Il Gazzettino, a Palazzo Giustiniani Faccanon, nel Sestiere di San Marco

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Palazzo Giustiniani Faccanon - Sestiere di San Marco

Il Gazzettino, a Palazzo Giustiniani Faccanon, nel Sestiere di San Marco

Il “Gazzettino” nasce a Venezia nel marzo 1887 con il sottotitolo “Giornale della democrazia veneta”; a fondarlo Gianpietro Talamini (1845-1934), che lo dirigerà per quasi mezzo secolo, fino alla morte. Originario del Cadore, esponente della generazione cresciuta negli ideali risorgimentali, patriota radicaleggiante e anticlericale. Una delle ragioni del successo del “Gazzettino” è il suo progressivo radicarsi nell’intero territorio regionale: pur restando ben piantato in laguna, a partire dagli anni Novanta “Il Gazzettino” apre uffici di corrispondenza, poi divenuti redazioni, in tutti i capoluoghi di provincia veneti, assumendo quei connotati di giornale “multiprovinciale”, regionale e allo stesso tempo iperlocale, che lo accompagneranno per tutta la sua storia.

Nel frattempo l’avvenuto decollo del “Gazzettino” era stato sancito anche dall’acquisizione di una nuova, prestigiosa sede veneziana: dai locali di Corte Minelli a San Fantin, dove era nata, la redazione si era trasferita nel 1898 nel patrizio Palazzo Faccanon a San Salvador, dove sarebbe rimasta per quasi ottant’anni.

Il patriottismo, l’irredentismo e l’antisocialismo di Talamini trovano, infine, pieno compimento nella campagna interventista del 1914-15, quando il “Gazzettino” si segnala come uno dei primi grandi quotidiani italiani a schierarsi, fin dall’agosto 1914, per la guerra contro l’Austria, presentata quale necessario compimento del processo di unificazione nazionale. Nel primo dopoguerra, coerente con le sue idee, il sostegno all’impresa di Fiume, al combattentismo e al primo fascismo. Negli anni successivi non mancheranno, a dire il vero, alcune prese di distanza dal fascismo, o meglio alcuni tentativi di correggere la rotta di un movimento a cui si riconosceva indubbia utilità, ma di cui disturbavano gli eccessi di violenza e le componenti più propriamente eversive. Simili preoccupazioni si registrano sul giornale anche dopo la marcia su Roma, soprattutto in occasione del delitto Matteotti, senza comunque che venga mai meno la fiducia in Mussolini.

Gianpietro Talamini muore nel settembre 1934 all’età di 89 anni, alla direzione gli succede il figlio Ennio. Nel 1939, Ennio Talamini, è costretto a cedere il giornale alla società “Editoriale San Marco”, costituita per l’occasione con i capitali veneziani dei gruppi Volpi e Cini, cui si aggiunge la famiglia Agnelli. Dopo 13 anni di tentativi andati a vuoto Giuseppe Volpi riesce finalmente a mettere le mani sul massimo quotidiano veneto. Alla fine degli anni Trenta l’annosa questione della proprietà del “Gazzettino” sembrava dunque risolta nel modo più logico e stabile, con il suo approdo nelle mani dell’uomo più potente di Venezia. Ma, di lì a poco, la guerra e la caduta del fascismo avrebbero rimesso in discussione tutto.

Dopo la prima e provvisoria destituzione di Mussolini, il 25 luglio 1943, la cauta defascistizzazione del giornale portò alla direzione il poeta padovano Diego Valeri; lo spiraglio durò tuttavia solo poche settimane: l’occupazione tedesca seguita all’armistizio dell’8 settembre significò la restaurazione del fascismo sotto forma di Repubblica sociale. Valeri fu costretto a fuggire in Svizzera e, per il giornale, seguirono altri venti mesi di avvilente asservimento alle nuove autorità naziste.

Nel dopoguerra, la Democrazia cristiana, violando gli accordi presi con gli altri partiti del CLN, aveva da tempo acquisito la proprietà della “Editoriale San Marco”. Fin dalla seconda metà del 1944 il milanese Pietro Mentasti, uno dei massimi dirigenti della DC nel Nord Italia, aveva avuto contatti con Volpi e Cini, riparati in Svizzera, che gli avevano ceduto la proprietà della società da cui dipendeva il “Gazzettino”. Parte delle azioni della “San Marco” furono poi intestate ad Augusto De Gasperi, fratello di Alcide, che da allora fu per oltre vent’anni una figura chiave della società editoriale del “Gazzettino”, prima come amministratore delegato e poi come presidente.

Cominciava così la lunga era democristiana del quotidiano veneto, inevitabilmente caratterizzata, soprattutto negli anni della guerra fredda, dall’anticomunismo e dall’assoluta ortodossia filogovernativa. Per un intero decennio (1950-60) fu diretto da Attilio Tommasini. Soltanto gli anni Sessanta, portarono qualche tentativo di rinnovamento: la direzione di Giuseppe Longo (1960-67) cercò soprattutto di elevare il profilo culturale della testata, pur senza intaccarne l’osservanza politica democristiana; più ambizioso l’esperimento di Alberto Cavallari (1969-1970), che al suo arrivo proclamò addirittura di voler fare del giornale il “Le Monde” italiano, ma venne malamente cacciato solo un anno più tardi. La proprietà non riteneva, evidentemente, che una seppur cauta critica politica rientrasse nella linea editoriale del “Gazzettino”; così negli anni Settanta nessuno mise più in discussione la fedeltà del quotidiano alla Democrazia cristiana.

Nel 1977, intanto, un significativo segno dei tempi: il “Gazzettino” lascia Palazzo Faccanon per trasferirsi a Mestre, in via Torino. Per Venezia è un fatto a suo modo epocale, sintomatico dell’esodo di popolazione e di funzioni urbane dal centro storico. Nel 1983 l’“Editoriale San Marco” (coinvolta tra l’altro nello scandalo del Banco Ambrosiano e nel caso Calvi) cede, dopo più di quarant’anni, la testata ad una nuova società, la SEP (Società Editrice Padana), costituita da un gruppo di industriali veneti e presieduta da Luigino Rossi, imprenditore calzaturiero della Riviera del Brenta. Il passaggio del “Gazzettino” dal partito cattolico di governo agli industriali avrà naturalmente effetti determinanti anche sulla linea editoriale del giornale. Dopo la breve direzione di Gustavo Selva (1983-1984), è la lunga era di Giorgio Lago (1984-1992) a segnare decisamente la svolta: il giornale dà ora voce alle sempre più diffuse critiche alla politica e alle istituzioni, alle recriminazioni del Veneto e alle richieste di autonomia. Pur non mancando qualche critica al partito di Bossi, l’attenzione è tutta concentrata sul fenomeno Liga/Lega; il giornale si impegna apertamente nelle campagne per il federalismo e, soprattutto, gioca un ruolo fondamentale nell’“invenzione” del Nordest, con i suoi risvolti autocelebrativi e mitizzanti. (1)

(1) Iveser. Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea. http://www.unsecolodicartavenezia.it/archivio/view/schede/c583.html

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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