Palazzo Flangini a San Geremia

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Palazzo Flangini. Calle Flangini, 252 - Cannaregio

Palazzo Flangini a San Geremia

La mole accusa lo stile del Longhena, e disposta in tre ordini, rustico, ionico e dorico, ha molte belle parti. Manca però di proporzione fra la larghezza ed altezza, a motivo della deficienza dell’ala destra. Nobile atrio la decora nell’interno, che subiva delle alterazioni ragguardevoli, per i parecchi praticativi comparti. Evidentemente risulta, che la decorazione del prospetto non doveva figurare eccentrica, ma pur rimase da un lato, e difettano quindi le stanze del sinistro angolo. Infatti tutto è quivi interrotto, capitelli, colonne, cornici, davanzali, e ogni pietra è in addentellato. Forse non poterono i fondatori acquistare gli spazi, per dar ultimazione alla fabbrica.

Oriundi i Flangini di Cipro, meritarono per la carità verso la patria l’aggregazione fin dal 1664 al veneto patriziato. Apparteneva ai periodi ultimi del la Repubblica Lodovico, cimentatosi, dopo la perdita della Morea, nella difesa di Corfù, assalita da trentamila Turchi, in cui vinceva l’esercito veneziano, capitanato dallo Schoulenburg, che conquistava Prevesa e Vonizza sulle coste del l’Epiro. Benché colto infatti da freccia, volle venir portato sul cassero, per essere spettatore, fino al termine della sconfitta e fuga dell’oste, e fra le armi vittrici esalava l’anelito estremo. Rinnovava l’esempio del valore di Epaminonda. In questo palazzo vide la luce il 26 luglio 1733 un altro Lodovico, già dei quaranta, Avogadore, e Correttor delle leggi, che ebbe il merito di far chiudere il Ridotto, ove giuocavano a faraone gli stessi ministri mascherati, con onta del principato, e mirava ad istituire un’accademia d’istruzione ai giovani oratori, per incarnar il disegno del Foscarini, che deplorava, come una madre, feconda di Temistocli e di Aristidi, non producesse Eschini e Demosteni. Mortagli nel 1762 Laura Maria Dona, sua moglie, con cui procreava Cecilia, impalmata al conte Giulio Panciera di Zoppola, che mori quasi centenaria, chiedeva nel 1776 la prelatura di Uditore della sacra Rota Romana, e si creava cardinale, restando però secolare nel 1789; ma due lustri appresso si ordinava sacerdote, prima di chiudersi nel Conclave a San Giorgio maggiore, nel monastero dei Benedettini Cassinensi, per la elezione di Pio VII, Chiaramonti.

Singolare coincidenza di glorie, che figurasse Lodovico nella capitale del mondo cattolico, appartenendo ad ascendenti, che furono conti del sacro romano impero, fin da quando Costantino, vescovo di Palio, pugnò per la Repubblica contro gli Ottomani. In seguito ottenne primazia nell’ecclesiastico, per l’elezione a Patriarca, e nella patria, ove aspirato aveva alla stola di Procurator di San Marco, comparve, due anni dopo, rivestito dell’infula e della porpora. Dotto nelle lettere e nella filosofia, fu amico all’abate Serassi, al Lami, al padre degli Agostini, al Cesarotti, al Bettinelli, e si loda come autore della versione dell’Argonautica di Apollonio Rodio, pubblicata splendidamente in Roma nel 179l; unico volgarizzamento, che abbia l’Italia, di pregio per fedeltà e inerenza al testo, e per ampio corredo di note e di erudizieni, spettanti alla storia, alla geografia, all’antiquaria.

In questo palazzo si conservava una grande biblioteca, che esposta in vendita, e con catalogo a stampa fu qua e là scompartita, e dinotava come il cardinale fosse dotto in specie nell’uno e nell’altro diritto, e nelle scienze matematiche. Nell’illustre porporato si estinse nel 1804 la famiglia Flangini, ma la memoria ne sarà sacra per la patria, finché di questo palazzo, pieno della gloria degli avi, rimanga una pietra. (1)

(1) GIANJACOPO FONTANA. Cento palazzi fra i più celebri di Venezia (Premiato Stabilimento Tipografico di P.Naratovich. 1865).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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