La Porta di Terraferma di Zara e il suo Leone marciano
Le antiche mura di Zara, dopo lunga vicenda di riatttamenti, di ricostruzioni e di trasformazioni, particolarmente dal l203 al 1210 e dal 1447 al 1410, non erano più cintura inviolabile. Stavano ancora in piedi avananzi dell’epoca romana e torri merlate, ma cadenti; il castello minacciava rovina; era d’uopo pertanto ristringere l’armatura di pietra intorno alla città. Michele Sanmicheli venne e stese la pianta delle nuove fortificazioni che suo nipote gettò.
Le mura s’inalzarono ardite e massicce; i baluardi e le cortine furono anello più solido del ferro in giro alle mura; la fossa ripartì le acque verdastre a rispecchiare il pietrame; la torre di Buovo d’Antona si sentì sicura entro la grande opera di difesa.
Dappertutto i leoni con il libro di pace aperto parevano pronti a rinchiuderlo. Non lesinò denari la Serenissima; il solo bastione Grimani (l’odierno Giardino Pubblico) lo costò centomila ducati. Michele coronò la grandiosa fatica con la magnifica Porta di Terraferma come un poeta che nell’ultima strofe riannodi e compendi tutte le bellezze del suo carne.
La Porta è di ordine dorico, ordine che l’architetto veronese prediligeva, poichè in esso è ancora la maestosità dell’ionico ed è già l’eleganza del corintio (e rammenta la porta principale di Verona). Lavorata a bugne sino alla trabeazione, i suoi quattro pilastri s’appaiano ad altrettante colonne; la comice attica s’incorona di un sovromato di eccellente disegno; i fregi della metope sono disegnati con sobrietà. Il Leone che la timbra è in una positura così alata che si direbbe sia in procinto di balzare dal masso; la zampa posa fieramente sul Vangelo; da ogni muscolo traspare una vigoria, una potenza, una grandezza onde il pensiero corre al Leone del Carpaccio. La porta. principale regge nella chiave della volta lo stemma di Zara San Grisogono a cavallo.
Sulla, postierla destra l’arme del Diedo, capitano, e sulla sinistra l’arme del Salomoni, conte di Zara. Un ampio ponte a tre marciapiedi, di rovere i laterali e di ciottoli il mediano, sostenuto da trentasei piloni di pietra, univa la città con la terraferma. Quando fu tolto e la fossa fu interrata, rimase sepolto il basamento della porta foggiato a cortina, con danno dell’opera. Nei tempi di San Marco cinquanta soldati erano quivi di guardia: ventiquattro al rastrello dinanzi alle porte; chi voleva entrare pagava una gazzetta. (1).
Danneggiato il leone nel 1953 durante una dimostrazione per la crisi di Trieste, venne restaurato nel 1994. Le fortificazioni risalenti all’epoca della Repubblica di Venezia presenti a Zara sono state inserite nell’elenco dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO nel circuito storico e culturale delle opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra – Stato da Mar occidentale.
(1) Antonio Battara. Zara. Trieste 1911
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