Pozzo di Campo Saffa

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Pozzo di Campo Saffa - Cannaregio

Pozzo di Campo Saffa

Vera: In mattoni a forma di botte. Base: Quadrata con gli angoli smussati.

Industrie Saffa. Il palazzo prospiciente il Rio di Cannaregio sulla Fondamenta Savorgan o di San Giobbe descritto nella pianta dei fratelli Combatti (1846-1855), venne trasformato insieme con l’area verde retrostante, nel 1868, nella fabbrica per la tiratura della canna e per il rotondamento di margherite della Società Corinaldi, Sarfati e C.

La fabbrica nasceva, quindi, su una vasta ortaglia confinante con altri terreni di simile coltura, lontana dall’abitato. Il capannone, comprendente 8 fornelli dell’altezza di 5 metri, era addossato al muro confinante con il terreno adiacente. Tali fornelli, rivestiti da una cappa in cotto, trovano sfogo in un fumaiolo dell’altezza di tre metri. L’edificio sul Rio di Cannaregio fu trasformato a deposito delle materie prime e dei prodotti finiti, che così potevano essere facilmente caricati e scaricati. Al centro dell’area vi erano due fornaci, protette da cappe terminanti con un fumaiolo. Per l’essicazione della legna vennero costruite delle stufe, addossate alle fornaci in modo da utilizzarne, il calore. Il progetto dello stabilimento fu eseguito dall’ing. Fiandra, nel 1867.

Nel 1875 l’area della conteria fu occupata dalla ditta Baschiera per istituirvi una grossa fabbrica di fiammiferi. Fino a quell’epoca vi erano solamente due fabbriche di fiammiferi nel centro storico di Venezia; la più antica, aperta nel 1854, venne chiusa nel 1875. L’unica rimasta era quella chiusa nel 1875. L’unica rimasta era quella sita Cannaregio. Questa ben presto riuscì a sostenere la concorrenza delle più rinomate fabbriche nazionali ed estere. I suoi prodotti venivano esportati in tutta Italia, specialmente in Sicilia, e ancora in Turchia, Egitto, Russia, Austria, Ungheria, Grecia.

Fino al 1880, quando venne introdotta una macchina a vapore, la fabbricazione era condotta a mano. Si adoperavano due caloriferi a sistema per l’asciugamento dei fiammiferi, un fornello per essiccare, ingrassare e inzolferare i fuscelli, sei bacinelle per la tiratura dei cerini, sei macchine per la montatura dei fuscelli di legno, 5 molini per macinare le composizioni, due macchine per l’emulsione fosforica e altre macchine per ciascuna lavorazione.

Nel 1880 vi lavoravano 500 addetti (60 operai, 390 operaie, 50 ragazzi) di cui 150 lavoranti a domicilio. Nel 1887 aumentarono a 750.

All’inizio del ‘900 la fabbrica fu trasformata in società, con il nome di Saffa. Il vecchio stabilimento fu completamento trasformato e ampliato. La vasta ortaglia venne per la maggior parte occupata da un grosso edificio, in cui avvenivano le varie fasi della lavorazione, e da edifici minori adibiti a depositi e magazzini. Lo stabilimento era collegato al percorso acqueo mediante un sistema di carrelli viaggianti su binari che attraversavano l’intero corpo di fabbrica servendo tutti i reparti di produzione, i vari depositi e magazzini. Binari che ancora oggi esistono sia all’interno dell’area che sulla fondamenta.

L’attività di questo stabilimento cessò negli anni ’50, quando la fabbrica si trasferì a Marghera, nella nuova zona industriale del Comune di Venezia.

In seguito alcuni di questi edifici sono stati utilizzati da altre ditte veneziane. Attualmente nell’edificio sulla Fondamenta Sarvognan si è localizzata una piccola fonderia artistica, l’unica rimasta nel centro storico di Venezia, mentre il restante stabilimento è abbandonato, in attesa di essere completamente ristrutturato, così come previsto dai piani particolareggiati del centro storico.

Adiacente alla grande fabbrica di fiammiferi, sull’area compresa tra la Fondamenta di San Giobbe e il Rio de la Crea, sorgeva nel 1860 una fabbrica di conterie della ditta Fr.lli Ceresa. Nel 1866 venero aggiunti 5 fornelli fusori per la tiratura della canna, e successivamente anche una macchina vapore. Questa ditta era proprietaria di una vasta area, sebbene non ne usufruisse che di una parte soltanto, e ciò per più ragioni (soprattutto per motivi di sicurezza) che non permettevano il completo sviluppo dell’industria e il suo estendersi.

Nel 1882 la ditta Alverà rilevava lo stabilimento, aggiungendovi una raffineria di zolfi. Lo zolfo greggio veniva raffinato nella fabbrica coi sistemi moderni, e quindi inviato alla vendita in forma di pani per uso industriale. La raffineria occupava circa 10 addetti nel 1887. Sempre in quegli anni, una parte della vecchia fabbrica venne rilevata dalla ditta Becher per continuare la produzione delle conterie e per aggiungervi la produzione dei mosaici. In questa fabbrica lavoravano 53 addetti.

Una scritta incisa sul prospetto dei vecchi edifici dello stabilimento, ancora esistenti, ma abbandonati nella maggior parte, ci fa pensare che stato sia anche sede di una fabbrica di calzature.

Una piccolissima parte degli stabilimenti è utilizzata oggi da un fabbro e da una falegnameria. L’area, completamente degradata, è in attesa di essere ristrutturata, I piani urbanistici prevedono una destinazione residenziale e di servizi. (1)

L’area fu destinata ad abitazioni residenziali, realizzate in due fasi, la prima tra il 1981 e il 1985, la seconda tra il 1998 e il 2001.

Il complesso, di circa 200 abitazioni, s’integra perfettamente nel tessuto storico di Venezia proponendo, con nuove soluzioni formali, i motivi della tipologia insediativa veneziana: la struttura degli spazi urbani riprende i temi della “calle” e del “campo”, sono stati proposti elementi edilizi quali le altane e i muri di perimetrazione dei giardini e sono stati utilizzati materiali come il “coccio pesto” e la “pietra d’Istria”.

(1) Venezia, città industriale. Gli insediamenti produttivi del 19° secolo. Marsilio Editori 1980

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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