Famiglia Trevisan
Trevisan. Afferma il Frescot, che la famiglia Trevisano, diramatasi in varie linee, prima da Aquileia, poi da Treviso, ove erasi diffusa, venisse da ambedue i luoghi a porre stabile sede in Venezia, o ai tempi di Attila, come vuole il Piloni nella sua Storia di Belluno, o nel 785, giusto il Palladio, nella sua Storia del Friuli. Nella serrata del gran consiglio, accaduta nel 1297, parte di questa casa rimase fra le popolari, ma venne poi riassunta fra le patrizie nel 1384 in occasione della guerra contro i Genovesi a Chioggia. Una linea di essa godé la contea di San Donato nel Trivigiano; e tutta poi produsse uomini illustri in ogni ordine. Fondò e dotò, nel 1190, la celebre abbazia di San Tommaso dei Borgognoni, presso Torcello, sopra la quale ebbe juspotronato fino alla soppressione dei monasteri accaduta ai nostri giorni. Fabbricò, nel 968, la chiesa di San Giovanni ih Oleo; e, secondo il Sansovino, anche quella di San Giovanni Elemosinano, vedendosi poi di essa in varie altre chiese molte onorate memorie.
Ventiquattro armi diverse di questa casa porta il Coronelli nel suo Blasone. Ultimamente però a cinque sole erano ridotte, giusto il Cappellari. Quella che si vede sottoposta al ritratto del doge, risulta palleggiata d’oro e di azzurro, di sei pezzi, con una fascia vermiglia traversante sopra tutto: ma fu sbagliata, da chi la dipinse dopo l’incendio della sala del Consiglio Maggiore, accaduto nel 1577. Perché l’usata dal nostro doge, come si vede nel suo monumento sepolcrale, era bandata d’oro e di azzurro di sei pezzi, sotto un capo azzurro.
Il doge Marcantonio Trevisano ebbe a padre l’illustre Domenico q. Zaccaria, procuratore di San Marco, ed a madre una nipote del doge Nicolò Marcello. Giovanetto seguì il genitore nelle ambascerie in Francia ed in Egitto, e ripatriato copri in fresca età molte ragguardevoli magistrature, attesoché la sua prudenza, giustizia, carità, continenza virginale lo fecero amare e riverire da ogni ordine di persone. Poi fu luogotenente in Cipro, duca di Candia, consigliere, savio grande e capo del Consiglio dei X, e quindi, il dì 8 gennaio 1549, ottenne la stola procuratoria de ultra, in luogo del defunto Girolamo Da Pesaro; e finalmente fu assunto al principato, siccome superiormente diciamo. Narrano alcuni cronastici, a roposito della sua insigne pietà, che quando era procuratore di San Marco, una notte sentissi due volte destare da ignota voce, la quale lo avvisava, che, mentre egli agiatamente dormiva, si stava un povero pellegrino sdraiato sulla nuda terra sotto i portici della piazza maggiore. Sorto bentosto ed accorso con servi e lumi nel luogo accennatogli, trovò colà Ignazio Lojola, fondatore della compagnia di Gesù, cui egli accolse ospite nel magnifico palazzo di sua dimora sul rivo di canonica, ove si dice che il Santo gli predicesse il ducato. La grande carità verso i miseri,
come le altre insigni virtù esercitate dal Trevisano, sono testificate largamente dai suoi lodatori e dagli storici tutti. La sua morte fu pianta generalmente, tanto più quanto che in lui si estingueva una linea della sua casa. Oltre il ritratto memorato del Trevisano, si vede la sua immagine, unitamente a quella del doge Lando, prostrata davanti a Cristo morto sorretto dagli Angeli, dipinta da Jacopo Tintoretto nella sala del Pregadi, incisa alla Tavola XCIII.
La sepoltura che chiude i resti mortali del Trevisano, e che si vede nel mezzo della chiesa di San Francesco della Vigna, appiedi della cappella maggiore, è chiusa da sontuoso sigillo contornato da magnifici ornamenti, scolpiti dal Sansovino, con quattro grandi borchie di bronzo recanti il leone di San Marco. La inscrizione sovrapposta dice :
OSSA MARCI ANTONII PRINCIPIS – VIXIT ANNOS LXXIX . IN PRINCIPATV I . M.D.LIIII.
Sulla porta poi che mette alla cappella santa e al cenobio, sorge il suo monumento, costituito da un alto-rilievo, figurante la immagine del Trevisano prostrato davanti il Crocifisso, con in mano il vessillo della Repubblica; opera anche questa certamente del Sansovino. Sì il vessillo ora detto, come gli ornamenti del manto ducale e le membrature ed i leoncini in medaglia, decoranti la porta sottoposta sono dorati: e per fianco si vedono sculte le armi del doge. Sotto l’alto-rilievo, si legge:
DUO . OPT . MAX .
M. ANTONIVS TRIVISANVS PRINCEPS INTEGERRIME VITAE, ET PATERNA VIRTVTE AC
GLORIA SEMPER CLARVS, OMNIBVS HONORIRVS EGREGIE PERFVNCTVS,
A PVTRIBVS INVITO IPSIVS GENIO PRINCEPS COOPTATVS, CVM ANNVM
REMPVB. SANCTAE GVBERNASSET, RELIGIONIS ANANTISS. DVM SACRO IN
IMAGINVM AVLA INTERESSET NVLLA AEGRITVDINE, FLEXIS ANTE ARAS
GENIBVS, IN GREMIO PATRVM MORIENS MIGRAVIT IN COELVM BEATISS.
M. D. LVI. I. OCT.(1)
(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI
Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Calle de la Bissa, 5428 (San Marco) – Salizada del Pistor, 4558 (Cannaregio) – Calle dei Preti, 4555 (Cannaregio) – Calle de la Bissa, 5410 (San Marco) – Ponte de le Do Spade, 1586 (San Polo) – Calle de la Bissa, 5428 (San Marco) – Rio de San Zaninovo, 4462 (Castello) – Calle de la Bissa, 5412 (San Marco) – Calle de la Racheta, 3781 (Cannaregio)
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