Chiesa e Monastero di Tutti i Santi vulgo Ognissanti, nel Sestiere di Dorsoduro

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Chiesa di Tutti i Santi vulgo Ognissanti - Dorsoduro

Chiesa di Tutti i Santi vulgo Ognissanti. Monastero di Monache Benedettine. Monastero secolarizzato

Storia della chiesa e del monastero

Andava sino dalla metà del secolo XV, dimostrando segni di non lontani precipizi l’antico monastero di Santa Margarita di Torcello, ove abitavano monache dell’ordine cistercense, alcune delle quali afflitte dall’intemperie dell’aria, che si rendeva ogni giorno più insalubre, timorose di restare oppresse dalle rovine, determinarono di cercarsi un ricovero religioso in Venezia. Si presentò opportuna l’occasione, che avendo acquistato il monastero per eredità d’una delle di lui monache una casa nella parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio, ivi con permissione pubblica ottenuta nell’anno 1477, comprarono alcune piccole case contigue, ed eressero in forma di monastero un ospizio, ove abitassero con religiosa riserva le sorelle converse, che mandavano per le provvigioni, ed altri loro interessi alla Dominante.

In tal luogo dunque benché ristretto, e per la maggior parte fabbricato di tavole, si ritirarono otto monache, e coll’assenso del patriarca Maffeo Gerardi vi stabilirono perpetua la dimora, e vicina al povero chiostro eressero un’angusta chiesa di tavole sotto l’invocazione di Maria Vergine e di tutti i Santi, con l’aiuto principalmente di una pia donna chiamata Corovella Marzana, che avendo una sua figlia di nome Marina fra dette monache, volontariamente offrì tutti i suoi beni per la fondazione del nuovo monastero.

Ciò stabilito, si congregarono le monache, ed avutane la facoltà dal patriarca, elessero nel primo giorno dell’anno 1474 in loro Abbadessa e fondatrice Eufrosina Berengo, monaca cisterciense professa in San Matteo di Mazzorbo.

Quivi vissero per molti anni le buone religiose in somma penuria di ogni cosa, fino a che la divina Previdenza a soccorso dell’estrema loro povertà fece che un’immagine di Nostra Donna collocata in un oscuro angolo del monastero prodigiosamente nella notte precedente alla solennità della visitazione a Santa Elisabetta dell’anno 1504, tutta si vedesse risplendere di lume celeste; onde dal decente luogo fu trasferita alla povera chiesa, e riposta onorevolmente sopra l’altare. Seguirono poi tanti, e così grandi miracoli d’istantanee sanazioni, che concorsa la città tutta a venerarla offri così copiose elemosine ad onore della Vergine, che con esse si poté non solo fabbricare una nobile chiesa, ma anche rendere più dilatate e più forti le fabbriche del monastero.

Frattanto avvertendo le monache, essersi le principali fondatrici trasferite da chiostro a chiostro senza dispensa del supremo pontefice, la di cui autorità non si era neppure implorata per la fondazione del nuovo monastero, umiliarono le loro suppliche al pontefice Alessandro VI, che paternamente ricevendole ingiunse nel giorno 5 di marzo dell’anno 1494, al vicario generale del patriarca di Venezia il doverle prosciogliere da qualunque vincolo di scomunica, in cui fossero incorse, ed estinto nel loro monastero l’ordine cistercense, sostituire quello di San Benedetto.

Passati poi due anni dalla data del diploma lo stesso pontefice con amplissimo privilegio segnato nel giorno 12 di aprile ammise il veneto Monastero degli Ognissanti alla partecipazione di tutte le prerogative, ed indulti concessi già da Eugenio IV, alla congregazione cassinense; beneficenza che di nuovo fu confermata nell’anno 1500.

Ridotta poi a totale compimento la chiesa, fu decorata coll’ecclesiastica consacrazione nel giorno 22 di luglio dell’anno 1586, da Girolamo Ragazino vescovo di Caorle, e poco dopo ne furono accresciuti gli spirituali ornamenti coi sacri corpi dei Santi Maurizio e Demetria Martiri, che insieme con altre insigni reliquie furono dalle romane catacombe a questa chiesa trasferiti.

Prova singolare dell’esemplarità di questo monastero si è, che nell’anno 1518, Antonio Contarini zelantissimo Patriarca di Venezia estrasse da esso 14 monache di singolar virtù, ed istituitane una di nome Cipriana Lando in Abbadessa, le condusse al Monastero dei Santi Biagio e Cataldo della Giudecca, acciocché coll’esempio del loro religioso costume riducesse quelle monache ormai troppo rilassate nella monastica disciplina ad un più regolato modo di vivere religioso; il che col divino aiuto felicemente in non lungo tempo adempirono. (1)

Visita della chiesa (1839)

Le pitture di questa chiesa erano molte e di eccellenti autori. Entrando dalla porta maggiore vi era l’altare di casa Fonte (famiglia patrizia) ove si vede Cristo risorgente, opera del Palma; e sopra questo, un grande quadro rappresentante il Sepolcro di Cristo, con tanta figure, di mano di Giuseppe Enz (1600-1678).

Segue l’organo dipinto da Paolo Veronese: all’esterno la visita dei tre Magi, ed al di dentro i quattro dottori della Chiesa, con molti angeli che suonano vari istrumenti; e sotto il soffitto il Padre Eterno con alcuni con alcuni angeli d’intorno, fatti a chiaro e scuro. Dopo l’organo, segue un quadro con la Strage degli Innocenti, opera del Cavalier Liberi (1605-1687).

Nella cappella a mano destra dell’altare di casa Michiel (famiglia patrizia) vi è San Michele Arcangelo, di Andrea Vicentino (1539-1614). All’altare maggiore la tavola con tutti li Santi “che ben si può dire il ritratto del Paradiso” (Marco Boschini) capolavoro di Paolo Veronese. Dalle parti vi è l’Annunciata, e due figure che rappresentano la Fede e la Speranza, il tutto di Andrea Vicentino. Dai lati della cappella, dello stesso autore, vi sono Le nozze di Galilea, e Cristo che va trionfante in Gerusalemme. La portella del tabernacolo dell’altare maggiore è cosa preziosa del Veronese: vi si vede Cristo risorgente. Subito dopo vi è un quadro: il Battesimo di Nostro Signore Gesù Cristo fatto da San Giovanni, di mano di Giacomo Albarelli, allievo del Palma. Segue la tavola della visitazione della Beata Vergine a Santa Maria Elisabetta, una delle più belle opere del Cavalier Ridolfi (1594-1658).

Indi un quadro con la Passione di Cristo, di singolare maniera, opera di Pietro Vecchia (1605-1678). Sopra il coro vi sono tre quadri che rappresentano istorie del Vecchio Testamento, cioè la Sentenza di Re Salomone, la visita a Re Salomone della Regina di Saba, ed un’altra, opere di Pietro Ricchi (1606-1675) con tutti li ornamenti a chiaro e scuro.

Il volto dell’altare maggiore è stato dipinto con molti ornamenti di cartelle, fogliami, chiaro scuri etc. e nel mezzo una Gloria di Paradiso, con molti Angeli e Santi, e nella nicchia in capo al detto volto, vi è rappresentata la Cena di Cristo con gli Apostoli, con vago ornamento di colonnati. Le figure sono del veneziano Agostino Laterini, e l’architettura con ornamenti del bolognese Giacomo Grassi. (2)

Eventi più recenti

Chiesa e monastero vennero soppressi da Napoleone nel 1807, e lasciati in abbandono, i quadri nel frattempo sparirono.

Rimasero in abbandono fino a quando la contessa Elisabetta Michiel, vedova del senatore Giovanni Battista Giustinian, passò a miglior vita lasciando le sue tenute di Busco, Portobuffolè e Fossà di San Donà per la fondazione a Venezia di un ricovero per i malati cronici. Nel 1894 il Comune concesse a titolo gratuito l’area dell’ex convento di Ognissanti e il 2 aprile 1904 fu posata la prima pietra per la costruzione dell’ospedale. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) CESARE ZANGIROLAMI. Storia delle chiese dei monasteri delle scuole di Venezia rapinate e distrutte da Napoleone Bonaparte (Arti Grafiche E.Vianelli – Mestre 1962).

(3) http://nuovavenezia.gelocal.it

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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