La Guerra di Candia (1645-1669). II parte

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Ibrahim I (ابراهيم الأول in turco ottomano; 5 novembre 1615 – 12 agosto 1648) fu sultano dell'Impero ottomano

La Guerra di Candia (1645-1669). II parte

Burrascosa conferenza dei ministri turchi con gli ambasciatori europei

A tal notizia grande fu il turbamento a Venezia per le conseguenze che da si gran fatto erano giustamente a temersi; immenso il furore a Costantinopoli, immensa la collera d’Ibrahim. Dapprincipio essa fu volta soltanto contro i Maltesi, ma poi udito del loro sbarco in Candia, chiamati tutti gli ambasciatori dinanzi al Cogia (precettore) e al Kadilasker (generale delle truppe) per interrogarli sul fatto, scriveva il bailo Giovanni Soranzo al suo governo: “Le proposte e le risposte furono tanto confuse che mal io posso ripromettermi di riferirle in ordine. Il cadileschiero (giudice) della Grecia fu il primo a dire che il re aveva dato ordine di chiamarci per intendere da noi quello che sapevamo della presa del Kislaragà (capo degli eunuchi). L’ambasciatore di Francia fu il primo a dire che non aveva saputo mai alcun particolare di più di quello si é divulgato qui. Io confermai lo stesso et il medesimo disse anche l’agente di Fiandra. Replicò il cadileschiero che il re credeva che alcuno di noi sapesse tutto molto bene e che non si volesse palesare. Si disse che né in particolare né in universale non vi era alcuno, et che quando altrimenti fosse, nessuna considerazione ci avrebbe potuto impedire di non parteciparlo, perché questo non era il primo caso successo, onde non poteva esser riuscito novo né a S. M. né a sue signorie illustrissime. Il Coza con la sua veemente et altera maniera disse che non era tempo di star sulle negative, che si provocherà lo sdegno del re purtroppo alterato, facendo con la mano certo atto che hanno qui familiare quando vogliono intimare il taglio della testa. Il dragomano (interprete) di Francia si perdé un poco di core, et io, feci che il Grillo (interprete veneziano) riferisse; et ai suddetti concetti disse che dalla giustizia di S. M. non si poteva aspettare se non azioni molto rette et che suo signorie illustrissime molto bene sapevano che li ambasciatori erano qui sotto l’ombra delle capitolazioni et con la fede data da S.M. Rispose alteratamente che in questi casi il re non la perdonerebbe né anco alla propria madre, che si sapeva certo che Maltesi avevano fatto la preda, et che questi erano protetti e aiutati da tutti, che però bisognava che ognuno ne rendesse conto, replicando quell’esempio altre volte usato da lui, che Mustafà bassà aveva ben saputo riaver un suo schiavo, et se un perfido furfante come era quello si era fatto obbedire, meglio lo sarà il re il quale era risolutissimo di sapere come e dove sia andato quel vascello; che fin ora era stato detto che il Kislaraga fosse morto, ma che restasse schiavo un tal Usum Meemetagà moro eunuco prediletto della Casicchi favorita del re, il cadi della Mecca e tre o quattro altri baltagi che sono serventi nel serraglio; che il re voleva li particolari di tutto, e che bisognava obbedirlo. L’ambasciatore di Francia rispose assai freddamente dicendo solo che Malta era lontana di Francia e ne fece la descrizione, mostrando con cenni il sito e che non vi era alcuna comunicazione. Io feci aggiunger che quello era un governo separato et indipendente, che con il corso vi si mantiene il pubblico et il particolare, che certamente da Vostra Serenità non ricevevano né aiuti né appoggi. L’agente d’Olanda credendo dire una ragione assai concludente inciampò dicendo che erano di religione contraria ai suoi signori, onde il cadileschiero della Grecia lo strinse con argomento (appresso di questa gente irresolubile) che essendo di religione contraria dovevano essere certamente nemici insieme, et che perciò bisognava che si unisse col Gran Signore per andar contro a Malta. Li rispose a mio creder più prontamente che prudentemente che se il Gran signore voleva far la guerra ai loro nemici si sarebbero uniti con lui. Il cadileschiero l’interrogò chi fossero questi loro nemici, et egli gli rispose: gli Spagnoli. Anco per questo, disse il cadileschiero, devono li vostri essere uniti con noi perché li Spagnoli proteggono li maltesi. Stimai questo discorso molto più molesto del primo che consisteva solo nel voler sapere qualità nova, però ripigliai li concetti altre volte detti, che la grandezza del Gran Signor non ha bisogno d’aiuti. Mentre discorreva osservai che il Coza domandò alcuna cosa con grande alterazione al suo chiecajà et il Selvago che mi era vicino alla sedia mi disse che domandava uno che scrivesse. Il quale finalmente comparve e si pose tra noi et li cadileschieri in alto di scrivere, onde il Coza disse che dicessimo separatamente le nostre risposte perché volevano far Talchis che vuoi dir relazione, in sommario al re. L’ambasciator di Francia senza far altra osservazione incominciò come prima aveva detto di non saper alcuna cosa di quel fatto; io l’interruppi e gli considerai certo che non era da permettere che prendessero il nostro detto con via di constituto, e che io non vi avrei per nessun modo assentilo, lui si tacque. Poi feci dire dal Grillo che non intendendo noi la lingua, né avendo cognizione della scrittura, non era dovere che fossimo impegnati con quella nota che voleva prendere quello scrittore che per la mia parte non avrei certo me particolarmente voleva sapere alcuni particolari per molti avvisi capitati che le galee avevano condotto il vascello in Candia, che vi avevano fatto sbarco d’uomini e di cavalli, e giurando più volte replicò che il re voleva saperlo certo come era risolto di volger le sue armi contro quelli che avevano errato”.

Contegno del bailo Giovanni Soranzo

“Tali appunto furono li termini et le forme che parlò. Io li risposi che nessuno più di me desiderava incontrare il piacere di S. M., ma che la forma di prender in iscritto quello che si andava così discorrendo in voce non era né solito né conveniente, che per le pubblicazioni dell’andata del!e galee in Candia li affermavo con tutta sincerità di non averne mai saputo alcuna cosa, che molte cose si dicono o per curiosità o per malignità, ma che la giustizia ricerca di liquidarsi i fatti con il vero, e che molte volte ancora quelle anioni che paiono irragionevoli hanno le loro ragioni che le giustifica; che per trattar con tutta la sincerità non mi volevo impegnar in cosa alcuna, ma che ero ben certo che quelle galere non si saranno mai accostate in luogo alcuno della Repubblica dove avesse potuto arrivare il cannone; come costantemente, che né l’eccellentissimo signor Governatore né alcun altro rappresentante farebbe cosa contraria alle capitolazioni. Mentre il Grillo voleva principiare a riferire, quel scrittore principiò a scrivere, et io con la mano ritirai il Grillo facendo atto di volermi levare, e dissi all’ambasciator di Francia che non volevo in modo alcuno assentire a quella introduzione, al che lui rispose: che cosa si poteva fare? Feci però dire per il Grillo che se sue Signorie Illustrissime volevano la risposta in iscritto io gliela averci data, il che sentendo l’ambasciatore fece dire per il suo dragomano che farebbe ancor lui fatto il medesimo. Il cadileschier della Grecia, che é uomo assai capa e di ragione, parlò bassamente con il Coza, e poi disse che così sarebbe stato bene, che però procurassimo di dar una risposta di soddisfazione del re, e che intanto si espedissero da noi due o tre persone in più luoghi per saper avvisi perché in termine di quindici o venti giorni si avesse potuto saper ogni particolare, e particolarmente disse a me il Coza che spedissi subito in Candia, ripigliando le solite violenti forme di aver lui solo mitigalo e fatto condiscender il re a dar questo tempo con altri concetti che non occorre più replicare, poiché più volte l’Eccellenze Vostre li averanno finora intesi. Questa conclusione ebbe il congresso e non fu alcuno che non abbia grandemente approvato la risoluta maniera con che mi sono opposto al tentativo sopra narrato, anzi che li Francesi con la loro natural libertà hanno detto da per tutto che se non era il Bailo la causa era perduta”.

Sospetti di segrete intenzioni del Turco contro la Repubblica

Ma ormai cominciava a farsi sempre più chiaro che i Turchi solo cercavano qualche pretesto per romper guerra ai Veneziani; e sebbene si vociferasse che i grandi apparecchi che si andavano facendo fossero diretti contro Malta, fino dal 27 dicembre, il bailo avea avuto qualche cenno dagli ambasciatori di Francia ed Inghilterra, che si mirasse a Candia essendosi il chogia lasciato scappare che quell’isola era stata impegnata dall’imperatore di Costantinopoli alla Repubblica la quale non l’aveva più restituita, e che il Gran Signore possessore di tutti gli Stati di quell’impero doveva avere anche Candia.

Il venir incolpa i Veneziani di connivenza con i Maltesi

Laonde tutte le premure del Bailo per persuadere il vesir Jusuf pascià della innocenza dei Veneziani, tornarono inutili. Nella esposizione di sue ragioni lo aveva interrotto il vezir nell’udienza del 3 gennaio 1645 dicendogli: che non era più tempo di far discorsi perché il fatto del Kislaragà era molto ben liquidato con la venuta del nocchiero, del pedotta (pilota), d’un mozzo e qualche altro, i quali tutti riferivano costantemente che le galere di Malta avevano condotto il vascello in Candia, che vi si erano trattenuti venti giorni, che vi aveano sbarcato genti e cavalli, scaricate e vendute molte robe, ricevuto rinfrescamento, in somma avuto ogni comodo; che finalmente aveano fatto vela verso Malta, condotto via il vascello vuoto, il cui equipaggio dopo essere stato prigione molti giorni se n’era fuggito, ma che vi restavano ancora più di venti persone. Adduceva il Bailo la improbabilità del fatto, i contrari risoluti ordini della Repubblica, la vigilanza del Provveditore generale di Candia, e di tutti gli altri rappresentanti, ma il vezir senza mostrar punto di persuadersi di alcuna ragione disse che essendosi i vascelli fermati ben venti giorni, ciò non poteva lasciar presumere ignoranza per parte del Governo, che non poteva più difenderlo e che volendogli parlare non da vezir ma da amico stimava bene dirgli esser necessario trovare qualche risposta migliore delle allegate mentre le attestazioni di quella gente convincevano il reato, dal quale, il Gran Signore avea ricevuto danno ed affronto, cosa che certo non tollererebbe, e che se non si trovasse qualche ripiego, si verrebbe a rottura.

Informazioni sull’argomento

Sempre più persuadevasi il balio che tutte codeste erano invenzioni e che solo si cercava in esse un appoggio ai malvagi divisamenti. Difatti assicurava il Provveditor generale Andrea Corner essersi i vascelli maltesi avvicinati in tempo di notte ad una spiaggia deserta e non custodita, poiché le guardie solite tenersi l’estate, n’erano state levate, che quando le genti del paese accorsero quei vascelli s’erano già partiti lasciando solo i Greci liberati dalla galeona turca, i quali furono condotti nel lazzaretto; che infine il caporale che non si era trovato al suo posto per impedire ai Maltesi di avvicinarsi, era stato di suo ordine fucilato.

Le quali assicurazioni trovano riscontro in altro dispaccio del medesimo Corner del 16 ottobre 1644, quando ancora nessuna dimostrazione di malumore contro Venezia era stata fatta dai Turchi. “Oggi mi capita avviso, così scriveva, che agli otto del corrente fossero state vedute al di fuori di questo regno nelle acque di esso, in luogo remoto dal commercio, sei galee maltesi di ritorno dal Levante con un ben grosso vascello, e vi avessero sbarcato in terra quarantotto persone del medesimo, e poi proseguito il cammino verso Malta. Subito ho fatto volar ordini efficacissimi perché non fossero lasciali (gli sbarcati) praticare con alcuno e molto meno entrare in città, quando per avventura vi si fossero avanzati come poco dopo é seguito, con scorta però d’alcuni privilegiati, e con le necessario cautele di sanità. Dal costituto che ne ho fatto levare, ho inteso questi essere stati in qualità di marinari sopra il medesimo vascello stipendiati, andativi al servizio di loro volontà, di nazione greci et armeni tutti Cristiani e sudditi del Gran Signore. Ne ho anche cavato che il sopra detto vascello sia stato di un Ibraim Celebi Turco, carico di legni del mar negro per Alessandria, preso fuori di Rodi miglio centotrenta verso ostro. Questo era legno di mercanzia ed aveva dentro tra turchi, marinari, mercanti e passeggeri al numero di trecento cinquanta con parecchi pezzi di cannone. Nel conflitto e tre abbordi seguiti é stato ammazzalo il medesimo Ibraim con centocinquanta turchi, e così anche il general maltese con molti dei suoi, compartili gli altri Turchi sopra le galee dalle quali il giorno stesso del combattimento é stato gettato a fondo anche un berton di Costantinopoli che navigava pure per Alessandria. Tanto risulta dal sopraccennato costituto che che occluso nelle presenti, trasmetto alla Serenità Vostra ad ogni buon fine”.

Grandi armamenti a Costantinopoli, che si sospettano diretti contro Candia

I lavori nell’arsenale di Costantinopoli sollecitati dalla presenza stessa del Sultano, le grosse leve di truppe, l’arrivo delle galere barbaresche, tutto annunziava qualche grande spedizione, intorno alla quale però si continuava a serbare il più profondo segreto, e se pur si lasciava trapelare qualche cosa, pareva accennare a Malta. Ma ben altri erano i cenni che il Bailo continuava a ricevere da più parti, cioè che si mirasse veramente a Candia, e che alcuni Calogeri (monaci) di quell’isola eccitavano i Turchi accertandoli della facilità d’uno sbarco. Eguali avvisi riceveva anche il Corner, il quale mandatovi fin dal 1543 in qualità di Provveditor generale, dava mano prontamente a tutti i maggiori possibili provvedimenti. (1) … segue

(1) SAMUELE ROMANIN. Storia Documentata di Venezia Tomo VII. Tipografia di Pietro Naratovich 1858.

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