Il primo banchetto del doge Alvise Pisani

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Palazzo Pisani. Sestiere di San Marco

Il primo banchetto del doge Alvise Pisani

Alvise Pisani di Campo Santo Stefano era stato eletto doge il 17 gennaio 1735 ed essendo egli il primo ed unico doge della famosa famiglia, discesa dai conti Bassi di Pisa, volle spiegare una larga magnificenza per festeggiare quella sua elezione. Nella corsa del “pozzetto” attraverso la Piazza di San Marco gettò al popolo che lo acclamava gran quantità di denaro, fece distribuire a tutti i traghetti copiose razioni di pane, formaggio e vino, e nel suo palazzo di San Stefano e nella villa di Strà sulla Brenta, non ancora del tutto ultimata, si dettero per parecchi giorni feste, spettacoli, conviti. Il popolo applaudiva e ai patrizi non dispiaceva quel lusso da gran signore che ricordava la ricchezza, il buon gusto e lo sfarzo del Cinquecento, l’epoca dello splendore veneziano.

S’avvicinava il primo banchetto ufficiale dei cinque famosi annuali che dava la Repubblica nei giorni di San Marco, dell’Ascensione, di San Vio, di San Girolamo e di San Stefano e grandi erano stati gli ordini impartiti poiché quello era il primo che dava sua Serenità “dogando sulla Dominante“.

Erano in questi banchetti invitati dal doge circa cento patrizi, scelti tra le più alte cariche dello Stato e per togliere qualunque gelosia negli esclusi, venivano a questi, per tradizione antica, mandate cinque anitre di mare per ciascuno ch epoi furono cambiate in cinque “oselle“, medaglie d’oro coniate espressamente, recanti da una parte l’immagine di San Marco in atto di presentar lo standardo al doge e dall’altra il nome del principe regnante e l’anno del suo dogado.

Il 25 aprile, giorno di San Marco la grande sala dei Banchetti, oggi sala delle cerimonie del Patriarcato, congiunta allora mediante una galleria con la camera “degli stucchi” del Palazzo Ducale, era magnificamente preparata: sulle tavole coperte sia ricche tovaglie e da merletti di Burano scintillavano le argenterie, i cristalli a colori, i trionfi dorati carichi di fiori; sulle vaste credenze in piatti e coppe d’oro e d’argento stavano i rifreddi, le torte, i dolci, le frutta; una folla di servi sotto gli ordini dello “scalco ducale” si aggirava silenziosa; i musici e i cantori erano quelli della cappella di San Marco.

Lo splendido banchetto costò, per quei tempi, fior di quattrini, difatti un curioso documento, proveniente dall’archivio Pisani, rivela “Nota di spese per il banchetto di san Marco, Laus Deo. Per sturion lire 1332, pesche di Verona, fighi, limoni, bisi, finocchi, fava lire 960, lamprede lire 198, al frutarol a san Basso per fragole, pomi, per lire 110, al becher per carne de manzo lire 201, al casarol per persuti et robe salate lire 450, al galiner per polastri lire 966, per ostriche e pesce armato lire 270, al naranzer alla Zecca per naranze lire 88, a Zuane Ratti per confeture et cestele lire 4397, per latticini, lengue, fegati, coradelle e vitello lire 879, a Bernardo Venturini per chicolata, caffè, rosoli et altro lire 417, vino, cipro, malvasia lire 693“, e poi c’erano i fiori, i condimenti, la farina, la pasta, la legna tanto da fare un totale di lire 15847, circa ducati 2650. A pensare che le cinque comunità di Chioggia, di Marano, Caorle, Grado e Pirano davano per i banchetti il pesce gratuito; i monasteri di San Zaccaria e San Lorenzo regalavano ciambelle e rosoli; i proprietari delle valli da caccia offrivano anitre, folaghe e beccaccini, e il comune di Muggia nell’Istria tre grandi anfore di “ribuola“, vino dolce prelibatissimo.

Questo fu il primo banchetto offerto dal Pisani e fu il èiù costoso fra tutti, sebbene anche gli altri quattro costassero la bella somma di ottomila ducati, circa lire cinquantamila. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 9 maggio 1928

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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