Palazzo dei Duchi d’Urbino Donà Giovanelli a Santa Fosca, nel Sestiere di Cannaregio

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Palazzo dei Duchi d'Urbino Donà Giovanelli a Santa Fosca. Sestiere di Cannaregio

Palazzo dei Duchi d’Urbino Donà Giovanelli a Santa Fosca, nel Sestiere di Cannaregio

Sul pittoresco e caratteristico “rio de Noal” a Santa Fosca s’innalza un antico palazzo dalla ricca facciata gotica; costruzione che risale alla prima metà del Quattrocento e di cui s’ignora l’architetto che doveva appartenere a quella scuola dei Bon, padre e figlio, i più reputati maestri di quel tempo.

Dopo alcuni anni dalla sua fabbrica il palazzo divenne proprietà del Comune e quando nel 1538 assunse il comando generale delle truppe venete Francesco Maria Della Rovere, duca d’Urbino, la Serenissima per i buoni uffici recati dal duca nella lega tra Venezia e Roma contro i Turchi, regalò alla casa Della Rovere il palazzo che d’allora vene chiamato dei duchi d’Urbino.

Morto Francesco Maria in quell’anno stesso a Pesaro, il palazzo passò a Guidobaldo suo figlio che nel 1546 ebbe il grado di capitano generale dei Veneziani, e un anno dopo, sposata Vittoria Farnese, volle con la moglie visitare la Signoria e fu ricevuto con la magnifica pompa usuale nelle cerimonie della Repubblica.

Scrive l’Agostini nella sua cronaca manoscritta conservata nella nostra Marciana: “Questa signora Vittoria, duchessa d’Urbino, nel 1547 venne a Venezia e fu ricevuta dall’eccellentissimo Principe et Illustrissima Signoria col Bucintoro con somma allegrezza, et le andarono incontro nel ditto Bucintoro moltissime gentildonne tutte vestite di bianco et benissimo ornate di perle e di gioie, le quali erano delle più belle della città, et quasi l’accompagnarono sino alle sue stanze a santa Fosca et fu fato uno ponte sopra burchi in rio di Noale, et in bocha sopra Canal grande smomtò la signora Duchessa con tutte quelle gentildonna et nel suo palazzo furono fatte infinite feste et bagordi“.

Non contenta la signoria di quella splendida accoglienza, nel febbraio del 1549, quando la duchessa Vittoria dette alla luce il suo primogenito Francesco mandò ad Urbino un suo ambasciatore, sier Iacopo Gradenigo, con ricchi doni e il doge Francesco Donà volle fosse tenuto in suo nome, unico esempio nella storia della Repubblica, il bambino al fonte battesimale.

Tra la Repubblica e i Della Rovere i rapporti d’amicizia continuarono sempre tanto che Francesco, figlio di Guidobaldo, regalò alla Signoria la bella statua di Francesco Maria, suo nonno, opera di Giovanni Bandini che si ammira nel cortile del Palazzo Ducale nella parte attigua alla “facciata dell’Orologio“.

Estinta la casa d’Urbino nei primi anni del Seicento, il palazzo del rio di Noale venne dalla Repubblica dato in custodia alla famiglia patrizia Donà, e nel 1682 Giovanni Battista Donà quondam Nicolò, detto Tamburin, ritenendolo come cosa sua, e in quella occasione per incuria o per ignoranza nessun patrizio ebbe l’energia di protestare, non solo fece “cassar l’arma d’Urbino et mettar la sua” ma per il pagamento di un grosso debito cedette il palazzo ai Giovanelli, nuovi patrizi fatti nel 1668 col pagamento dei soliti centomila ducati. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 2 aprile 1931

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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