“Cavar la bala d’oro”, nel giorno di Santa Barbara

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1773
Giovanni Grevembroch. Gli abiti de Veneziani di quasi ogni età con diligenza raccolti e dipinti nel secolo XVIII. Nobili alla malvasia dopo l'estrazione della "bala d'oro"

“Cavar la bala d’oro”, nel giorno di Santa Barbara

Uno fra i requisiti per entrare in Maggior Consiglio, oltre a quelli nobiliari, era l’età che doveva essere di anni venticinque, ed allora solo il giovane patrizio metteva la “vesta a strascico“, a somiglianza della toga virile degli antichi romani, ed era presentato a Palazzo da quattro nobili chiamati “compari“, dopo udita la messa e fatta la comunione.

Era però consuetudine che trenta giovani patrizi, anche non avendo l’età stabilita, fossero ammessi in via straordinaria ogni anno, per sorteggio concorrevano tutti i nobili ventenni inscritti nell’Ufficio dell’Avogaria di Comun, che aveva anche le funzioni di magistrato araldico della Repubblica. Per essere eletti occorreva che estraessero dal sacchetto le palle d’oro o dorate che si trovavano fra quelle nere.

Il 4 dicembre, festa di Santa Barbara, era il giorno stabilito per la cerimonia. Fra i concorrenti del 1538 vi era il giovane Marco Antonio Barbaro, figlio di quel Francesco che per tre anni sostenne contro il Piccinino l’assedio di Brescia, e di Elena Pisani una fra le più belle gentildonne della Serenissima.

Molta folla era accorsa in Piazza per vedere il passaggio dei concorrenti accompagnati dai congiunti e dagli amici, e tra la folla c’era anche, narra il “sumario di Cronicha” della raccolta Cicogna, tale Nicoletto Zambonetti, “homo di zercha 50 anni vestito de verde“, il quale con grandi inchini augurava ai giovani nobili “de cavar bala d’oro“, ed intanto i soldi gli piovevano nel sacchetto appeso a un bastoncino.

La funzione in quell’anno si faceva nella sacrestia della chiesa di San Marco tutta parata a festa, e vi erano gli Avogadori di Comun, i Capi della Quarantia, parecchi Senatori e sopra apposito tavolo il grande “bussolotto” con entro tante palle nere quanti erano i concorrenti più le trenta palle d’oro che aprivano le porte del Maggior Consiglio.

Il Barbaro, quando fu chiamato dal segretario degli Avogadori, si avanzò commosso verso il tavolo, mise la mano nel “bussolotto“, e dopo un breve istante di esitanza la ritrasse tenendo stretta una palla, un bisbiglio quasi di applauso si sparse per la sacrestia: era una palla d’oro.

Finita la cerimonia i favoriti da Santa Barbara erano condotti, quasi in processione, dalla Corte del Palazzo alla malvasia in calle del Ridotto dove era tutto sontuosamente preparato, e tra i brindisi e gli “strambotti” si beveva allegramente. Verso vespero la festa era terminata.

La frase “cavar la bala d’oro” divenne uno fra i più noti proverbi veneziani e significava avere avuto una grande fortuna. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 18 febbraio 1934

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FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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