La tentazione dei pellegrini, “et loro saldi come marmori”

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Giandomenico Tiepolo. Il Minuetto. Museo del Louvre Parigi

La tentazione dei pellegrini, “et loro saldi come marmori”

il 16 febbraio 1530, Giovedì grasso, in Piazza San Marco era stato costruito un grandissimo palco in legno per la “festa bella di quel zorno“. Alla mattina ebbero luogo il solito spettacolo della uccisione del toro e dei dodici maiali in memoria della vittoria di Aquileia avvenuta nel 1162: nel dopo pranzo i trombetti dei “comandadori” annunciarono la grande “momaria” fatta da ser Pelegrin, uno specialista in quel genere di pantomime tanto care al popolo veneziano.

E così, mentre la piazza era gremita di gente, cominciarono verso vespero a suonar le campane di San Marco, e sul Palco comparvero sei pellegrini con le cappe lunghe e il tradizionale bordone in mano “qualli andavano attorno per il soler meravigliandosi in veder tanta zente et tanto spetaculo“. Quasi spaventati si misero in un angolo a pregare e venne allora un diavolo accompagnato da una giovane formosa, la Catina Scala meretrice di San Stae, in succinta gonnella e cominciò a ballare “et loro saldi“; la donna si tolse la mantelletta che le copriva le spalle ed apparve in corpettino scollato e a braccia nude “et loro pur saldi“; civettando ed allettando con le movenze e con gli sguardi non riuscì a nulla: i sei pellegrini stavano sempre “saldi come marmori“.

Intervenne il diavolo: “sul soler vene alor una careta tirada da cavalli vivi et vilani drio che cantavano et sopra la careta era cinque ninfe, la Carpesana (da Carpi), la Padovana, la Ferrarese et altre due, et i pelegrini non poteno star più saldi, butono via li habiti et balono con le donne con li bordoni in man“. La folla proruppe in applausi, commentando satiricamente che la virtù dei sei pellegrini era stata salda contro una, ma non contro sei donne. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 18 marzo 1926.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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