Chiesa di San Geminiano

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Chiesa di San Geminiano. Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (Venezia 1697 - 1768) foto dalla rete

Chiesa di San Geminiano. Chiesa demolita

Storia della chiesa

Avendo stabilito l’imperatore Giustiniano di muover guerra a Totila fiero re dei Goti, consegnò il comando del suo esercito al valoroso Narsete, acciocché cacciasse quel Barbaro dagli usurpati stati d’Italia. Disceso il generale nella provincia chiamò in soccorso dell’armi greche gli abitanti della Venezia marittima, con le forze marittime dei quali poté recuperare Ravenna, ed agevolarsi altre non meno importanti imprese. Portatosi dopo ciò nell’isole delle lagune, dopo avere colmato di lodi, e ringraziamenti il valore dei veneziani, promise di fabbricare in Rialto due chiese, tosto che avesse sterminata interamente la potenza dei Goti.

Vinti dunque in battaglia campale l’un dopo l’altro Totila e Teja di lui successore, e dissipate le reliquie dei loro eserciti, adempì poi l’impegno, facendo fabbricare nell’anno 554 due chiese in Rialto: l’una dedicata al martire San Teodoro, nel sito ove ora si vede la Ducale Basilica di San Marco, e l’altra decorata dal doppio titolo di San Geminiano vescovo e di San Menna martire, posta a fronte dell’altra assai ristretta piazza, da cui si divideva la chiesa per uno stretto canale, che trascorreva per mezzo.

Volendosi dunque passata la metà del secolo XII, dilatare con più vasto piano la piazza stessa, sotto il principato del doge Vital Michele, di questo nome secondo, fu interrato il canale, e trasportata più addietro la chiesa di San Geminiano con permissione del pontefice il che vien attestato dal Caroldo, e da altri accreditati cronologi per cui ordinazione i dogi nell’ottava di Pasqua erano tenuti ogni anno conferirsi a quella chiesa.

Durò ella tre secoli e mezzo in circa, finché dimostrando troppo pericolosi i contrassegni di sua vecchiezza si è cominciato a riedificarla nell’anno 1505, e quantunque la pubblica liberalità ne promovesse con generosi aiuti l’avanzamento, pure andò lentamente procedendo, finché nell’anno 1557, arrivò al suo compimento sul disegno del celebre Giacomo Sansovino, che la rese, benché in sito angusto, la più ben ideata e nobile chiesa della città.

Si venera all’altare di Sant’Elena un frammento del legno della Santa Croce, donato dal Pontefice Pio IV a Melchiore Michiele procurator di San Marco, ambasciatore veneto, che lo donò a questa chiesa, in cui si aveva eletta la sepoltura. Ivi riposava pure in una contigua cappella Giacomo Sansovino architetto il più celebre dei suoi tempi, e Francesco di lui figlio, benemerito raccoglitore delle antichità veneziane.

Il piovano, due titolati, un diacono, e un suddiacono formano il capitolo di questa chiesa, fra i di cui piovani si conta Leonardo dei Cagnoli, che nell’anno 1349, fu eletto vescovo di Pola, e poi nell’anno 1353, trasferito al vescovado di Chioggia. (1)

Chiesa di San Geminiano

Visita della chiesa (1733)

La tavola dalla parte sinistra entrando per la porta maggiore con Santa Catterina e l’angelo, che le annunzia il martirio è opera del Tintoretto. Essendo stato rinnovato l’organo le portelle furono disposte così; i due santi vescovi sono al di sopra e gli altri due santi cioè San Menna cavaliere e San Giovambattista sono dalle parti dello stesso organo, queste sono opere bellissime di Paolo Veronese. La cena di Cristo nella cappella del Santissimo e opera di Santo Croce, come pure la mezzaluna al di sopra con la risurrezione, errando il Boschini credendola del Corona. Dai lati dell’altare due quadri, che contengono azioni della vita di Cristo sono di Giuseppe Scolari. La cupola di questa cappella con adornati, e figure è opera di Giovambattista Grone. Dalle parti dell’altar della Madonna l’Annunziata è della scuola di Paolo. Vicino al detto altare vi è un quadro con la visita dei Re Maggi d’Alvise dal Friso, o la mezzaluna pure al di sopra con angeli è dello stesso autore. L’altra mezzaluna poi Copra il deposito è ancora della scuola di Paolo. La palla i che segue con i Santi Elena, Geminiano, e Menna è opera rara di Bernardino da Murano. Nella cappella del Cristo il primo quadro sopra la porta della strada con Cristo morto in braccio alla madre è d’Antonio Balestra. Il secondo con Lazzaro risuscitato e di Girolamo Brusaferro. Il terzo col cieco nato e di Gregorio Lazarini. Passata la finestra il quadro dell’adultera è di Girolamo Brusaferro. Quello che segue col transito di San Giuseppe è di Antonio Pellegrini. L’ultimo coll’apparizione di Cristo alla Maddalena è del  Bambini. Il soffitto di mezzo con la risurrezione di Cristo è opera di Sebastiano Ricci. Le due Sante Maria Maddalena e Barbara di Bartolommeo Vivarino, che erano in questa cappella sono state poste vicino alla sacrestia e gli altri pezzi non si vedono più.(2)

Altre notizie della chiesa (1839)

Il santuario di San Geminiano non era però nel sito ove stava quando si diede mano alla Nuova Fabbrica, ma sorgeva verso la metà della Piazza sul margine di un canale detto Battario scorrente attraverso la piazza e movente dal Ponte dei Dai per sboccare nel canal grande ove ora è il ponte del reale giardino. Il sito ab antico venne contrassegnato da una pietra rossa; pietra che pur si vede oggidì innestata sul pavimento della piazza dirimpetto all’arco XVI delle Nuove Procuratie contando dall’angolo del Campanile. L’ incendio del 1105 avendo bruciato con molte altre chiese quel santuario fu ben presto rifatto nello stesso suo antico sito. Ma nel secolo XII valendosi allungare la piazza venne interrato il canale e la chiesa si fece in capo alla piazza nel sito ove fu sempre dappoi.

Prima di recare in capo alla piazza quel tempietto vennero dalla repubblica inviati ambasciatori a Roma affine di ottenerne l’assenso; ma il papa rispose che né la Chiesa né la Santa Sede potevano concedere che si facesse il male, comunque dopo l’atto venisse perdonato. E i Veneziani l’intesero e fecero rovinare la chiesa; indi mandarono al papa per l’assoluzione offrendo il doge di visitare quella chiesa ogni lunedì di pasqua di Risurrezione. Da questo fatto ebbe origine l’andata annuale del doge alla visita di San Geminiano. Ma sebbene Vital Michel cominciasse ad andarvi nel lunedì di pasqua, pure in seguito si fece quella visita nella Domenica in Albis, cioè nell’ ottava di Pasqua.

In quel giorno, dopo l’ufficiatura nella chiesa di San Marco, alla quale il doge assisteva personalmente, col suo corteggio, con gli ambasciatori dei principi si recava a piedi nella chiesa di San Geminiano, alla cui porta l’aspettava incontrandolo il pievano col suo clero. Dopo l’incensamento ed il bacio di pace il doge si recava verso l’altare maggiore per udirvi la messa cantata dai musici della basilica. Colà giunto si poneva ginocchioni sul primo gradino, ed in quell’atteggiamento rispondeva alla Messa, che si celebrava dal Legato pontificio, fino al Confiteor, indi andava a sedere sotto il magnifico suo baldacchino. Compiuto il santo sacrificio. il Doge ritornava processionalmente verso il suo palazzo, preceduto dal parroco e dal clero di San Geminiano. Ma quando il corteggio era arrivato alla mentovata pietra rossa, segno del sito ove sorgeva l’antica chiesa, si fermava la processione, si sospendeva il suono delle campane di San Marco, e quattro cantori intuonavano alcuni versetti; finiti i quali il doge dimostrava al parroco la sua compiacenza per la forma con cui era tenuta la chiesa di San Geminiano, raccomandandosi alle orazioni del parroco e del clero. A ciò il parroco rispondeva: ringraziare il principe per la degnazione della visita fatta, e pregarlo a voler continuare la sua protezione a quel tempio. Il parroco si restituiva allora alla sua parrocchia, i canonici rientravano nella loro chiesa ed il doge nel suo palazzo.

Consumato dagli anni il nuovo eretto edificio si cominciò a rialzarlo internamente sul modello di Cristoforo dal Legname (anno 1505); ma fatta la cappella maggiore rimase l’opera imperfetta fino al 1557 in cui il pievano Benedetto Manzini ne procurò il compimento sì nell’interno che nell’esterno sul modello di Jacopo Sansovino. E grande studio pose anche in quella fabbrica quel celebre architetto; unendo bene nell’interno la cornice dell’arco della cappella sopraornato del principale ordine della chiesa; e ordinando tutte le parti con gentilezza e proporzione per nulla dire della bella facciata esteriore divisa in due ordini e fregiata di bella porta. Fece ancora di più. Siccome da quel lato l’ordine delle vecchie procuratie era originariamente composto di sole cinque arcate cosi quando Sansovino finì la chiesa ne collegò la facciata con quella delle procuratie medesime aggiungendo una sesta arcata eguale nelle altre cinque; ma chiusala nel pian terreno la ridusse ad uso di cappella, che si denominava appunto la cappella di Sansovino perché in essa fu sepolto insieme ai suoi figli Francesco e Fiorenza. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

(3) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: dalla rete e Bussolin Alfonso. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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