La schiavonesca: una spada veneziana che viene da lontano

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Schiavonesche e spadoni in mostra nel sottotetto del Palazzo Ducale (itinerari segreti)

La schiavonesca: una spada veneziana che viene da lontano

La schiavonesca o meglio, spada schiavonesca o ancora spada slava, era un tipo di lama lunga caratterizzata da una guardia a forma perlopiù ad “S” che ebbe origine nella Serbia della fine del XIV secolo e fu usata dai cavalieri del Regno d’Ungheria e dalla Repubblica di Venezia durante il XV e XVI secolo (a) .

L’espansione e le conquiste ottomane videro migrazioni dei serbi verso nord e verso ovest, inizialmente all’interno dello stato serbo (il despotato serbo) e poi verso la vicina Ungheria e la Dalmazia veneziana (b). In Ungheria, la popolazione serba era molto attiva nella difesa del confine meridionale contro gli ottomani. La produzione di questo tipo di spada divenne tipologicamente più uniforme in Ungheria e a Venezia, principalmente con le lame del bellunese.

Si stima che gli esemplari più antichi risalgano agli ultimi decenni del XIV secolo, periodo in cui la Serbia era in costante conflitto. La menzione più antica proviene dal testamento del fabbro Dobrič Bunisalić del 1391, conservato presso l’Archivio ragusano: ” … doe spade schiavonesche …” (c) .

Il nome ha origine dagli slavi balcanici che usavano tali spade al servizio veneziano. Il termine Sclavonia era il nome ragusano comune per la Serbia, per la maggior parte della storia il suo stato confinante. Benché fosse un’arma pensata per colpire da cavallo con la sua lunga lama, precisa e di facile produzione “in serie”, le sue potenzialità non vennero del tutto sfruttate finché non venne in contatto con l’eccletticità dell’“intelligencija” dei veterani veneziani.

A Venezia il suo uso fiorì letteralmente, fu un’arma pressoché perfetta per la guerra del periodo: nel modello a una mano venne utilizzata a cavallo e il modello a una “mano e mezza” venne adottato anche dalle fanterie pesanti in quanto brandita con due mani permetteva anche di contrastare le terribili armi in asta e l’elasticità della sua lama era utile negli sconti in quanto non si spezzava come gli stocchi atti a colpire per lo più di punta. Il difetto della continua limatura e relativo assottigliamento della lama fu, anche se non sembra molto utile in quanto diventava uno “spadoncino da bordo” o “coltellaccio” bilama ideale negli scontri delle furibonde mischie corpo a corpo sulle tolde delle navi, di un corpo specializzato negli arrembaggi o a membri dell’equipaggio particolarmente vigorosi e abili nel maneggio di queste armi (d) .

Fu tra le spade più largamente usate dalle terribili guardie alla difesa del doge e del Consiglio dei X, tuttora è l’arma più rappresentata nelle sale espositive dell’armeria del Palazzo Ducale di Venezia (e) con circa trecento esemplari (secondo gli inventari del 1548 e del 1611 ve ne erano in origine più di mille). Il marchio delle lame con il “nodo bellunese” viene accompagnato spesso dal “lupo di Passau”. In tali sale, le armi proprie delle guardie dei tre temutissimi capi del Consiglio, portano ancora oggi impresso nel cuoio dell’impugnatura il marchio dorato di proprietà C.X., alle volte sostituito dal leone di San Marco “in moeca” (f).

La foggia “da una mano” e “da una mano e mezza” avevano la stessa foggia del fornimento (g) Presentavano una lunga e ampia lama a sezione esagonale, appiattita sulla punta e con tripla scanalatura (con sguscio al centro) sul forte fino al medio. Pomolo quadro o quadrotto con bottone emisferico rilevato al centro delle facce, alle volte a “testa di gatto” stilizzato. Elsa a bracci rivolti in senso opposto nel piano normale alla lama curvato a formare una S. Impugnatura di legno fasciato di cuoio o di corda, alle volte rivestita da fili metallici. La lunghezza totale variava dai circa 115 cm fino ai circa 130 cm (con una lunghezza della lama che variava dai circa 96.5 cm ai circa 110 cm e una larghezza della lama di circa 4.5-5 cm), per un peso che variava dai gr. 1500 ai gr 1800. Il pomo a pera schiacciato piatto, con due intagli che vanno a formare una punta e due laterali. Nell’area balcanica molte volte si sono rilevate schiavonesche con lama arcuata al posto della classica dritta.

Il modo di “portare” questa spada è stato rappresentato pittoricamente da Luca Signorelli nella cappella di San Brizio nel duomo di Orvieto, questo denota quanto fosse conosciuta grazie alle truppe veneziane quel tipo di spada. Purtroppo il Signorelli ha dipinto la spada nel fodero per un’esigenza pittorica, ma pochissime o nessuna delle schiavonesche avevano il fodero, sulle navi le si trovava nelle rastrelliere, le fanterie le portavano appoggiate sulle spalle, alle volte coperte con qualche pelle di animale o coperte che comunque poi sarebbero state gettate via, a riprova di questo solo una presenta un resto di fodero (ma prima gli era stata sostituita la lama), infatti foderi coevi al periodo della stessa, non sono attestati. Per le truppe a cavallo, probabilmente quelle più lunghe, a causa della difficile estrazione, erano semplicemente fissate alle selle con qualche legaccio prima della pugna. (1)

(a) Aleksić, Marko (2011). P. Kucypera, P. Pudło (a cura di). “Alcuni tipi di Hilts di spade medievali dall’Europa sud-orientale”. Cum arma per aeva. Uzbrojenie indywidualne na przestrzeni dziejów. Łódź: 155–172.

(b) Aleksić, Marko (2007). “Spade medievali dell’Europa sud-orientale. Materiale dal XII al XV secolo”. Belgrado: Dedraplast. p. 103.

(c) Ibid. p. 102.

(e) Queste temibilissime truppe definite “oltramarine” (antenati degli attuali reparti da sbarco come il reggimento “San Marco” conosciuti come “marò” o degli incursori della marina militare) erano gli schiavoni (mercenari dalmati, sloveni e croati), assoldati dalla Serenissima Repubblica di Venezia, in concomitanza a reparti di stradioti o strathioti greci e ai cappelletti albanesi, i quali prestavano il loro servizio nell’esercito di terra ed in quello da mar, con le loro tecniche e le loro armi.

(f) L.G. Boccia- E.T. Coelho, Armi Bianche Italiane, Bramante Editrice 1974, fig. 166. U. Franzoi, nel catalogo parziale dell’Armeria di Treviso del 1990 (pag 85, scheda 144). M. Scalini, A Bon Droyt, Spade di uomini liberi, cavalieri e Santi, Silvana Editoriale, 2007.

(g) U Franzoi, L’Armeria del Palazzo Ducale di Venezia, Canova Editoriale, Treviso 1990.​   

(h) apprezzati per la loro originalità, funzionalità e bassi costi di produzione.

(1) Alessandro Zanotto e Debora Gusson

Spade, spadoni e schiavonesche esposte nelle Sale dell’Armamento in Palazzo Ducale a Venezia

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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