Laboratorio di vetri e smalti Salviati Antonio, a San Vio, nel Sestiere di Dorsoduro

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Palazzo Barbaro Salviati a San Vio - Sestiere di Dorsoduro

Laboratorio di vetri e smalti Salviati Antonio, a San Vio, nel Sestiere di Dorsoduro

Nel 1859 Antonio Salviati fondava a Venezia, sul Canal Grande a San Vio, un laboratorio di mosaici, affidandone la direzione artistica a Enrico Podio, e utilizzando gli malti prodotti dalla ditta di Lorenzo Radi. Nella prima metà del 1866 il Salviati impiantava a Murano, nel Palazzo da Mula, una fornace di vetri soffiati e di vetri di filigrana. Solo alcuni mesi dopo, e precisamente il 21 dicembre del 1866, egli riuscì a costituire una società con capitali prevalentemente inglesi, denominata “The Venice and Murano Glass and Mosaic Conpany Salviati & C.“.

La società trasferiva nel 1867 la fornace di vetri da Palazzo da Mula in vasti locali situati in Rio dei Vetrai (sempre a Murano) e inoltre impiantava una fabbrica di smalti per mosaici. La società possedeva (1872), oltre alle fornaci anzidette, lo stabilimento a San Vio, dove si trovavano i laboratori di mosaici e di pittura e doratura su vetro. Nell’agosto del 1877 il Salviati si staccò dalla società, che continuava l’attività a San Vio, impiantando a San Polo il laboratorio di mosaici e a Murano, nello stesso Rio dei Vetrai, due fornaci per conto proprio. Nel 1903 la ditta si ricostituì con il nome di “Eredi Dr. A. Salviati e C.” a San Gregorio sotto la guida del figlio di Antonio Salviati e di Maurizio Camerino che, nel 1920, ne divenne unico proprietario. Nel 1924 vennero apportate alcune modifiche allo stabilimento di San Vio. (1)

(1) Venezia, città industriale. Gli insediamenti produttivi del 19° secolo. Marsilio Editori 1980

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Palazzo Salviati Barbaro a San Vio, mosaico di Palazzo Salviati Barbaro a San Vio, Palazzo Salviati a San Gregorio, mosaico di Palazzo Salviati Barbaro a San Vio, mosaico di Palazzo Salviati Barbaro a San Vio, mosaico di Palazzo Salviati Barbaro a San Vio, Palazzo Salviati a San Gregorio.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

2 Commenti

  1. I cartoni tizianeschi per i mosaici della Ditta Salviati di Venezia.

    In un opuscolo pubblicato nel 1871 si legge: “Quest’arte che Venezia, imperatrice delle acque, avea rapita ai ricchi splendori orientali: quest’arte che bizantini mestri aveano esercitata ne’veneti vetrificii e che poi mano mano si accrebbe, si perfezionò, s’ingentilì tra le mani dei Vivarini, dei Tiziano, dei Paolo Veronese, dei Tintoretto e di tutti quei sommi, pei quali par che il sole rifulgesse d’una luce più pura e più viva che non per tutti gli uomini, tanto essi fissarono lo sguardo in un sfolgoreggiar di colori a tutti sconosciuto: l’arte, vogliamo intendere, del mosaico, che fiorì dal XII al XVIII secolo, parve caduta e morta, con tante altre bellezze, con tante altre grandezze italiane”. (1)

    Il Salviati l’ha fatta rivivere in tutto il suo splendore antico, renduto più vivo, più stabile, più agevole mercè l’uso di processi e di applicazioni nuove.

    Il ritorno al passato e la rinascita dell’arte dei vetri sono dovuti al Salviati che diede e consacrò tutto se stesso per richiamare in vita quel ramo di industria vetraria, che fu destinata a far epoca nella storia industriale di Venezia. Questo “illustre artigiano” si avvalse della collaborazione di Giulio Carlini (Venezia 1826 – ivi 1887) che nel 1875 eseguì per lui i grandi cartoni tizianeschi sulla facciata del palazzo Barbarigo, sede della Compagnia Venezia-Murano. Abbiamo la possibilità di ammirare ancora oggi queste preziose opere rappresentati: Carlo V nello studio di Tiziano, Enrico III in una vetreria di Murano. (2)

    1) Salviati, Antonio. Vetri e mosaici del Dr Salviati all’Esposizione Internazionale Marittima di Napoli, Tip. del Giornale di Napoli, Vico Freddo alla Pignasecca, 1 e 2, 1871, Napoli, pp8-9

    2) Enrica Debertolis, Giulio Carlini 1826 – 1887, tesi di Laurea Università degli Studi di Padova, Anno Accademico 1992-93, relatrice dott.ssa Giuseppina Dal Canton

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