La giustizia a Venezia: le Prigioni Vecchie

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Interno del pianterreno di Palazzo Ducale, lato verso il Molo

La giustizia a Venezia: le Prigioni Vecchie

Le Prigioni Vecchie occupavano il pianterreno del Palazzo Ducale ai lati della Porta del Frumento verso il Molo (dove oggi i trova la biglietteria e l’ingresso per i visitatori). Vennero costruite all’inizio del Trecento, ampliando altre carceri preesistenti e trasformando alcune abitazioni date in uso ai Gastaldi ducali. Queste carceri erano costituite da locali suddivisi in piccole celle, alcune di queste ulteriormente suddivise con dei soppalchi. Tutte avevano un nome, a sinistra della Porta del Frumento (guardando il palazzo) si trovavano: le prigioni delle Donne (dopo le scuderie ducali), la Nuovissima (l’ultima costruita in ordine di tempo), la Mula, la Trona, i Camerotti dei Signori di Notte, la Malpaga, la Liona, e la Lionessa, a destra della porta: la Chiesetta (per i condannati alla pena capitale), la Valiera, la Forte o Orba (che non riceveva luce), la Mocina, l’Armamento, la Giustiniana, la Schiava, la Galiota, la Fresca Zoia, la Gradonia, e la Catolda.

Non era certamente facile la vita in queste prigioni, molti vi morivano durante la detenzione, tuttavia il governo della Serenissima aveva predisposto alcune provvidenze per limitare le sofferenze dei carcerati: i detenuti non erano gravati di catene e potevano uscire nei corridoi; i carcerati per debiti erano separati dai ladri e dagli omicidi; il loro numero veniva ridotto durante la stagione estiva; si permetteva l’uso del vino, e si ordinava di farne l’acquisto (per conto del prigionieri) ne luoghi migliori, affinché potessero i carcerati essere bene serviti, così come il pane che si curava fosse eseguito senza frodi e si stabiliva per questo che fosse corrisposto dai pubblici forni; erano provveduti di grosse schiavine (coperte di lana ruvida), affinché non patissero freddo la notte; venivano visitati una volta al mese, per obbligo, dai capi del Consiglio dei Dieci e successivamente da sei confratelli della pia congregazione per la liberazione e soccorso del prigionieri, per rilevare i bisogni dei miseri sostenuti, e provvederli di quanto fosse trovato loro giustamente necessario. Il Maggior Consiglio con varie parti, rinnovate di tempo in tempo, fra cui li 19 marzo 1551, a far sì che sempre più i carcerati venissero assistiti dalla carità cittadina, ordinò ai pubblici Notai, sotto debito di sacramento e sotto pena della privazione dell’officio loro, di ricordare ai testatori i poveri prigionieri, disposizione codesta, che quantunque riguardasse i soli carcerati per debiti civili, pure giova a rilevare il pietoso adoperarsi del Governo per il bene di quegli infelici carcerati.

Con parte presa nel Consiglio dei Dieci li 7 aprile 1564, nella quale, considerandosi l’accresciuto numero de sostenuti nelle carceri, e veduto che per la moltitudine giacente in ogni prigione si infettava l’aere, sicché se ne ingenerava il contagio e quindi la morte di parecchi di quegl’infelici, si ordinava lo stabilimento di una infermeria, come l’uso del monasteri, e si commetteva agli Avvogadori di Comune di far pulire, profumare ed asperger d’aceto generoso tutte le prigioni, volendo anche che tale opera e cura si rinnovasse ogni anno prima della ricorrenza delle feste pasquali, cioè al principiare della calda stagione.

Il fatto seguente, accaduto nel 1407, cioè prima che si fosse statuito lo stabilimento della infermeria entro le carceri, mostra da ultimo, luminosamente la pietà del Senato verso i prigioni malati. In una delle carceri al pian terreno del Palazzo Ducale, rimpetto al Ponte de la Pagia, vale a dire in quella appellata Galiota, languiva infermo un Pietro Pisani, ed abbisognava di frequenti soccorsi e conforti della famiglia. Doveva però questa passare per altre carceri ed altri luoghi ove moltitudine di gente si trovava raccolta, il che era specialmente sconcio e indecoroso per la moglie e le altre donne. Ciò considerando il Maggior Consiglio, ordinava l’11 novembre dell’anno citato, che si aprisse appositamente altra porta nel muro per la quale si potesse avere accesso direttamente al carcere del Pisani, e con le debite cautele per quella s’introducesse la sua famiglia, a cui spese doveva essere poi di nuovo murata, cessato il bisogno.

Oltre a queste prigioni ve ne era un’altra, chiamata la Torresella, situata al piano delle Logge e al II piano all’angolo verso il Ponte de la Pagia, giudicata più mite e salubre delle altre, era il luogo di detenzione delle persone di maggior riguardo. Probabilmente la parte più vecchia delle prigioni, situata in una delle quattro torri che una volta esistevano ai quattro angoli del Palazzo Ducale, venne demolita nel 1552, oggi ne rimane qualche traccia in prossimità delle Sale d’Armi. (1)

(1) FRANCESCO ZANOTTO. Il Palazzo Ducale di Venezia vol. I (Venezia, 1842)

Esterno e interno del pianterreno di Palazzo Ducale verso il Molo, e interni del Museo dell’Opera.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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