Chiesa di San Giacomo Maggiore Apostolo vulgo San Giacometo
Storia della chiesa
Con sentimento uniforme asseriscono i più antichi, ed accreditati fra i cronologi veneti, che la chiesa dedicata all’apostolo San Giacomo Maggiore nell’Isola di Rialto, stata sia la prima fra le chiese erette nella nascente città di Venezia. Allorché Attila fierissimo re degli Uni dopo avere sterminate varie cospicue città, e desolati vastissimi paesi, entrato in Italia minacciava l’eccidio a questa provincia, i Padovani, e gli altri popoli della Venezia terrestre atterriti dall’esempio dell’altrui rovina si ricoverarono nelle vicine lagune dell’Adriatico, per fondar ivi un sicuro domicilio a sé stessi, ed alle loro famiglie. Tre consoli di Padova (così scrive il Dandolo nella sua Cronaca) ivi si rifugiarono con gran parte del loro popolo determinarono di rendersi abitabile un’isola chiamata Rivalto, ed in essa gettarono i fondamenti di una nuova città, e stabilirono, che chiunque perito fosse nella fabbrica, o esercizio navale ivi goder potesse ogni immunità. Fra gli altri, che ivi concorsero per fermarvi il lor domicilio, vi fu un Greco di nome Entinopo, architetto e fabbricatore di navi, nella di cui casa acceso essendosi un giorno improvvisamente casuale incendio, si dilatò a consumare in breve ora ventiquattro case, e già minacciava lo sterminio alle restanti fabbriche, allorché il buon uomo ricorrendo coi suoi concittadini all’orazione, promise con voto a Dio, ed all’apostolo San Giacomo d’ivi innalzargli una chiesa.
Fatto appena il voto si estinse mirabilmente l’incendio, e l’eretta votiva chiesa fu poi consacrata da quattro vescovi, da Severiano di Padova, da Ambrogio d’Altino, da Giocondo di Trevigi, e da Epone d’Opitergio, ora detto Oderzo, dopodiché all’amministrazione dei sacramenti fu in essa destinato parroco e custode Felice sacerdote di fede incontaminata.
Dal giorno felice 25 di marzo dell’anno 421 in cui dedicata fu questa chiesa, numera la città di Venezia l’età sua, giorno di fausto augurio, nel quale avendo voluto Iddio riguardare l’umiltà della Santissima Vergine per esaltarla alla dignità di Madre del suo Unigenito, volle anche che in umili ed abbandonati luoghi avesse i suoi principi una repubblica da lui destinata a difesa della sua chiesa.
Da note marginali apposte alla Cronaca del Doge Dandolo si rileva essere stata in nuova forma rifabbricata la chiesa di San Giacomo di Rialto dal doge Domenico Silvo, che amministrò la repubblica dall’anno 1071 fino all’anno 1084.
Dopo il sopra lodato Felice continuò la chiesa sotto il governo dei piovani, dei quali però smarrita si è ogni notizia fino all’anno 1310, in cui Marino Zane priore della Chiesa di San Giacomo (così si scrive nelle cronache) e canonico Castellano si legge fra gli iniqui seguaci di Baiamonte Tiepolo; onde fuggi coll’esilio la meritata pena del tradimento. Trent’anni dopo governò questa chiesa Orso Delfino nominato, in alcuni documenti dell’anno 1340, rettore della Chiesa di San Giacomo di Rialto, dalla quale nell’anno 1347, fu trasferito al vescovado primieramente di Capodistria, ed indi all’arcivescovado di Candia, e finalmente al patriarcato di Grado.
Frattanto essendo state nell’Isola di Rialto fabbricare nuove chiese, andarono queste talmente dilatando la giurisdizione parrocchiale nelle circonvicine case, che l’antica Chiesa di San Giacomo già unica parrocchia della nascente città restò totalmente priva di cura di anime, ed il rettore di essa conserva il nome di piovano come un decoroso testimonio della primitiva grandezza della medesima.
Fu poi con evidente miracolo preservata questa chiesa dall’orribile incendio, che nell’anno 1513, consumò tutta l’intera Isola di Rialto; poiché le fiamme tosto che si accostarono al sacro edificio retrocessero in se medesime, e poco dopo si estinsero, non volendo Iddio che restasse consumato dal fuoco quel sacro luogo, per cui erano restati dalle fiamme inviolati i primi principi della città. Attestò la verità del mirabile successo Leone Papa X, in un suo diploma segnato del giorno 15 dicembre 1540, nel quale concedendo alcuni privilegi alla Chiesa di San Giacomo, scrive, che quantunque dalla forza di un orrendo ed irreparabile incendio fosse stata consumata tutta l’Isola di Rialto, contuttociò la Chiesa di San Giacomo circondata all’intorno dalle fiamme vicine, anzi posta in mezza delle fiamme stesse con un insigne miracolo della Divina grazia si conservò illesa, ed intatta , il che certamente esser può una chiara testimonianza della Providenza di Dio.
Fu poi nell’anno 1531 rinnovata la facciata, ed in qualche parte anche l’interiore struttura del tempio per opera di Natal Reggia suo zelante piovano; ma non essendo ciò stato sufficiente per garantire la chiesa molto tempo dai pregiudizi recati dal lungo corso degli anni, la pubblica pietà la fece in più consistente e decorosa maniera riedificare dai fondamenti nell’anno secolare 1600.
È tradizione, che il pontefice Alessandro III, allorché arrivò nell’anno 1177 a Venezia per fermar la concordia fra la Santa Sede, e l’impero, decorasse questa chiesa con ampie indulgenze per tutti quei fedeli che annualmente nel giorno del mercoledì Santo la visitassero. Così in tal giorno si porta ogni anno il doge, ed il senato ad acquistare questo spirituale tesoro.
La statua del santo apostolo titolare posta in una nicchia nell’altare maggiore è scultura di Alessandro Vittoria, ed il simulacro di bronzo, che rappresenta Sant’Antonio abbate ad altro altare, dedicato al di lui nome, è opera ben formata di Girolamo Campagna. (1)
Visita della chiesa (1839)
La tradizione dice essere stata eretta questa chiesa per il voto di certo Entinopo Candiotto fabbricatore di navi fino da quando erano governate queste isolette, dai consoli Padovani (anno 421), dopo l’incendio avvenuto di 24 case. Però si vuole dagli eruditi che non prima del VI secolo vi fossero chiese in Rialto, e che questa di San Jacopo, al paro delle altre, fosse di tavole in principio. Ristorata però in vari tempi, e consacrata ogni volta, diede luogo alla tradizione che da quattro vescovi fosse ad un’ora consacrata nella prima volta. Nel 1073 si dice che il doge Domenico Selvo la facesse edificare al modo presente; altri invece sostiene che principiar vi facesse egli solo un mosaico di cui sino al secolo trascorso se ne sono conservate le tracce. Certo è che nel 1194 dalla famiglia Caldiera rifatta venne al tutto questa chiesa, e che restaurata nel 1531, sotto il governo di Natale Reghina, ricevette finalmente una notabile r1forma nel 1601; alzandovisi il pavimento per salvarla dall’ acqua che vi penetrava. Nella prima sua fondazione dipendeva dal vescovo di Padova: poi divenne juspatronato della famiglia Querini e di quella di Boemondo Tiepolo. Ma dopo l’anzidetta loro congiura, private dei beni e bandite quelle famiglie, passò in diritto del principe, benché a varie controversie andasse quel diritto sottoposto.
Il carattere della costruzione di questo tempietto ricorda ancora l’antica sua origine, ed il Sansovino osserva giustamente che la forma della testudine è in esso così ben raccolta e mantenuta dai vólti sostenenti gli archi che è mirabile cosa a vedere, ed ancorché chiesa angusta è per tante parti una delle principali della città. Il tetto esteriore è di piombo e nella sua faccia contiene un orologio postovi sotto il doge Michele Steno nel 1410. Nel giovedì santo è visitata dal popolo veneziano per diverse indulgenze concesse dai pontefici.
Di Marco Vecellio sono alla destra di chi entra in questa chiesa sì i due quadri con la Nascita e collo Sposalizio di Maria Vergine e sì la tavola dell’Annunziata nel vicino altare. Molto amore di colorito è posto in tutti e tre questi dipinti. Nella mezza – luna sopra la porta laterale sta espresso papa Alessandro III che dà al parroco di questa chiesa il breve delle indulgenze per il giovedì santo. Niente dicendo sulla tavola dell’altare a fianco della cappella maggiore, sull’altare maggiore vi ha la statua del santo titolare di Alessandro Vittoria.
Il magnif1co altare seguente, ricco di bei marmi, si ordino da Girolamo Campagna, il quale vi fece ed i getti che lo adornano e la bella statua di San Antonio abate: una delle opere migliori di quell’ artista. Di Alvise dal Friso è l’ultimo vicino quadro con San Giovanni Elemosinario che dà denari ad un poverello. (2)
(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).
(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).
FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.