Girolamo Priuli Doge LXXXIII. Anni 1559-1567

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Sala dello Scrutinio. Jacopo Robusti detto Tintoretto. Ritratto di Girolamo Priuli

Girolamo Priuli Doge LXXXIII. Anni 1559-1567 (a)

Le grandi virtù di Girolamo Priuli fecero obbliare ai padri l’abbracciata politica, quella cioè che vietava il soverchio esaltamento delle famiglie patrizie, per cui, il dì primo settembre 1559, lo elessero a succedere nella ducea al morto fratello.

Continuava la Repubblica a godere profonda pace, e per mantenerla faceva del suo meglio onde conservare il buon accordo con tutti gli Stati. Pio IV, a reprimere l’eresia e le crudeli atrocità degli Ugonotti, e a dare stabile forma alla disciplina della Chiesa, riapriva il concilio di Trento, al quale il Senato spediva ambasciatori Nicolò Da Ponte e Matteo Dandolo, onde, fra le altre cose, tener fermo il pontefice nei pensieri di pace; togliere i dispareri che per avventura insorgessero nel concilio; mantenere libere le trattazioni delle varie materie; curare non fosse per accader pregiudizio alla autorità, alle giurisdizioni, ai privilegi ed alle antiche consuetudini della Repubblica.

La quale, alla chiusa di quel concilio, fu la prima ad accettarlo, e ordinare nel suo Stato la pubblicazione della bolla tridentina, ingiungendone ai rettori l’osservanza, il che venne formulato col decreto 6 ottobre 1564. Cotal cosa tornando graditissima al pontefice, per segno di grato animo, donava alla Repubblica il palazzo di san Marco in Roma, affinché in quello avessero decorosa stanza i suoi ambasciatori.

Sebbene sussistesse in vigore la pace stipulata col Turco nel 1540, non poche volte era stata violata, e navi turche non cessavano di molestare le terre e i navigli veneziani, per cui la Repubblica armò più fiate per debellarle. Cristoforo Canale in vari incontri erasi trovato alle prese con quei pirati, sempre dimostrando il suo invitto valore, massime nel 1553-1554, in cui nel golfo assaltò quattro fuste di corsari nelle acque di Otranto catturandone tre; e nel 1560, prendendo il celebre corsaro genovese Filippo Cicala. Ma la più gloriosa azione da lui sigillata con la morte, accadde nel 1502, in cui, incrociando presso Cefalonia, raggiunte da prima tre fuste piratiche e affondatele, oltrepassato poi il capo Santa Maria, nel mar Jonio, incontratosi con cinque galee, rette dal rinnegato Mustafà, il quale con improvvisi sbarchi e colle prede inquietava Italia e Dalmazia, incagliò contro di essa squadra fiera battaglia, riportandone piena vittoria; ma rimasto ferito gravemente, dopo sette giorni moriva a Corfù, con alto dolore del figlio Girolamo che lo accompagnava, delle ciurme che lo amavano e del Senato, il quale splendidamente rimunerava i superstiti suoi figli e figliuole.

Questo fatto, e più il perpetuo desiderio del Turco di conquistare l’isola di Cipro, disponevano il suo animo a quella guerra che in breve scoppiò, e che per ventura non vide avverarsi doge Girolamo, venuto a morte il dì 4 novembre 1567.

Ebbe elogio funebre da Giovanni Battisti Gritti, e sepoltura nella chiesa di san Domenico presso il doge suo fratello, col quale ebbe poscia comune monumento nel tempio del Santissimo Salvatore, come antecedentemente notammo.

Anche ducando questo principe si crearono due nuovi magistrati. Il primo, quello Sopra gli ospitali e luoghi pii, instituito provvisoriamente nel 1561, e reso stabile quattro anni appresso, composto di tre senatori, il cui incarico era principalmente, rivedere i testamenti rogati a vantaggio di detti pii luoghi; esaminare gli ordini e le costituzioni dei medesimi, onde rintracciare se venissero fedelmente osservate; inquirire se ai poveri fosse prestato il dovuto servigio, e se le rendite fossero state religiosamente impiegate. Il secondo, quello dei Provveditori sopra la giustizia vecchia, stabilito nel 1565, e composto, prima di due nobili, poscia di tre, aventi incombenza di esaminare e definire i processi formati in odio dei ministri controffacitori, cosicché spettava ad esso magistrato l’appellazione dalle sentenze dei giustizieri vecchi.

La tranquillità di cui godette lo Stato acconsentì che continuassero a prosperare le arti, ed a far abbellire vieppiù la città con fabbriche egregie. Il Palladio rinnovava nel 1559 e 1566, parte del monastero e la chiesa di san Giorgio Maggiore in isola, e nel 1562 erigeva la facciata del tempio di san Francesco della Vigna. Due anni appresso l’arsenale veniva per la quinta volta allargato, e per cagione della peste, qui recata nel 1565 da una galea venuta da Alessandria, si rinnovavano le fabbriche del Lazzaretto vecchio. Altri lavori poi ebbero luogo nel Palazzo ducale, tra cui la collocazione sulla scalca dei Giganti delle due statue di Marte e di Nettuno, scolpite dal Sansovino.

Fuori di Venezia eziandio la Repubblica spese molto oro nel ristauro delle fortificazioni di Bergamo, di Udine, e nel riparare ai guasti gravissimi recati dal terremoto alla città di Cattaro.

Sul breve che gira a destra del ritratto di questo doge, sta scritto :

CLEMENTIAE CVLTOR ET SAEVITIAE DETESTATOR ACERRIMVS, PR1NCIPATVM ANIMI CANDORE, LIBERALIS INGENII BONITATE AC RELIGIONE, FRATERNAE VIRTVTIS AEMVLVS SVSCEPI. (1)

(a) Girolamo Priuli fu fratello, come dicemmo del doge Lorenzo. Sostenute le più gelose e cospicue magistrature, tra cui quelle di senatore e consigliere, veniva il dì 30 maggio 1557, decorato della stola procuratoria de ultra, in luogo del defunto Stefano Tiepolo. La sua molta prudenza e bontà d’animo, oltre che alle altre virtù che lo ornarono, lo fecero degno di essere eletto successore al fratello siccome notammo. La sua pietà si rese manifesta nella erezione da lui ordinata della nobilissima cappella a san Domenico, ove riposavano le ceneri dei suoi maggiori, ed ove fu egli pur seppellito. Era versatissimo, doge Girolamo, nelle lettere, e ne incoraggiava i cultori. Ne é prova fra le altre, avere a lui dedicato Pietro Giustiniani la sua storia. Il di lui figlio Lodovico, procuratore di san Marco de ultra, morendo lasciò, che ad onore del padre e dello zio, fosse loro eretto il superbo monumento in Santissimo Salvatore, superiormente descritto.

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

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