Chiesa di Santa Lucia vulgo Santa Lussia e Monastero dell’Annunziata

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2004
Chiesa di Santa Lucia. In "Venezia Monumentale e Pittoresca", Giuseppe Kier editore e Marco Moro (1817-1885) disegnatore, Venezia 1866. Da internetculturale.it

Chiesa di Santa Lucia vulgo Santa Lussia. Monastero dell’Annunziata di monache Agostiniane. Chiesa e Monastero demoliti

Storia della chiesa e del monastero

Da tutti i cronologi, e scrittori, che raccolsero le antiche venete cose, viene passata totalmente sotto silenzio la fondazione, e l’origine della Chiesa Parrocchiale dedicata in Venezia alla Vergine e Martire Santa Lucia; e restò il nome di questa parrocchiale oscuro, finché nell’ anno 1280 si rese celebre per la traslazione in essa fatta del venerabile corpo della Santa Martire Titolare. Già fin dall’ anno 1204, famoso per la conquista di Costantinopoli, era stato condotto il sacro corpo a Venezia, e collocato nella Chiesa di San Giorgio Maggiore dei Monaci Benedettini, ove concorreva a venerarlo innumerabile turba di popolo, massimamente nel giorno consacrato dalla vittoriosa di lei morte. Ma perché in quel giorno per lo più burrascoso, e inclemente succedevano nel tragitto della laguna bene spesso gravissime disgrazie di naufragi, determinò la provvidenza pubblica nell’anno 1279 in cui per improvviso turbine perì un gran numero di persone, affinché il sacro corpo potesse con maggiore sicurezza venerarsi dalla divozione del popolo, che dovesse dalla chiesa, in cui per settantasei anni aveva riposato, trasferirsi in Venezia alla Chiesa Parrocchiale eretta sotto l’invocazione del di lei nome. Circa i principi del secolo XI come si rileva da una Bolla di Papa Sisto IV, a cui nell’anno 1478 esposero i parrocchiani essere stata la loro chiesa fondata da più di quattrocento anni avanti.

Fu destinata alla traslazione la giornata 18 dell’anno susseguente 1480, già resa memorabile per il primo arrivo del santo corpo in Venezia, e volle Iddio render illustre la sacra funzione con due prodigi, lasciando la Santa Vergine una delle sue braccia volontariamente in mano dell’Abbate di San Giorgio, e ridonando la vista persa di un occhio ad un giovine nobile, che né implorò l’intercessione.

Accrescendosi poi con la devozione del popolo il culto della Santa Vergine, alcuni devoti uomini in numero di otto nell’anno 1284 si obbligarono a solennizzare con pompa il di lei giorno natalizio; ed essendosi poi accresciuto il numero dei devoti istituirono essi ad onore della santa una pia confraternita coll’assenso avutone da Giacomo Dedo Piovano, e dagli altri preti della chiesa. Onde si deduce essere stata allora la chiesa non solamente parrocchiale, ma ancora Collegiata, e ciò si conferma anco con autentici documenti posteriori.

Amministrarono questa chiesa dopo il Dedo altri piovani, fra quali alcuni estratti da famiglie patrizie, finché sotto il Pontificato d’Eugenio IV, essendone piovano Giovanni Constabili Ferrarese, dall’età avanzata, e da gravi incomodi di salute reso inabile al peso, Tommaso Tommasini Vescovo di Feltre ottenne dal Pontefice, che la chiesa alla prima occasione di vacanza dovesse essere annessa, ed unita al Monastero del Corpo di Cristo, già mezzo secolo in circa avanti fondato nella stessa parrocchia. Passato poi a migliore vita il piovano Constabili nell’anno 1444, Nicolò Priuli, come Procuratore del Monastero, in esecuzione della Pontificia Bolla, e per comando d’Ermolao Barbaro Vescovo di Treviso Commissario Apostolico, ne prese solenne possesso nel giorno 25 di luglio dello stesso anno. Continuò però anche sotto la giurisdizione delle monache ad essere esercitata la cura delle anime dai piovani, dai quali si legge l’ultimo Giovanni Galletti nell’anno 1491.

Frattanto alcune Religiose donne, vestito l’abito del terzo Ordine dei Servi di Maria, sotto la regola di Sant’Agostino, si ridussero in una casa vicina alla Chiesa di Santa Lucia, ove vivendo in forma di Comunità Religiosa per l’edificante loro regolarità erano considerate come esemplari di perfezione monastica.

La riputazione però del nuovo collegio vi trasse da tutta la città tante compagne, che essendo l’angusta casa incapace d’alloggiarle, molte d’esse si trasferirono a Padova con speranza d’ivi fondare un nuovo monastero. Rimaste dunque sole otto in Venezia nella speranza del Divino aiuto comprarono alcune piccole case contigue a quella, ove abitavano nella Parrocchia di Santa Lucia, e disposte avendole in forma di piccolo chiostro, vi entrarono nell’ anno 1459, con la fiducia d’ivi istituire un monastero sotto l’invocazione di Maria Vergine Annunziata dall’Angelo. Per non restare dunque costrette dopo la volontaria offerta di loro libertà ad uscire del loro recinto in ricerca degli spirituali aiuti, con pubblica permissione, e con la facoltà ottenutane dal pio Patriarca di Venezia Andrea Bondumiero, eressero vicina alla loro abitazione una angusta chiesetta, dedicata a Maria Vergine sotto il titolo della di lei Annunziazione, ed avendo sino allora vissuto senza dipendenza veruna, credettero opportuno a perfezione del loro stato di soggettarsi ad una superiora. Fu questa Giacoma Veronese una del loro numero, che governò per soli due anni; poiché (così desiderando le religiose) il Patriarca Bondumiero trasse dal Monastero di San Daniele, in cui fioriva allora l’esemplarità della regolare osservanza, tre monache, Orsa di Andrea, Filippa Coppo, e Grazia Celsi, e le collocò nel nuovo Monastero della Vergine Annunziata, acciocché quelle Monache non ancora ben istruite nella monastica  disciplina, si perfezionassero sotto l’ubbidienza d’Orsa istituita Abbadessa negli esercizi dell’intrapreso religioso stato. Ricevette poi la nuova superiora nelle sue mani la solenne professione dei voti religiosi dalle sue suore, e si dispose poi alla nuova fabbrica d’una chiesa più consistente, e decorosa, implorandone dalla suprema autorità della Sede Apostolica la permissione. Frattanto si erano opposte le monache vicine del Corpus Domini allo stabilimento del nuovo Monastero dell’Annunziata, come ad una novità pregiudiziale, ed offensiva dei privilegi concessi all’Ordine Domenicano, i quali volevano i nuovi monasteri d’Ordini Mendicanti trecento canne lontani da qualunque recinto dell’istituto dei Predicatori; e perciò ne avanzarono al Pontefice Pio II le loro doglianze. Rimise egli prima la controversia da decidersi a rigore di Giustizia al Patriarca di Venezia, poi riflettendo in quale angustia di sito fabbricata sia quella città, e quanto abbondante ella fosse di popolo, gli diede ampia facoltà di arbitrare sugli esibiti privilegi conforme più opportuno sembrasse alla di lui equità. Ricevute le Apostoliche lettere segnate nel giorno 28 di luglio 1461, il Patriarca Andrea con definitiva sentenza del giorno 16 nel susseguente settembre decretò, doversi nonostante gli opposti privilegi stabilire il nuovo monastero dell’Annunziata. Riuscì amara alle Monache del Corpo di Cristo la sentenza del prelato, e ne rinnovarono al Pontefice le querele; ma sentita con disapprovazione dal Senato una tale condotta, comandò al suo segretario Niccolò Sagondino residente in Roma di operare appresso il Pontefice, acciocché fosse confermato il giudizio del Patriarca. Proseguirono dunque le incominciate fabbriche, per il celere compimento delle quali concesse lo stesso Pio Pontefice nell’anno 1463 ecclesiastiche indulgenze a chi con elemosine le soccorresse. Non però con eguale felicità procedeva l’avanzamento della chiesa, per la quale dispose Dio, che scarsi e ristretti fossero i sussidi dei fedeli. Perciò Maffeo Gerardi succeduto al Bondumiero nel Patriarcato di Venezia e con la voce dei predicatori, e con la concessione di indulgenze procurò d’animarne il popolo, ma nulla giovando si pensò di prevedere al monastero di chiesa in più opportuna maniera. Confidate dunque in Dio le monache, e rese grate così al Senato che al Pontefice, per l’esemplarità del loro vivere, umiliarono all’Apostolica provvidenza di Sisto IV un’umile supplica, esponendo non poter esse con le tenui loro forze ergere una chiesa; indispensabile al loro stato, e mancare loro qualunque aiuto d’umana Providenza. Che però essendo loro contigua la Parrocchiale Chiesa di Santa Lucia, già da Eugenio IV unita al Monastero del Corpo di Cristo per lungo spazio lontano, chiedevano, che, rescissa l’antica unione, fosse ad esse concessa insieme con la casa del Piovano di troppa soggezione, perché da essa si riguardava nell’interno dei chiostri. Con ciò si provvederebbe al loro spirituale bisogno, si assicurerebbe la quiete, e la decenza del vivere religioso, e si promoverebbe il divino culto già di molto minorato nella quasi abbandonata chiesa.

Accolse con prontezza il Pontefice le suppliche delle buone monache, e nel giorno 14 di agosto dell’anno 1477, commise all’Abbate di San Giorgio Maggiore, ed al Priore di San Salvatore, sostituiti Commissari Apostolici, che terminare dovessero un tale affare. Dilazionandone però essi l’esecuzione, onde ne derivavano gravi dispendi ai monasteri, e scandalo fra cittadini divisi in fazioni a favore delle parti; il savio Pontefice con nuovo diploma dell’anno 1474, dichiarò Apostolico Delegato in tal causa Paolo Rusconi, Canonico di Cervia, acciocché unire dovesse al Monastero dell’Annunziata la Chiesa Parrocchiale di Santa Lucia, assegnata però una congrua compensazione alle Monache del Corpo di Cristo.

Come però nel suo diploma dell’anno 1472 aveva Sisto IV ordinato che per la nuova unione vi si ricercasse il libero assenso delle Religiose del Corpo di Cristo, e questa si conosceva una condizione impossibile, così sul fondamento delle prime istanze ricercarono nuovamente le Monache dell’Annunziata, che di pienezza di sua autorità volesse il Pontefice concedere loro la ricercata chiesa, nel di cui servizio s’impiegherebbe pienamente un coro numeroso di esemplari vergini. Assentì il Santo Padre, e nel giorno 30 di marzo dell’anno 1476 destinò Commissari Marco Cataneo Arcivescovo di Durazzo, ed il sopraccitato Canonico Rusconi, acciocché eseguissero l’unione, che dal secondo dei Commissari restò adempita nel giorno 15 di maggio dell’anno stesso.

Così passò in dominio ed uso delle Monache dell’Annunziata la controversa chiesa; ma pure, perché non avessero ad insorgere nuovi litigi convennero entrambi i monasteri col mezzo dei loro Procuratori con amichevoli trattati, cioè che la chiesa, e casa parrocchiale di Santa Lucia dovesse essere perpetuamente ceduta in possesso delle religiose dell’Annunziata, le quali all’incontro alla Chiesa del Corpo di Cristo rilasciare dovessero il corpo della Santa Vergine Titolare fabbricando ivi a proprie spese una decente Cappella per collocarvelo.

Mentre però si andava trattando l’accordo, troppo ansiose le Monache del Corpo di Cristo di restare in possesso delle sacre reliquie di Santa Lucia, mandarono segretamente nel buio della notte alquante delle loro converse a rapirle, e con una troppo sconsigliata divozione le nascosero in un oscuro ripostiglio del loro chiostro. Rilevatosi poco dopo dai parrocchiani il notturno trasporto, ne fremettero per la violenta maniera, e presentatisi all’ autorità del Consiglio dei Dieci, implorarono la restituzione del rapito sacro corpo, allegando anche contro la convenzione stabilita dei due monasteri, non essere in arbitrio delle monache spogliare la loro chiesa di un tesoro ivi solennemente collocato per ordine pubblico.

Si commosse alla giustizia delle doglianze la saviezza di quel Consiglio, e con risoluto comando ordinò, che il sacro corpo fosse restituito a suo luogo nella chiesa, da cui era stato rapito.

Resistettero ostinatamente le Monache del Corpo di Cristo, né quantunque d’ordine pubblico alcuni dei Consiglieri si portassero personalmente ad insinuare loro la rassegnazione, vollero giammai trare dal segreto luogo, ove l’avevano nascosto, il venerabile deposito. Irritato da così contumace inobbedienza il Consiglio dei Dieci, stabilì nel giorno 8 di giugno dell’anno 1476, che dovessero otturarsi di muro le porte tutte del Monastero del Corpo di Cristo, né lasciarvi penetrar persona, o cosa alcuna, finché non avessero le monache restituito il sacro Corpo di Santa Lucia alla sua Chiesa. La grave minaccia, che già stava per eseguirsi ammollì la durezza dei loro pensieri, e nel giorno 10 dello stesso mese alla visa dei muratori sopravvenuti palesarono il sacro deposito, e lo lasciarono quietamente riportare alla sua chiesa.

Dopo ciò nello stesso anno Marco Marini piovano di San Fantino, uno dei Commissari Apostolici istituiti da Sisto IV, solennemente approvò le convenzioni stabilite, ed assegnando alle Monache dell’Annunziata la chiesa, e casa di Santa Lucia, concesse al Monastero del Corpo di Cristo il corpo della Santa Martire, acciocché ivi in decente cappella fosse collocato. Da tale sentenza si appellarono alla Sede Apostolica le religiose del Corpo di Cristo, ed essendo poi nati in tal controversia molti giudizi, finalmente fu destinato dalla provvidenza Pontificia nell’anno 1477, Commissario ed esecutore Apostolico Maffeo  Girardo, Patriarca di Venezia, che avvalorato nella sua autorità dai replicati diplomi del Pontefice Sisto IV finalmente decise, dovere la chiesa, e la casa parrocchiale, e le sacre reliquie di Santa Lucia restare alle Monache dell’Annunziata, le quali poi in compensazione del ricevuto fossero tenute pagare annualmente cinquanta ducati d’oro al  Monastero del Corpo di Cristo.

Così dopo lunghi e dispendiosi litigi si videro al quieto possesso della bramata chiesa le buone Monache dell’Annunziata, che d’indi in poi dal nome della chiesa stessa furono chiamate Monache di Santa Lucia; e la buona Abbadessa Orsa d’Andrea, dopo aver veduto in perfezione di stato Religioso il suo Monastero santamente riposò nel Signore l’anno 1490, trentesimo del suo governo. Susseguirono altre Abbadesse, la di cui amministrazione durava in vita, finché per Apostolico comando di Gregorio XIII, nell’anno 1583, i governi dell’Abbadesse tutte furono ristretti ad un triennio.

Morì poi nell’ anno 1590 Maria Cristina Ziliola, ultima dell’Abbadesse perpetue, e sulle sostituita in qualità d’Abbadessa triennale Petronilla dal Legname Padovana nello stesso anno 1590, in cui Donato Baglioni nobile fiorentino, dopo avere consacrate a Dio in questo Monastero una sorella, e una figlia, volle lasciare una durevole memoria di sua devozione, rifabbricando con più dilatata e sontuosa maniera l’antica Cappella di Santa Lucia con un magnifico sepolcro di marmo, in cui nell’anno seguente ricorrendo la festiva commemorazione del Corpo del Signore il Patriarca di Venezia Lorenzo Priuli ripose solennemente di propria mano il virginale corpo della Santa Martire Titolare.

Aveva di già qualche anno avanti il cavalier Bernardo Mocenigo eretta a proprie spese la cappella maggiore, che però poco accordandosi con le nuove cappelle la vecchia chiesa, ci pensò di rinnovarla dai fondamenti fu ben inteso disegno di Andrea Palladio, e fu intrapresa la fabbrica con tale fervore, che nel breve spazio di due anni si vide interamente compiuta, e poi nel giorno 21 di Novembre dell’anno 1617, ebbe il decoro dell’ecclesiastica consacrazione per mano del Cardinale Francesco  Vendramino Patriarca di Venezia.

Fece incidere in marmo la memoria delle traslazioni del sacro corpo, e della consacrazione della chiesa Giorgio Polacco piissimo sacerdote, amantissimo, di questo monastero, di cui fu confessore per trentasei anni, il quale avendo fabbricata a canto alla sacristia una non grande ma devota Cappella, dedicata al. mistero di Betlemme, ed al Dottor San Girolamo, l’adornò anco di copiose sacre reliquie. Ne consacrò poi l’altare nel giorno 24 di novembre dell’anno 1629 Giovanni Tiepolo Patriarca di Venezia, che per il singolar suo affetto verso le esemplari monache eresse nella loro chiesa a proprie spese un magnifico altare dedicato alla Madre di Dio sotto il titolo dell’Aspettazione del sacro suo parto.

Ultima di tutte ad essere compita fu la cappella a destra dell’altare maggiore dedicata ai Santi Genitori di Maria Vergine Gioachino ed Anna, della di cui erezione compiuta nell’anno 1628, ne ebbe il merito Nicolò Peetres Nobile d’ Anversa ivi poi sepolto. (1)

Visita della chiesa (1839)

Durarono quelle monache sino alla soppressione generale del 1810, divenendo la chiesa loro indi e poi oratorio della parrocchiale San Geremia.

Per la porta principale, che ha di prospetto l’organo, si entra in un’ampia navata dove alla destra sta la cappella maggiore con le due altre laterali minori, ed alla sinistra vi era un portico sostenente il coro il quale serviva per le monache. Gli scompartimenti di questo portico rispondono a quelli delle anzidette cappelle che gli stanno di fronte. Tutta l’altezza di questo portico è partita in due ordini; ionico il primo, corintio il secondo coi loro sopraornati che all’interno cingono il tempio. Sull’ultima cornice muove una volta che ricopre la navata e che ha sulla testa le ampie finestre per le quali si spande il lume alla chiesa.

Facendosi esaminare le menzionate tre cappelle alla destra, ed il resto degli altari di questa chiesa, diremo che la prima cappella è quella fatta edificare nel 1590 da Donato Baglione nobile fiorentino ed ha tre opere del Palma: 1°. la pala con Santa Lucia che sale al cielo e coi ritratti della famiglia Baglioni al basso; 2°. il quadro alla destra esprimente la Traslazione del corpo della Santa dalla chiesa di San Giorgio Maggiore; 3°. quello alla sinistra con la Santa che sul sepolcro di Sant’Agata impetra la salute alla inferma sua madre.

Il tabernacolo elegante nella maggior cappella e le due statue esprimenti l’Annunziazione vogliono essere osservati, siccome merita considerazione il busto di Bernardo Mocenigo che, come si disse, fece erigere questa cappella: busto scolpito da Alessandro Vittoria.

La terza cappella, fatta edificare nel 1628 da Nicolò Prez di Fiandra, ha una bellissima pala di Jacopo Palma col Padre Eterno nell’alto, ed in basso l’incontro di San Gioacchino e di Sant’Anna, alla porta della città. Vicino ha questa cappella è sotto l’organo il magnifico altare colla pala raffigurante Nostra Donna al presepio del detto Palma, il quale pur fece i portelli dell’organo aventi al di fuori il mistero dell’Annunziazione ed al di dentro Santa Lucia e Sant’Agostino.

Passando sotto il ricordato portico, accanto alla sagrestia è una cappellina pregevole per i marmi che la ricoprono e per alquante statuette onde è adornata. Da essa usciti niente più ci vedremo che meriti considerazione nei quattro altari che le stanno sotto questo portico. (2)

Eventi più recenti

Soppresse le monache nel 1810, il loro convento si destinò nel 1812 ad istituto d’educazione femminile, fondato dalla marchesa Maddalena Canossa, sotto la direzione delle Figlie di Carità. Ma nel 1845 venne distrutto, il che avvenne più tardi, cioè nel 1861, anche della chiesa, la demolizione della quale si aveva ottenuto dalla società imprenditrice della Stazione Ferroviaria fino dal 31 agosto 1857. (3)

In ricordo della chiesa, la nuova stazione ferroviaria prese il nome di Venezia Santa Lucia. Il corpo della santa fu invece trasferito nella chiesa di San Geremia che venne titolata da allora dei Santi Geremia e Lucia, situata non lontano, dove ancor oggi è collocato.

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

(3) GIUSEPPE TASSINI. Edifici di Venezia. Distrutti o vòlti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati. (Reale Tipografia Giovanni Cecchini. Venezia 1885).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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