La Guerra di Candia (1645-1669). III parte

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Ritratto di Francesco Erizzo. Bernardo Strozzi. Gallerie dell'Accademia

La Guerra di Candia (1645-1669). III parte

Descrizione di quest’isola, suo governo e sua condizione

Candia, anticamente Creta, la maggiore delle sette grandi isole del Mediterraneo, è la terra più meridionale d’Europa; gira cinquecento venti miglia avendone duecento trenta di lunghezza, mentre nella sua forma stretta allungata solo dodici ne conta di larghezza. Sterile di grani, ma altrettanto feconda d’ulivi, di viti, di frutti, di cipressi e di cedri con ogni specie di erbe odorose e verdissimi campi, rassembra per gli alti suoi monti ad una gran rocca circondata dal mare, il quale nei vari suoi seni forma altrettanti porti. Alcuni di questi porti a tramontana sono abbastanza spaziosi e custoditi da scogli come Grabusa, Suda e Spinalunga che fortificati ne guardavano l’ingresso. Quattro erano le città principali provvedute anch’esse di porto; Candia che ne era la metropoli; Canea, Rettimo e Sitia, con territorio più o meno esteso da esse dipendente. Dacchè l’isola era venuta in potere dei Veneziani comperandola dal marchese di Monferrato nel 1204, essi vi mandavano un rettore supremo col titolo di duca, e un Provveditor generale, mentre del resto il governo dell’isola ad imitazione di quello della Dominante avea oltre i Consiglieri ducali, il gran Consiglio, gli Avogadori, il Cancelliere Grande, il Magistrato del Proprio, i Signori di notte, ai quali uffici venivano chiamali i nobili feudati veneziani e cretensi. Le milizie si componevano della cavalleria a carico dei feudali obbligati a fornire, come allor si diceva, tanto numero di lance e di scudieri, delle cernide, o leve fra i paesani, e di galeotti; ma tutto, tranne il servigio delle galere, si trovava in grande disordine sottraendosi i nobili ai loro obblighi, le cernide comparendo appena alle rassegne o ai giorni prefissi per il bersaglio per poi tosto tornare alle loro case. Né in miglior condizione erano le cose dell’erario, e l’ isola non solo non impinguava quello della dominante, ma aveva anzi bisogno di esserne sussidiata. La giustizia, nonostante gli ottimi provvedimenti veneziani, non ostante l’invio di Sindici ed Inquisitori ad esaminare il contegno dei Provveditori ed altri Magistrati, si era male amministrata; e nelle campagne specialmente i nobili la facevano da tirannucci. Nel settembre 1574 era stato mandato in Candia con poteri straordinari il cav. Jacopo Foscarini per riordinare il regno a causa delle tante querele e voci sparse di estorsioni e tirannie per parte dei Rettori e principali nobili di colà. Egli regolò la milizia di modo che più non potevano i colonnelli e i capitani rubar paghe morte, ordinò l’erario, pubblicò prudentissimi ordini sul modo di esigere e custodire il danaro pubblico, aumentò notabilmente le gabelle, i dazi e le entrale della Signoria, riscosse molto da quelli che avevano rubato e convertilo in uso proprio la pubblica pecunia; severamente castigò la cavalleria dei nobili e feudali che obbligata alla difesa del regno, si trovava in grande rovina, introdusse cernide ed esercizi militari, diede modo e regola all’armar delle galere ed al porre gli uomini al remo, costituì provvisioni annue per marinari, attese con grande sollecitudine alle fortificazioni e fabbriche delle fortezze, piantò saline e pubblicò ottime leggi, giustissimi ordini e saluberrimi statuti.

Ma fu sollievo piuttosto momentaneo che durevole, laonde la scontentezza era abbastanza generale, dubbia la fedeltà, tiepido l’attaccamento per un governo che bene mostrava ottime intenzioni, bene faceva opportunissime leggi, bene sacrificava perfino i propri redditi, ma non sapeva o poteva metter freno a suoi governatori e ai signorotti dell’isola, e le visite degli Inquisitori e dei Sindici, e le minacciate punizioni riuscivano, stante il vincolo reciproco che fra loro univa i patrizi, per lo più inefficaci.

Provvedimenti di difesa

Tale era la condizione dell’isola, quando crescendo sempre più il timore dei Turchi, Andrea Corner Provveditore generale non lasciava di sollecitare il Senato a pronti e vigorosi provvedimenti. E il Senato gli scriveva raccomandandogli di restaurare le fortificazioni esistenti, di alzarne a luoghi opportuni di nuove, di armare vascelli, gli mandava provvisioni di frumento e di riso, duemila cinquecento fanti, alcuni ingegneri, tra i quali il Vert, poi il 10 febbraio susseguente vi mandava centomila ducati, e vi destinava al comando della truppa terrestre D. Camillo Gonzaga ed il barone di Degenfeld, deliberava inoltre l’armamento di due galeazze e trenta galee sottili, prometteva infine altri soccorsi di gente e di capi da guerra, autorizzando lo stesso Corner a levare mille fanti dal Brazzo di Maina ed altri luoghi dell’Arcipelago. Tuttavia erano soccorsi insufficienti, ed il Corner si adoprava a tutt’uomo per creare si possibilmente una forza nello stesso regno cercando il contentamento dei sudditi, togliendo gli abusi, ed esortando i signori ad alleviar quanto più potessero la condizione del loro contadini col mezzo dei buoni trattamenti e non astringendoli al pagamento dei debiti, per non ridurli alla disperazione, mentre egli prometteva che dal veneziano governo sarebbero con paterno affetto assistiti. Nel tempo stesso faceva esercitare le milizie paesane o cernide, teneva rassegna della cavalleria feudata, metteva guardie a principali porti della marina, restaurava le fortificazioni aumentando la paga ai lavoranti onde più volentieri vi si prestassero. Uomo di grandissima operosità, di caldo amor della patria, di coraggio e valor militare apparisce il Cornaro da tutti i suoi dispacci; onde recatosi ad una visita generale del regno, vi riordinò la cancelleria civile e criminale, l’arsenale, la camera fiscale, l’archivio, le cose tutte della giustizia, mise ogni impegno ad impedire le corruzioni, a provvedere i depositi del frumento, all’approvvigionamento militare, alla vendita del sale e del pane, ad assicurare il paese dai banditi.

Improvviso sbarco dei Turchi nell’Isola di Candia

In questo frattempo i sospetti per gli armamenti dei Turchi sempre più crescevano. Continuando però il vezir nella stessa dissimulazione pubblicava nel marzo del 1645, che la flotta pronta ad uscire dal porto di Costantinopoli era diretta contro l’isola di Malta. Ma il bailo Soranzo non tralasciava di scrivere si badasse bene a Candia, e con ogni possibile e sollecito modo si fortificasse; il Corner scriveva altresì dubitar molto che il manifesto dei Turchi contro Malta fosse ad arte, mentre parecchi avvisi riceveva da Costantinopoli che accennavano a Candia, anzi fino dal 28 aprile la Repubblica informava il suo ambasciatore Alvise Contarini a Munster aver il Turco pubblicato la guerra contro Malta ma in ora insolita verso sera, e con altre circostanze da far supporre nascondere qualche doppiezza.

Il 30 aprile usciva dai Dardanelli la formidabile flotta ottomana composta di ben quattrocento vele portanti oltre a cinquanta mila combattenti e arrivava all’isola veneziana di Tine ove riceveva rinfreschi ed ogni dimostrazione di cortesia, poi con nuovi rinforzi si levava il 21 giugno da Navarino, e il 24 il Provveditor della Canea scriveva al Proveditor generale Cornaro che il giorno innanzi alle ore undici si era scoperta da capo Spada grandissima quantità di vele che con vento propizio si dirigevano a quella volta, chiaramente comprendendosi non poter essere se non l’armata turca partita insidiosamente da Navarino a danno del Regno invece di passare a Malta, come fintamente aveva divulgato.

Informazione del Provveditore Generale Andrea Corner

Ma lasciamo ora parlare lo stesso Corner la cui relazione dee certo tenersi in conto della più veridica e che meglio d’ogni descrizione della storia, rappresenta al vivo la condizione delle cose.

“La stessa sera intesi a quanto pur mi scrisse il suddetto illustrissimo Provveditore, che l’armata suddetta fosse approdata alle spiaggie di Gognà discoste dalla Canea intorno a quindici miglia e dalla fortezza di s. Todero (Teodoro) otto in circa; poco dopo mi capitarono altre lettere che lo sbarco dei Turchi fosse stato ben conteso al primo attentato dalle genti paesane che già erano state assegnate da me a quel posto con un capo sotto la direzione del sig. Bernardino Mengario, ma che però ai tiri delle cannonate che sbaravano dalle prove delle galee, abbandonato il posto, si fossero vilmente ritirate alla montagna, così che col beneficio di tal fuga vi sia seguito il medesimo sbarco abbrugiando il paese, non ostante che subito esso illustrissimo Proveditor avesse spinto a quella volta in soccorso buon nervo di milizia pagata e delle cernide con quel governatore, che però per non esservi sopraggionto a tempo è stato astretto a ritirarsi, non venutivi a tempo nè anco li cinquecento fanti che vi erano stati spinti dal castel Bicorno sotto la direzione del sig. Giacomo Premarin d’ordine dell’eccellentissimo sig. Capitano delle navi. Il numero della suddetta armata turca è stato osservato di settantotto galere e tre bertoni e centodiciasette saiche, oltre altre vele che sono state vedute andarsi avanzando alla medesima volta. Coll’impulso di questa perfida invasione l’illustrissimo signor Navager governatore, scorgendo tendere i primi di segni dei nemici a danno di quella importante piazza, mi ha efficacemente ricercato soccorsi. Io immediate nel tempo stesso del medesimo avviso, avendo già tutte le cose allestito, feci venire questa cavalleria feudata ed espedii l’illustrissimo sig. Proveditore Mula con quattro di queste con dotte verso Canea; fatti montar i cavalli dei scudieri inutili della compagnia dei dragoni che mi fu inviata dalle EE. VV. con ordine di aggiongere alle medesime condotte anco le due di Rettimo nel suo passaggio, di dove pure scrissi che si dovesse incaminar un corpo anco di quelle cernide.

Ha incontrato Sua Signoria illustrissima così grande occasione con tutta la prontezza e con ogni più generosa disposizione partitosi senza minimo ritardo con quei capi che ho avuto cioè il capitano Todero e capitan Cristoforo dei fuochi artificiali, avendovi già mandato il Vanvert per fermarvisi e con tre mila cecchini per esso illustrissimo Navagier oltre altri tremila che prima gli avea mandati. Poche ore dopo venutomi altra lettera dal signor Navager medesimo con nuove instanze d’aiuto, mandai subito alla sua volta il signor soprantendente Angeli con cinque delle migliori compagnie di oltremontani e oltremarini di questo presidio e con commissione di restar ancor lui in quella città, e anticipando le diligenze scrissi all’eccellentissimo sig. Capitano delle navi et all’illustrissimo sig. Proveditor Malipiero alla Suda che, intanto che le suddette compagnie potessero avanzarsi, dovessero soccorrere la medesima città con quella porzione di milizie che avessero potuto senza pregiudizio di quel porto. Prima di eseguir niuna delle sopra dette cose ho il tutto comunicato a questi illustrissimi rappresentanti coi quali son sempre a tutte le ore, e col parere di essi, di questo governatore e dell’Angeli, non avendo altri, è stato il tutto approvato. Scrissi anco subito all’illustrissimo sig. Capitano delle navi affinchè con la sua esperienza e virtù quando vedesse di poter con qualche generosa risoluzione divertir i disegni ostili, non restasse di farlo, perchè in faccia di ventitre galere, di tante navi armate non fosse veduta cadere una piazza di tanta conseguenza, governandosi però sul fatto con tutta cautela e prudenza. Ho scritto di qui al medesimo perchè si compiaccia cooperar coll’illustrissimo signor Benetto da Canal governatore di nave armata, di conosciuta virtù et esperienza, e si porti pur alla Canea immediate per impiegarvisi unitamente col l’illustrissimo sig. Navager con suo sollievo e contento per maggior difesa e conservazion di quella piazza… Disposto questi e molti altri ordini, accelerati i raccolti delle biade e la condotta di esse nella città, e riflettendo il pericolo di attacco che soprasta ben vicino a quella di Canea, ho pensato di uscir io stesso in campagna, e andarmi avanzando a quella parte per invigorir le provisioni, incalorir le difese, e dar animo a tutti …”.

Ma tutt’i suoi sforzi erano inutili poiché le genti che egli raccoglieva erano vili, disordinate e nella notte si sbandavano e fuggivano alla montagna. Tuttavia riusci di far entrare in Canea qualche soccorso, insufficiente di gran lunga al bisogno, e il Navagero scriveva al Provveditore generale da mar Girolamo Morosini:

“Mal corrispondono gli eſſetti (i provvedimenti del Senato) in questa tardità delle mosse di quell’armi che già leste e pronte sarebbero state valevoli a sollevarci. Signore Eccellentissimo, questi effetti che dipendono dal consenso di molti e fra se stessi contrari, saranno sempre tardissimi. Consideri però V.S. e cotesti signori Eccellentissimi qual tempo vi sia da attendere sovegni d’Olanda e di Spagna. Esse stesse hanno in mano armi bastevoli per debellar questo barbaro, né vi manca che la risoluzione a che son chiamate da tanta urgenza, che tutto importa a non più tollerar dilazione”. (1)… segue

(1) SAMUELE ROMANIN. Storia Documentata di Venezia Tomo VII. Tipografia di Pietro Naratovich 1858.

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