Le serate del doge Andrea Gritti

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Il doge Gritti. Hayez, Francesco (1791-1882)

Le serate del doge Andrea Gritti

Il 17 dicembre 1538 moriva il doge Andrea Gritti. Alla sua elezione Venezia non fu molto contenta, e racconta il Sanudo che al suo passaggio in Piazza per le feste della incoronazione, il popolo invece che applaudirlo gridava: “Um, um, um, volemo dose Trum“, accennando ad Antonio Tron o Trum che aveva tutte le simpatie popolari.

Però col tempo l’antipatia scomparve e il Gritti fu un doge illustre per energia, per sapere, per valore, unico difetto una grande cupidigia di gloria e un eccessivo senso di autorità. In casa però era un altro; piacevole, giocondo, mangiatore.

Dopo la cena s’intratteneva a discorrere coi parenti ed amici; accanto a lui stavano due o tre piatti d’argento carichi di cipolle, carote, agli, finocchi e discorrendo mangiava, alternando le cipolle coi finocchi e gli agli con le carote. Il figlio Lorenzo lo ammoniva dolcemente su quei cibi indigesti, ma il vecchio doge si lasciava soltanto persuadere dalla vecchia serva Maria che, qualche volta non vedendosi obbedita, giungeva al punto di togliergli i piatti dalla tavola.

Il suo discorso prediletto negli ozi serali era l’abbellimento del palazzo Ducale: egli aveva designato di demolire le fabbriche al di là del Rivo, dove non c’erano ancora le prigioni, e farne degli orti e dei giardini attraversando il canale mediante un ponte; e già aveva cominciato a contattare i possessori di quelle case, quando a ottantaquattro anni lo colse la morte, e scrisse il Sanudo “se dise per colpa di quele gran manzerie di roba crua et pesante“. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 31 gennaio 1925.

FOTO: dalla rete. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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