La Festa di Sant’Isidoro e la visita del Doge alla Chiesa di San Geminiano, nella Domenica in Albis

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Giovanni Antonio Canal detto Canaletto (Venezia 1697 - 1768) . Piazza San Marco verso la Chiesa di San Geminiano (particolare). Foto dalla rete

La Festa di Sant’Isidoro e la visita del Doge alla Chiesa di San Geminiano, nella Domenica in Albis

Nei due ultimi secoli della Repubblica, la Domenica in Albis, la famosa domenica in cui gli antichi cristiani battezzavano i catecumeni bianco vestiti, era una delle giornate più faticose per il Serenissimo e per la Signoria: in quel giorno si commemoravano quattro vicende storiche, alle quali si aggiungevano le cerimonie religiose, ben sapendo quale influenza avessero le solenni funzioni sacre sulla popolazione, specialmente del popolo.

Fin dalle prime ore del mattino le campane di San Marco suonavano a festa e una grande folla si riversava in Piazza allietata dal sole primaverile e giuliva per le cerimonie che, per consuetudine antica, prometteva quel giorno; prima la festa di Sant’Isidoro, uno dei primi protettori della città, la cui salma veniva trasportata da Chio nel 1125 dal doge Domenico Michiel; poi la processione in memoria della congiura di Marino Falier scoperta e punita nel giorno di Sant’Isidoro; la visita alla chiesa di San Geminiano voluta dal pontefice Adriano IV nel 1156 in seguito di penitenza, e infine nel pomeriggio l’andata alla chiesa della Carità, dove papa Alessandro III aveva stabilita la grande indulgenza plenaria.

Verso terza il principe scendeva dai suoi appartamenti e incontrata la Signoria, gli ambasciatori e le maggiori autorità repubblicane nella vasta sala del Senato, si recava in chiesa San Marco ad ascoltare la messa solenne detta dal Primicerio, messa votiva che di anno in anno ricordava il martire Isidoro, recato a Venezia dal doge Domenico Michiel, riposto nella Basilica marciana, dimenticato per quasi due secoli e soltanto dal serenissimo Andrea Dandolo dedicatagli la Cappella di Sant’Isidoro, la cui costruzione veniva compiuta ai tempi di Giovanni Gradenigo nel 1355, proclamando il santo uno dei protettori della Dominante.

Finita la messa, cominciava la processione con tutte le scuole grandi e le confraternite minori, processione di ringraziamento per la scoperta della congiura di Marin Falierdecapitati pro criminibus“. La lunga e ricca processione usciva dalla chiesa preceduta dalle solite trombe d’argento e dai gonfaloni ducali, faceva il giro di tutta la piazza al suono festoso della campane e particolare curioso i “comandadori” del doge, specie di uscieri dogali, vestiti di nero con mantellina azzurra, recavano ciascuno una torcia rovesciata a ricordo della morte del doge congiurato e ammonimento ai dogi futuri di non mai considerarsi come signori di Venezia, ma soltanto capi titolari di una Repubblica alla quale apparteneva la vera e propria sovranità.

A processione terminata cominciava la terza cerimonia; la visita alla Chiesa San Geminiano. Nel 1156 quando si volle ampliare la Piazza di San Marco, s’interrò il canale Batario che scorreva per mezzo e sulle cui sponde si alzava la piccola chiesa di San Geminiano che venne demolita e ricostruita più in fondo, verso la chiesa dell’Ascensione. Il lavoro venne compiuto senza informarne il pontefice e Adriano IV, toccato nella sua suscettibilità, si lamentò assai, e minacciò la scomunica.

Maneggiossi l’affare” e si venne a patti; il doge e tutti i suoi successori dovevano nella Domenica in Albis visitare la chiesa accolti dal pievano “in gran vestito sacerdotale“. Baciata la tavoletta sacra “della Pace“, il doge ascoltava la messa cantata dai musici della Cappella Ducale e per penitenza, in ginocchio sul primo gradino dell’altare maggiore rispondeva alla messa fino “al Confiteor“, poi andava a sedersi sotto il magnifico baldacchino dorato.

Compiuto il santo sacrificio, il Serenissimo ritornava al suo Palazzo preceduto dal parroco a dai preti di San Geminiano e seguito dai canonici di San Marco, ma giunto il corteo dove prima s’innalzava la vecchia chiesa, il parroco si fermava e ricordava al doge la cagione di quella visita e l’obbligo di rinnovare ogni anno e il doge sorridendo rispondeva: “Sarà fato come la dise!“.

Così finiva quella movimentata mattina: due messe solenni, una processione, un corteo e ancora la giornata non era terminata poiché verso vespero i peatoni ducali trasportavano il doge alla chiesa della Carità per l’indulgenza plenaria.

In antico le due prime funzioni si facevano nel giorno di Sant’Isidoro, il 16 aprile, ma nei due ultimi secoli si trasportavano nella Domenica in Albis che divenne una tra le più faticose giornate del Serenissimo. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 3 aprile 1932.

Luca Carlevarijs. Le fabriche e vedute di Venezia. Chiesa di San Geminiano, Chiesa di Santa Maria della Caritò, Basilica di San Marco. Da www.Internetculturale.it

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