Un giallo veneziano del 1770

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1745
Sotoportego del Teatro a San Samuele. Sestiere di San Marco

Un giallo veneziano del 1770: l’agguato al conte Giuseppe Zanotto kr. e Alvise III “Alvisetto” Mocenigo nipote del doge Alvise IV “Giovanni” Mocenigo

Giuseppe Zanotto kr(a), era solito intrattenersi a Venezia, come gran parte della nobiltà, patrizi veneti o no che fossero. Veniva ospitato in vari palazzi, spesso in occasione di qualche festa e alla sera era “d’obbligo” frequentare i vari teatri in compagnia di amici. Durante una di queste “passeggiate notturne” per le calli di Venezia, con uno dei suoi amici, “Alvisetto” (b), il nipote del doge Alvise IV Mocenigo, venne assalito. Dopo una schermaglia di spada, mal usata a causa della via stretta, quasi che il sotoportego fosse stato scelto apposta dai banditi per non permettere tanti movimenti ai due nobili, cercò di difendersi con onore.

Combatterono al meglio ma una stoccata arrivò a segno quando, per difendere il suo amico, offrì il suo fianco. Fortuna volle che sotto la marsina e la camisiola indossasse la “vecchia brigantina di Lepanto” (c). Se non lo avesse fatto sarebbe certamente morto. La stoccata però penetrò fra le lamine, ma per fortuna non molto. Le grida e i rumori avevano fatto accorrere barcaioli e passanti con le lanterne che a loro volta strillarono per far accorrere i birri della “ronda”. Alla vista delle lanterne e udite le grida, il gruppo di aggressori si dileguò, dividendosi per le calli. Gli uomini della ronda una volta riconosciute le generalità dei singoli li condussero in barca a Palazzo Ducale, e da lì nell’appartamento ducale, dove venne immediatamente chiamato l’archiatra del doge per le cure.

Non fu presente solo il doge, ma anche i tre capi del Consiglio dei X, i quali interrogavano Giuseppe e il “nipote del doge” mentre ricevevano le cure mediche. Una volta stillata la relazione sull’accaduto, e “licenziate” le guardie, il ringraziamento del doge si “esternò senza limiti” (d) alla presenza dei capi, voleva molto bene al nipote. Dopo un breve consulto gli venne offerto di entrare nel patriziato veneziano, il doge stesso voleva corrispondere la cifra (b) ma per Giuseppe rifiutò poiché non si sentiva degno, a nulla valse l’insistenza dello stesso doge. Si rimise in piedi e accompagnato se ne andò. Prima di lasciare Palazzo Ducale, gli donarono un piccolo vessillo di San Marco (e).

Successivamente venne richiamato a Palazzo dove il doge, nel suo appartamento, in presenza del nipote, gli donò una preziosissima croce (f), forse una delle collane più costose di Venezia. (1)

Note:

(a) qualche fatto della sua vita, essendo ai più oscura la sua figura. Nacque il 22 ottobre 1747 (nel decreto Napoleonico l’anno di nascita sarà errato, scriverà 1750). Nel 1771 accompagnava il provveditore generale di Dalmazia e Albania Giacomo da Riva durante uno dei suoi spostamenti. Nel 1774 ospitò la procuratessa di San Marco Caterina Dolfin Tron (nostra lontana parente). Il 30 ottobre 1782 convolò a nozze con Cecilia Pujatti. Partecipò con il fratello Giacomo alle pasque veronesi pagando di tasca propria ben 1437 mercenari (cechi, albanesi, schiavoni, ecc) da portare in soccorso a Verona (non riuscirono nel loro intento e di tale “esercito”, tornarono solo in 9 e tutti feriti (tre cechi morirono per le gravi ferite lungo la strada).

(b) era il soprannome di Alvise III Mocenigo, in quanto tutti i maschi si chiamavano Alvise, ma venivano riconosciuti attraverso dei soprannomi. Dal XVII secolo avevano acquistato molte terre a Cordignano e nel 1762 avevano acquistato anche l’intero feudo di Cordignano. Alvise IV “Giovanni”, dopo una brillante carriera come ambasciatore, procuratore di San Marco, nel 1763, a 77 anni fu eletto doge di Venezia. Nella villa del Belvedere giungeva con la dogaressa Pisana Corner, con la corte ducale e la servitù. Per allietare il soggiorno della coppia, spesso si esibivano compagnie teatrali nel grande teatro della villa, ma anche cacce per intrattenere gli ospiti. La coppia ducale ebbe otto figli: sei maschi e due femmine. Il doge Alvise IV morì il 31 dicembre del 1778, fu sepolto a San Zanipolo. Tra i figli vi furono due gemelli: Alvise I (1780-1789) e Alvise II “Marcantonio” (1780-1799). Alvise I soggiornò nella villa Belvedere con la moglie Francesca Grimani sposata nel 1766 (il matrimonio comportò una spesa di quasi mezzo milione di lire venete) dando alla luce giovane Alvise III “Alvisetto”. Alvise I che dirigeva la piazzaforte di Palmanova faceva sosta in villa con amici e compagni d’arme (dopo la morte per ustioni della prima moglie) si unì nel 1771 con Polissena Contarini (unica erede della casata). Il piccolo Alvisetto amava il teatro e si dilettava come suggeritore nelle opere che vi si rappresentavano, apprezzato anche da Carlo e Gaspare Gozzi, durante il loro soggiorno in villa. Nel 1794 l’amministrazione del patrimonio privato dei Mocenigo fu assunta da Alvisetto (nel frattempo si era sposato con Laura Corner). Passato l’infausto periodo napoleonico e reintegrato nelle proprietà, Alvisetto acquisì anche il titolo di conte dell’Impero Austriaco, morì il 14 Marzo 1839 nella villa Belvedere. “NEL SILENZIO DI QUESTO DEFUNTO / SACRO AL SONNO DE TRAPASATI​ / DORME IN PACE / ALVISE III DEL MOCENIGO / PATRIZIO VENETO CONTE DE L IMPERO AUSTRIACO / ULTIMO FEUDATARIO DI CORDIGNANO / E SIGNORE DI LATISANA / NIPOTE DEL VII DOGE DI SUA PROSAPIA / PER GRANDI IMPRESE E SPECCHIATE VIRTÙ / NE PATRI FASCI CHIARISSIMA / NASCEVA NEL DUCALE PALAGIO A XII FEB. MDCCLXV 1765 / MORIVA OVI IN SAN CASSANO A XIV MAR MDCCCXXXIX 1839 / NEL BACIO DI PX REDENTORE / E ALLA CARA MEMORIA DEL PADRE DESIDERATISSIMO / SI TRIBUTAVA CON LACRIME MONUMENTO DI PIETRA E DI ONORE / NEL MDCCCXL 1840

(c) di Giacomo, primo cavaliere ereditario di San Marco.

(d) Dopotutto senza Giuseppe i Mocenigo di San Stae (Sant’Eustachio e Compagni martiri) sarebbero terminati.

(e) Con fili d’oro ed una pergamena. Nella ducale si esternava la sua gratitudine per il gesto compiuto ed il loro riconoscimento in perpetuo di tutti i titoli familiari, per le innumerevoli benemerenze della famiglia.

(f) croce in oro zecchino, con lo smalto azzurro. Il profilo della croce era d’oro. Il leone marciano centrale oltre ad essere cesellato, aveva rubini al posto degli occhi. Alle otto punte aveva delle perle. La croce era montata su una collana “all’antica” costituita da varie placchette collegate le une alle altre. Ciascun elemento era a bassissimo rilievo, raffiguranti scene di vittoria venete, in terra e in mare. Questa collana per il suo peso, alquanto scomodo da ostentare, venne custodita assieme alle altre decorazioni “statali” nella cappella di famiglia. Le ricche onorificenze e i documenti che li accompagnavano, assieme ad alcune pissidi ed ostensori in oro, vennero trafugati la notte del 14 gennaio 1898, sparì anche il vessillo ricamato con fili d’oro e la patente comitale di Andrea il Grande. Il furto venne attribuito ad ignoti e la refurtiva non venne mai più recuperata.

Bibliografia

  • Archivio di Stato di Venezia.
  • Archivio Zanotto.
  • A Cauz, Notizie storiche su Cordignano”, Fiume Veneto (PN) 1988.
  • P.Varnier-A. Soneghet, ” Villa di Villa Belvedere”, TIPSE 1998.

(1) Alessandro Zanotto, Giliana Mason, Debora Gusson

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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