Chiesa di San Vitale vulgo San Vidal

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Chiesa di San Vitale vulgo San Vidal - San Marco

Chiesa di San Vitale vulgo San Vidal

Storia della chiesa

Ad onore del Santo martire Vitale, di cui portava il nome, eresse una chiesa il doge Vitale Faliero, quegli, che assunto al principato nell’anno 1084, aggiunse primo di tutti al titolo di doge di Venezia quello ancora della Dalmazia e Croazia. Insieme con le circonvicine chiese fu anche questa distrutta dal voracissimo incendio dell’anno 1105, e rialzata la fabbrica durò poi sino al terminare del secolo XVII. Rovinosa e cadente convenne poi atterrarla, e nell’anno 1700, furono disposte le fondamenta per la nuova fabbrica, che per l’industriosa diligenza del piovano Teodoro Tessari fu magnificamente ridotta a compimento, e vi si aggiunse ad abbellimento maggiore la facciata di marmo, eretta per un pio legato del doge Carlo Contarini.

Anche in questa chiesa si venera una delle sacre spine della corona del nostro Redentore, ed alcune gocce del prodigioso sangue scaturito dalla celebre immagine del Crocifisso in Berito. (1)

Visita della chiesa (1839)

Le sculture di questa facciata son opera di Giuseppe Gnioccola, e sopra due urne si vedono lateralmente i busti del detto doge Contarini e della dogaressa sua moglie, mentre sulla porta vi ha quello del parroco Tessari che tanto si è prestato all’innalzamento di questo tempio divenuto nel 1810 succursale alla parrocchia di San Stefano.

Nel primo altare Giannantonio Pellegrini fece la tavola cui i Santi Giuseppe e Francesco di Paola; nel secondo Antonio Tersia eseguì il bassorilievo in marmo con Nostra Donna Annunziata e le due statue laterali dei Santi Domenico e Rosa di Lima, mentre l’Aliense dipingeva nella mezzaluna superiore l’Ascensione di Nostro Signore. In quel basso rilievo ed in quelle statue ogni intelligente trova il rinsavimento dell’arte dal soleggiare del secolo XVII. Sarà in esse ancora qualche affettazione; ma chi non vede la ricerca di un nitido contorno, l’ingenuo piegare, il morbido scolpire; in somma l’arte che abbandonata la falsa via ricalca il diritto sentiero da Canova poscia interamente percorso? Nel terzo altare, che è l‘ultimo da questa parte, Giambattista Piazzetta dipingeva la tavola coll’Angelo Raffaele ed i Santi Antonio di Padova e Luigi Gonzaga.

Sopra la porta laterale alla cappella maggiore è degna opera di Giambattista Mariotti il quadro con Cristo all’orto. Lasciamo che altri dica: se scevri dai pregiudizi, se desiderosi di cogliere il bello ed il bello in mezzo agli errori inseparabili dall’ umanità vedremo e questa ed altre somiglianti opere di un‘età che cercava rotte linee, la unione nella composizione, l’impasto nel colorito, potremo far tesoro di tali caratteri onde accompagnarli a quelli dalle età trascorse ricercati e nel cumulo de quali, come più volte si disse, consiste la perfezione dell’arte.

Ed ecco già tasto venirci innanzi il 400 colla pace infusa nelle arti sue, eccoci in faccia al celebratissimo lavoro di Vittore Carpaccio, alla tavola cioè del maggior altare, tranne la mezzaluna superiore aggiunta posteriormente. Rappresenta essa Nostra Donna nell’alto ed i Santi Vitale a cavallo, Jacopo, Giovanni, Paolino, Giorgio, Gervasio e Protasio con un angelo che suona e con l’indicazione dell’anno 1514 in cui fu fatta. Supponga il lettore questa tavola appena uscita dal pennello di Carpaccio; immagini le sue tinte non punto alterate dal corso degli anni e dai tormenti del restauro; supponga di vedere la leggerezza in quel lontano paesello, che si scorge attraverso gli archi bianchi, interposti appunto dal pittore per far vie più spiegare le figure; ed all’aspetto di quelle carni soavemente in sulle prime trattate, di quelle mosse ingenue ed ancora parlanti, di quella correzione indicibile di quel tutto finalmente che per entro al cuore si insinua, cessi se sa dal commoversi. Su quali principii era mai a quei di fondata la pittura in Italia? Perché tanta dolcezza parlava uniformemente negli artisti dall’una all’altra punta della penisola? Ignaro l’un e l’altro pittore dei precetti qua e colà dominanti come conseguiva uguali le forme, uguali le tendenze, uguali le tinte?

Le due statue simboliche di marmo sopra l’altare sono dello scalpello di Antonio Gai. Le medesime osservazioni da noi fatte sul basso rilievo dell’Annunziata di questa chiesa servono anche per queste due ultime statue. Il quadro sull’altra porta laterale con Nostra Donna Annunziata è dell’Aliense.

Passando ad esaminare il resto degli altari vedremo nel primo alla sinistra essere buon lavoro di Sebastiano Rizzi la tavola con Nostra Donna Concetta. Cristo in croce nel secondo altare è di Giulia Lama mentre la mezza-luna superiore con la Risurrezione è dell’Aliense. La tavola in fine dell’ultimo altare con i Santi Sebastiano e Rocco è di Angelo Trevisani.

Altro busto del ricordato parroco Teodoro Tessari è quello sopra la porta della sagrestia. E chi entra in essa vede due quadri; l’uno col martirio di San Orsicino di Gregorio Lazzarini o l‘altro con la morte di San Vitale di Elisabetta di lui sorella. Fuori della sacrestia medesima si scorge la piccola iscrizione posta a Tommaso Villaret Soyeuse generale al servigio dell’impero Francese morto nel 1812. Presso l’altar maggiore è seppellito il celebre Lorenzo Marcello, quegli che si coperse di gloria nella battaglia dei Dardanelli. Siccome il suo elogio è posto ai Santi Giovanni e Paolo, cosi ivi daremo i brevissimi cenni intorno alla sua vita.

A piè della torre di questa chiesa vi sono due iscrizioni romane portate, secondo il Sansovino, da Pola ed esistenti l’una all’esterno e l’altra all’ interno, ma ad avviso di qualche erudito formanti un solo pezzo in onore di un Caio Numerio. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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