Alvise II Mocenigo. Doge CX. – Anni 1700-1709

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Sala dello Scrutinio. Gregorio Lazzarini. Ritratto di Alvise II Mocenigo

Alvise II Mocenigo. Doge CX. — Anni 1700-1709 (a)

Non avendo piaciuto ai nobili la solenne coronazione della dogaressa Elisabetta Quirini-Valiero, che, come a suo luogo dicemmo, si era fatta, in onta al decreto del 1646 che l’aboliva; in sede vacante, vale a dire, il 13 luglio 1700, si decretava che per l’avvenire fosse vietato severamente alla moglie del doge non solo la coronazione, ma l’uso anche del berretto ducale, e di ricevere ambasciatori. Tre giorni dopo la promulgazione di quel decreto si eleggeva a capo dello Stato Alvise Mocenigo, doge II di cotal nome.

La massima presa dalla Repubblica di rimanere neutrale nella guerra rottasi fra l’imperatore ed il re di Francia per la successione al trono di Spagna, se da un lato lasciava tranquilla la capitale, dall’altro teneva occupata grandemente la vigilanza e la politica del Senato, onde non venissero valicati i confini del veneto Stato dalle truppe belligeranti, ed il Golfo non fosse corso da legni fra loro nemici.

E’ di vero, calati gli eserciti dalla Germania e dalla Francia in Italia a combattere sui campi della Lombardia, gli imperiali, per invadere il Milanese, senz’altro passarono per il Vicentino e per il Veronese; e da qui ne nacquero le forti rimostranze della Repubblica alle corti di Vienna e di Parigi; da qui lo scorrazzare continuo delle due armate nel territorio di Verona ; da qui lo approvvigionarsi loro nel Veneto, senza soddisfare o mal soddisfare il tolto; da qui le continue querele di Tedeschi e Francesi verso la Repubblica, accusandola, quando gli uni e quando gli altri, di connivenza con la parte avversa. Aggiuntasi a ciò tutto le scorrerie per il Golfo di legni austriaci, impiegati nel tragittare genti e viveri da un luogo all’altro, e l’apparizione, per impedirle, di una squadra francese. A por argine possibilmente a coteste dannose licenze, ordinava risolutamente il Senato il munimento dei luoghi chiusi, onde ostare ai contendenti l’ingresso; metteva in piedi buon nerbo di genti, da porre in grado il provveditore generale di terraferma Gian Domenico Tiepolo, di usare la forza per repulsare dallo Stato le due osti rivali; comandava al provveditore generale in Dalmazia di uscire in Golfo colla squadra, anche per punire i pirati uscocchi, che, preso il destro, tornavano a molestare il commercio: e puniti infatti venivano sollecitamente, con la presa del principale loro legno; sicché castigati con molto rigore i cattivi, valse cotale esempio a contenerli.

Erano cosi le cose, quando il doge Alvise Mocenigo II veniva a morte il 6 maggio 1709, ed era sepolto nella chiesa di Santo Eustachio (2), e nei funerali fatti il 13 del mese stesso nel tempio dei Santi Giovanni e Paolo diceva le sue lodi Giovanni Palazzi, vicario ducale e pievano di Santa Maria Mater Domini, posteriormente pubblicate.

La guerra che ardeva in tutta l’Europa, durante il suo ducato, sia per una che per altra cagione, giacché come Francia e Germania, erano afflitte da quest’alta sciagura degli umani, anche Spagna, Fiandra, Olanda, Inghilterra, Ungheria, Moscovia; per la saggia determinazione della Repubblica di rimanere neutrale in mezzo a tante lotte, Venezia sola godeva profondissima pace ; sicché qui era, come in sua sede, il piacere. Quindi, venuto nella capitale nel 1709 Federico IV re di Danimarca, con tali e tante feste fu accolto da renderlo stupefatto della magnificenza e cordialità veneziana. Ed appunto perché la quiete lasciava modo d’intendere alla buona amministrazione della pubblica cosa, si crearono nuove magistrature, ed altre già esistenti si regolarono. Quindi nel 1700, a cagione dello scemato commercio, furono ridotti a soli tre i consoli dei mercanti. Nel 1704, si elessero cinque nobili per correggere i disordini del foro, e per mettere buona regola alla giustizia distributiva. Nel 1707, fu creato un Inquisitore sopra le arti e viveri, con l’autorità, rito e segretezza del Senato medesimo contro i delitti commessi in ogni genere di commestibili. Finalmente, l’anno dopo, il Senato ordinò, che oltre li tre nobili aggiunti precedentemente al magistrato dei cinque savi alla mercanzia, altri due se ne eleggessero dal corpo del Senato stesso, col titolo di Deputati al commercio, affine di migliorare il commercio del Levante, ripristinare quello di Ponente, promuovere le manifatture della dominante, facilitare lo smercio il più vantaggioso dei prodotti nazionali, e finalmente di esaminare le materie tutte riguardanti il traffico. Questa magistratura durò fino al 1756. Anche la città fu decorata con nuove fabbriche. Nel 1700 si rifabbricò di pianta la chiesa di San Vitale, coi disegni di Andrea Tirali. Nel 1705 s’innalzava la chiesa di Santa Maria della Consolazione detta della Fava colle seste dell’architetto Antonio Gaspari.  L’ anno appresso si murò la fronte dell’altra chiesa di San Canciano, per lascito fatto da Michele Tommasi, ed si elevava la chiesa ed il conservatorio di Santa Maria delle Penitenti.  Notiamo da ultimo, due fatti straordinari occorsi di questi tempi; vale a dire, il fuoco che arse il di 28 settembre 1705, da cui rimasero consunti la chiesa ed il cenobio di San Girolamo; ed il freddo intenso da gelare siffattamente le lagune, che dal 6 al 24 gennaio 1709 si trasportavano i viveri sopra carri dalla Terraferma alla città. Tale sido fu fatale anche a tutta la Europa, e massime in Francia, nella quale perirono tutti gli alberi fruttiferi; i tronchi, le pietre stesse dal gelo si fendevano, i fiumi agghiacciando impedivano il commercio e le comunicazioni, i tribunali stessi e i teatri rimanevano chiusi; in una parola, gli affari tutti erano sospesi, come fosse morta la natura.

Il ritratto del Mocenigo è lavorato da Gregorio Lazzarini, e sul campo è scritto :

ALOYSIVS DE MOCENICA GENTE DVX QVINTVS. (1)

(a) Luigi od Alvise Mocenigo, VIII di questo nome nella sua famiglia, nacque nel 1626 da Luigi od Alvise I, q. Tommaso. Sostenute varie magistrature, fu eletto senatore, e nel 1684, passò a reggere Padova come podestà. Le sue molte e luminose virtù, tra cui la religione, la giustizia, l’umanità, la umiltà, la beneficenza, gli appianarono la via del trono, a cui fu assunto il dì 16 luglio 1700, come dicemmo. Nella orazione funebre scritta contemporaneamente a quella già rammentata del Palazzi, da Leonardo Rimetti Somasco, son rilevati i meriti grandi di questo principe equo, e massime la sua religiosa munificenza; tra cui fu di avere ordinato che col suo oro si erigesse la facciata della chiesa di Santo Eustachio, compiuta tutta di marmo istriano dopo la sua morte, col disegno di Giovanni Grassi, venuto a concorso con Lorenzo Boschetti e Gian Jacopo Gaspari.

(b) La modestia e la religione del Mocenigo spiccano anche nell’ umile tomba che egli si preparò nella chiesa ora detta di Santo Eustachio, nella cui contrada abitava prima di esser doge. Un semplice sigillo nel mezzo del tempio copre i suoi resti mortali, e scolpita si legge questa dimessa inscrizione:

NOMEN ET CINERES VNA CVM VANITATE SEPVLTA

(1) Il Palazzo Ducale di Venezia Volume IV. Francesco Zanotto. Venezia MDCCCLXI

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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