Chiesa di Sant’Apollinare vulgo Sant’Aponal

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Chiesa di San Sant'Apollinare vulgo Sant'Aponal - San Polo

Chiesa di Sant’Apollinare vulgo Sant’Aponal. Chiesa secolarizzata

Storia della chiesa

A Ravenna famosa città, e capo dell’esarcato greco in Italia trasferitasi in Venezia la nobile famiglia Sciavola, eresse nell’anno 1034 una chiesa, che fatta parrocchiale volle dedicata al Santo martire Apollinare vescovo e protettore della antica sua patria. A partecipazione del merito di questa fondazione ammettono alcuni cronologi anonimi anche la casa Rampana, che procedente pur essa da Ravenna fu poi arrolata al numero delle venete patrizie.

Vacando da tanto tempo il piovanato di questa chiesa nell’anno 1212 sicché per i decreti del Concilio Lateranense si era devoluta la sua elezione alla sede apostolica, Sicardo vescovo di Cremona, allora nunzio pontificio presso la Repubblica, la unì all’arcidiaconato gradese a sollievo delle di lui ristrettezze. Perché però questa unione acquistasse forza maggiore ricorse l’arcidiacono beneficato per l’apostolica confermazione al pontefice Innocenzo III, il quale rimessa la cognizione dell’affare all’abbate di San Felice d’Ammiano, ed all’arciprete di Cavarzere, commise loro, che sopra ciò stabilissero quanto credessero di giustizia. Se fosse confermata l’unione, e quanto tempo durasse, non ci permette il saperlo la mancanza dei documenti.

Sin dai principi del secolo XV, era fatta collegiata la chiesa; ma le rendite dei benefici di essa erano talmente tenui, che mossone a compassione il piovano Marco dei Piacentini esibì con spontanea offerta al pontefice Eugenio IV di cedere a favore dei titolati della medesima la terza parte dei proventi assegnati alla mensa sua parrocchiale.

Rimise il pontefice la definizione di tal affare al Santo patriarca Lorenzo Giustiniano; ma avendo dovuto in quegli stessi tempi il buon piovano sborsare grossa somma di soldo per rifabbricare la chiesa rovinosa, e tuttavia continuando in volontari sborsi, credette la prudenza del santo prelato di dover temperare in tal maniera la sua sentenza, che restando ferma a vantaggio del capitolo l’esibizione generosa del piovano, non avesse però che dopo la di lui morte ad incominciarne l’effetto, il quale dopo qualche vicenda di litigi insorti sotto i piovani successori, fu terminato con una totale divisione degli stabili, eseguita da uomini prudenti, e confermata con autorità apostolica dal patriarca Maffeo Gerardi, a cui come commissario e delegato della Santa Sede ne commise l’esecuzione nell’anno 1490. Innocenzo VIII, sommo pontefice.

Si gloria questa chiesa a tenore di qualche tradizione di possedere riposto in occulto luogo il corpo del Santo profeta Giona, il di cui capo si venera decentemente riposto in un altare, insieme con un osso del braccio del Santo re e martire Sigismondo, con un dito di Santa Caterina vergine e martire, e con alquante ossa dei Santi Fanciulli trucidati in Betlemme. La più venerabile però delle reliquie è una Spina del Redentore.

Giovanni Tiepolo patriarca di Venezia con solenne pompa consacrò questa chiesa nel giorno 25 di luglio dell’anno 1630. (1)

Visita della chiesa (1733)

Tutti i quadri, che sono dal lato sinistro entrando in chiesa, eccettuate le tavole degli altari, sono di Alvise dal Friso; II primo contiene la battaglia di Costantino contro Massenzio, opera delle più lodevoli dell’autore, segue la regina Sant’Elena che cerca la Santissima Croce. Sopra il pulpito molti angeli. Indi un altro quadro dove vien data la dignità di vescovo a San Gottardo. Sotto dette storie vi fono diversi quadretti con diverse altre cose appartenenti alla croce ed alla vita di Cristo ed altro; Nella facciata dell’altar maggiore dal lato destro Cristo morto, e dall’altro lo sposalizio della Beata Vergine pure del predetto autore. Nella Cappella alla destra dell’altare maggiore ora del Carmine vi è la tavola dell’altare col Padre Eterno vari angeli i Santi Giovanni Evangelista, e Carlo opera del Palma. Dal lato destro vi è la Vergine del Carmine con molti Santi Carmelitani, e le anime del Purgatorio opera di Giovambattista Tiepolo. In faccia quello vi è la Nascita del Signore opera di Giovambattista Mariotti. La tavola dell’altare maggiore dove si vede la Cena di Cristo con gli Apostoli, e i Santi Apollinare, e Lorenzo Giustiniani, è di Matteo Ingoli. Dai lati della detta vi fono due quadri di Enrico Falange con due simboli della fede. Nelle maggiori funzioni si espongono quattro quadri rappresentanti storie della vita di San Apollinare di Nicola Grassi. Nella Cappella alla sinistra vi è la tavola del Cristo morto del Palma. Dietro a questa si vede il quadro con la visita dei Re maggi d’Alvise dal Friso. Vi è il martirio dei cinque coronati di Giulio dal Moro. Indi si vede la tavola degli stessi cinque Rè coronati opera rara dello Schiavone. e l’Annunziata. Continua la palla della Nascita di Maria del Palma. Segue poi il quadro dell’Assunta con molti angeli opera squisita del Padovanino. Sopra la finestra si vedono cinque Coronati, che scolpiscono una statua, opera di Francesco Rosa. Le portelle dell’organo dentro, e fuori sono di Alvise dal Friso. (2)

Eventi più recenti

Istituita parrocchia fin dal principio rimase tale fino al 1810 epoca della seconda concentrazione. Venne spogliata di tutte le sue opere d’arte.

Negli anni di carestia 1813 e 1814 vennero messi in essa dei mulini a mano; poi fu ricovero dei senza tetto; poi officina da magnano e da falegname; poi magazzino di mobilia; indi carcere per detenuti politici; poi deposito di sfaciture e spaccio di carbone, e, da ultimo, bottega da rigattiere condotta da certo Zacuti David.

Nel 1840 l’austriaco demanio pose questa chiesa all’incanto, come bene rovinoso: la comprò il signor Angelo Vianello detto Chiodo fu Carlo, per lire austriache 8.400, che la rivendette il 5 settembre stesso anno, atti notaio Baroncelli, ad una Pia Società sorta con l’intento di ridonare al culto il bel manufatto.

Degli otto altari che aveva se ne poterono recuperare cinque: non il maggiore e i due laterali. Dl comandante della Marina la Pia Società poté avere in dono, l’altare maggiore della soppressa chiesa di Santa Giustina, altare preziosissimo per marmi orientali.

Per i quadri si rivolsero alle donne veneziane: la contessa Loredana Morosini Gatterburg donò il Martirio di Sant’Apollinare, opera di Lattanzio Querena (1768-1853), e fu messo sull’altare maggiore; alla cappella a destra San Pietro Orseolo, pure del Querena; alla sinistra un quadro dono del signor Pietro dal Turco. Nel primo altare, dopo la cappella di destra, la Natività di Marta Vergine, opera della contessa Clementina Spaur Mocenigo; segue l’antico dei tagiapiera, già dedicato ai Quattro Martiri coronati; il terzo dedicato a Maria Vergine Assunta, tela dipinto ad olio, recente lavoro di un moderno Giovanni Bellini.

Il primo altare a sinistra è una copia di San Lorenzo Giustiniani del Pordenone, fatto dall’Anzola su commissione di Giuseppe Antonelli principale fra i tipografi d’Italia; il Pulpito, su disegno di Angelo Soavi, che sotto ha una nicchia dov’è posta una Madonna in marmo, opera di Gaetano Ferrari (sec. XIX), dono di un devoto; l’altare che segue con il quadro San Ferdinando re di Castiglia, opera della contessina Teresa di Thurn, e da lei donato; nella Cappella al sinistro lato dell’altare maggiore il quadro su tela la Vergine del Carmelo di Giambattista Carrer.

Il cav. Jacopo Treves de Bonfili donò una bella statua di San Mosè, in pietra di Custoza, diligente lavoro di Gaetano Ferrari.

Venne consacrata da Mons. Giovanni Antonio Farina, Vescovo di Treviso, e riaperta al culto il 16 giugno 1851. Fu suo primo cappellano Don Giuliano Danna, che era stato di questa chiesa e vi aveva celebrato la sua prima messa. (2)

Di lì a poco venne dichiarata oratorio sacramentale dipendente da San Silvestro. Morto l’ultimo appartenente alla Pia Società, la proprietà della chiesa fu lasciata alla fabbriceria di San Silvestro; attualmente è nuovamente chiusa al culto e adibita a deposito dell’archivio del Comune.

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

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FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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