco. La sua comunità si sostiene in gran parte con le offerte per le Messe celebrate in città grazie all’appoggio del patriarca di Venezia Pietro Barbarigo.

L’abate trova in Venezia le condizioni per riprendere subito la propria missione editoriale, già nel 1715 pubblica la traduzione armena del Compendio di Teologia di Sant’Alberto Magno, con la tipografia di Antonio Bortoli, con la quale comincia una lunga collaborazione.

Nella sua ricerca di una sede adeguata in cui stabilirsi, Mechitar è sostenuto dal Senato della Serenissima, godendo degli appoggi di personalità di spicco. Essendo vigente un decreto che vietava di ammettere nuove congregazioni religiose in città, viene stabilito di fondare il nuovo monastero in un isola abbandonata, e la scelta cade su San Lazzaro, che apparteneva al’epoca alla Confraternita dei Mendicanti. Mechitar la visita una prima volta nell’estate del 1716.

La prima notizia dell’isola di San Lazzaro è dell’810, quando la Serenissima la affida all’abate benedettino di Sant’Ilario di Fusina. Più tardi la troviamo adibita a ospedale per pellegrini, e poi ricovero per i poveri. Nel 1182 il nobile Leone Paolini ottiene l’isola in dono dall’abate Uberto di Sant’Ilario, vi edifica un ospizio per i pellefrini e una chiesa, che dedica a San Leone Magno.

Nel 1196, attraverso un atto di donazione del doge Pietro Ziani, si ha notizia di un “Ospedale de San Lazzaro” a Venezia, per i lebrosi, nei pressi di San Trovaso, a Dorsoduro. Nel 1262 il Senato decide il trasferimento del lebrosario nell’isola ceh d’ora in poi sarà denominata Isola di San Lazzaro. Nel 1348 il lebrosario è restaurato a fondo e l’isola passa dalla giurisdizione dei Benedettini a quella della Cattedrale di San Pietro di Castello. La chiesa viene dedicata a San Lazzaro, come testimoniato dall’antica architrave dell’ingresso, ora nell’atrio del monastero.

Verso la metà del XVI secolo, considerata la drastica riduzione del numero dei lebrosi, il Senato decide di ospitare a San Lazzaro i poveri della città, converte a questa finalità assistenziale la confraternita che gestiva l’ospedale di San Lazzaro e progetta alcuni restauri che però non vanno a segno, in suo luogo viene realizzato, dal 1601 al 1631, l’ospizio dei Mendicanti, ai Santi Giovanni e Paolo, la cui chiesa è pure intitolata a San Lazzaro. L’isola di San Lazzaro viene abbandonata. Nel 1645 i domenicani profughi da Creta, ocuppata dai Turchi, prendono dimora a San Servolo e, dal 1651 al 1670, a San Lazzaro. Nel 1678 l’isola è data in concessione ai Gesuiti, che la abbandonano poco dopo. Successivamente è in mano ad un tal Cristoforo Freschi, che deve cedere all’ordinanza del Senato che la trasforma temporaneamente in una fabbrica di armamenti per sovvenire alle necessità della guerra nella Morea veneziana.

Il 26 agosto 1717 il Senato veneziano delibera la concessione dell’isola di San Lazzaro a Mechitar e ai suoi monaci. Il 12 settenbre la Congregazione dei Mendicanti sigla il contratto di concessione in uso perpetuo, da rinnovare ogni 20 anni. L’8 settembre Mechitar vi fa ingresso insediandovisi ufficialmente con i suoi monaci, E’ l’atto di nascita del Monastero Abbaziale della Congregazione, nel giorno della Natività della Vergine Maria, a compimento di una peregrinazione cominciata, sotto la sua protezione, lo stesso giorno di 16 anni prima, a Costantinopoli.

Nei primi anni della presenza di Mechitar l’isola conservò l’aspetto che aveva sul finire del Seicento, come raffigurata nell’Isolario del Coronelli: dopo i primi lavori di adattamento del fabbricato esistente, alla fine di aprile del 1718 l’abate riuscì a raccogliere nell’isola tutta la comunità monastica.

Raggiunto un livello dignitoso di abitabilità dei fabbricati preesistenti, nella prospettiva della realizzazione del nuovo monastero, appena se ne verificarono le condizioni. Mechitar affida la priorità al restauro della chiesa che avviene tra il 1722 e il 1723. Viene ricostruito il tetto e consolidata la struttura. I principali elementi strutturali e decorativi dell’antico edificio gotico vengono preservati. Tra questi il sarcofago marmoreo di Costantino Zuccoli, “curatore” della chiesa, del terzo quarto del XIV secolo.

Ultimati i lavori di ristrutturazione della chiesa, nel 1724 Mechitar avvia subito la costruzione del nuovo monastero. Tra il 1724 e il 1725, in base al piano di costruzione concepito da Mechitar, viene edificata l’ala nordoccidentale del chiostro, che si apre dall’attuale ingresso in direzione della chiesa. Tra il 1726 viene costruito il Noviziato, che viene collegato al prolungamento meridionale dell’ala nordoccidentale. Nel 1732 l’ala nordoccidentale viene prolengata verso est nel Professorio, che viene così ad affiancarsi con andamento subparallelo al lato settentrionale della chiesa.

Nel 1735 Mechitar realizza i due altari laterali della chiesa di San Lazzaro: a sinistra l’altare della Natività di Maria e a destra l’altare di Sant’Antonio. Sono come i due poli che rappresentano in modo complementare l’identità della Congregazione: la Natività di Maria, nella cui festa (8 settembre) Mechitar aveva votato nel 1701 la Congregazione stessa alla protezione della Vergine e aveva fatto ingresso a San Lazzaro nel 1717, e Sant’Antonio Abate, punto di riferimento fondamentale del monachesimo orientale e titolare della Congregazione.

Co l’avanzare dei lavori, Mechitar ottiene progressivamente il sostegno economico di importanti benefattori tra gli armeni facoltosi redidenti in Venezia, tra i quali la famiglia Sceriman, i Saum, i mercanti Davidiam, Vertanessian, Poghossian

Nel 1738 il chiostro viene a completarsi con la costruzione dell’ala sudorientale. Dal 1739 al 1740 viene realizzato l’ampio corpo del refettorio, con la sovrastante biblioteca, che prolunga l’ala sudorientale verso est, procedendo così subparallela alla fiancata meridionale della chiesa. Il soffitto della biblioteca è decorato e affrescato da Francesco Zugno. All’angolo orientale del chiostro, presso il vestibolo del refettotio, l’abate fa realizzare una scala, che immette al piano superiore, decorata a stucchi, con un affresco a soffitto di Francesco Zugno.

L’abate Mechitar muore il 27 aprile del 1749 nel suo monastero all’eta di 73 anni, la sua morte, sopraggiunta dopo una lunga malattia, mise in lutto, oltre che l’isola di San Lazzaro, l’intera Venezia, venne sepolto nella chiesa di San Lazzaro degli Armeni. (1)

(1) Cartelli guida all’interno del Chiostro di San Lazzaro degli Armeni

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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