Pietro Centranico. Doge XXVIII. Anni 1026-1032
Per l’agitazione degli animi e per il partito tuttavia potente degli Orseoli, riusciva burrascosa l’assemblea nazionale, raccoltasi affine di eleggere il nuovo doge. Finalmente venne elevato a quella dignità Pietro Centranico; né ciò valse ad acquetar le discordie, che anzi queste trovarono fomite nuovo nelle traversìe a cui, di questi tempi, soggiacque la nazione. E di vero, l’inquieto Peppone, patriarca di Aquileia, approfittando della fuga seconda di Orso, tornava alle antiche sue pretensioni sopra la Chiesa di Grado, e col favore dell’Augusto Corrado II, succeduto ad Enrico II, implorava di nuovo dal pontefice Giovanni XIX, che gli fosse resa giustizia, e decretato venisse dipendente dalla sua la giurisdizione gradense. Il che ottenuto, fu poco poi, per le rimostranze umiliate da Orso alla santa Sede, revocato il deereto, e deciso altrimenti.
Sennonché per le mene di Peppone medesimo accadeva, che Corrado negasse ai Veneziani la conferma degli antichi trattati, per cui nacque timore non si avessero a perdere i possedimenti nel regno italico, e fosse inceppato il commercio. A ciò tutto si aggiunse i perpetui maneggi dei partigiani del doge Orseolo cacciato, e l’appoggio che questo trovava a Costantinopoli appresso il cognato di Giovanni suo fratello, Romano Argiro, salito nel 1028 al trono imperiale; e sì che esso Augusto favoriva grandemente le pratiche per il ritorno in patria del parente, in guisa che le città dalmate si allontanarono dalla Repubblica, ricevendo strategi, patrizi, governatori dai Greci, secondo testimonia lo storico Lucio. Per tanto, reputandosi non esservi altro modo per togliere l’alienamento di quelle città, che richiamando novellamente al seggio ducale il principe esiliato, del cui genitore era gloria l’acquisto delle medesime, venne deposto, raso, vestito da monaco e mandato il Centranico a Costantinopoli; ove, a levare Ottone Orseolo, venne tosto spedito onorevole ambasciata, capo della quale fu lo stesso suo fratello Vitale, vescovo di Torcello, revocandosi dall’esilio anche l’altro suo fratello Orso, patriarca di Grado, acciocché assumesse il governo dello Stato fino alla venuta di Ottone.
Il ritratto di Pietro Centranico tiene nella sinistra mano il solito breve, su cui si legge:
PRAECESSORE MEO PRIVATO SCEPTRA GVBERNO (1)
(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI
FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.