La famiglia e il palazzo Farsetti a San Luca, nel Sestiere di San Marco

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Palazzo Dandolo Farsetti in Riva del Cabon a San Luca, nel Sestiere di San Marco

La famiglia e il palazzo Farsetti a San Luca, nel Sestiere di San Marco

Fu eretto nel principio del secolo dodicesimo dall’antica famiglia Dandolo e secondo il cronista Magno aveva allora la facciata principale verso il campanile della chiesa di San Luca. In questo palazzo abitò il doge Andrea Dandolo prima di venire eletto al Dogado, ospitò Rodolfo duca d’Austria nel 1361 e alla fine del Quattrocento minacciando rovina fu ricostruito con la facciata verso il Canal grande, conservando però il caratteristico aspetto dei palazzi veneti bizantini dei primi due secoli dopo il mille.

Venduto dai Dandolo verso il tramonto del Cinquecento, passò di proprietà in proprietà finché venne acquistato dai Farsetti, ricca famiglia venuta dalla Toscana e assunta al patriziato nel 1664 con la solita offerta dei centomila ducati a favore della guerra di Candia.

Il palazzo prese allora il nome di ca’ Farsetti ed ebbe nuovi e preziosi abbellimenti poiché l’abate sier Filippo Farsetti che aveva nei suoi numerosi viaggi attraversato l’Italia e la Grecia raccolte le plastiche delle più celebri statue, riuniva negli ampi saloni del suo palazzo le copie in gesso permettendo ad ogni studioso d’arte di poterle copiare. La famiglia Farsetti era non solo famiglia di mecenati ma di veri artisti: Tomaso Giuseppe scriveva elegantemente in prosa e in verso; Filippo aveva speso oltre un milione di ducati d’argento nella sua villa di Sala ricca di marmi e di antiche sculture nei cui giardini crescevano tutte le piante più rare dei climi più diversi; Daniele era stato il fondatore della famosa accademia del “Granelleschi” il cui vanto fu quello di contribuire a tener vivo in Italia l’amore pei classici poeti; Elena Maria maritata a Michele Pisani componeva in versi ed era ottima musicista.

A Ca’ Farsetti, che poteva dirsi una superba e magnifica pinacoteca, iniziò i suoi primi studi il giovanetto Antonio Canova verso il 1770 componendo due “cestelli di frutta” in marmo, originariamente posti ad ornamento dello salone nel palazzo, ed oggi conservati nella sala Canoviana del nostro Museo Correr.

Nei mezzanini, quasi ogni sera, si raccoglievano i più bei nomi di allora: Gasparo e Carlo Gozzi, Daniele e Tomaso Farsetti, Luigi Querini, Bartolomeo Vitti, Bastian Crotta, Marco Foscarini, Giuseppe Baretti e altri insigni cultori di arte, di letteratura, di storia.

Ma degenerare di questa famiglia d’artisti fu il figlio di Daniele Farsetti e di Isabella Minotto, dedito al gioco, ai bagordi, alle spese pazze. Nel 1783 Antonio Francesco prendeva in moglie Andriana da Ponte, ma non cambiava tenore di vita e alla morte del padre avvenuta nel 1787 si trovò in tali angustie economiche da decidersi qualche mese dopo a chiudere la galleria con intenzione di vendere le sculture, le pitture e la biblioteca.

La Galleria Farsetti era veduta con orgoglio dai veneziani e a quella improvvisa chiusura, sapute le cattive intenzioni del proprietario, gli inquisitori di Stato mandarono al patrizio il terribile “Missier grandoCristoforo dei Cristofoli che così gli diceva “Selenza, son qua da parte de li Eccellentissimi Inquisitori, miei boni paroni, per avvertirla che un zorno o l’altro i vegnerà a visitar la so bella Galeria“. E fatto un bell’inchino il famoso “fante de’ Cai” si ritirava.

Antonio Francesco intese il latino e subito riaperse la ricca pinacoteca, ma dieci anni dopo, caduta la Repubblica, il patrizio vendette tutto e di quel tesoro artistico non rimasero a Venezia che alcune statue acquistate dall’Austria e regalate alla nostra Accademia di Belle Arti. Il Farsetti, ultimo rampollo della nobile famiglia, viaggiò per alcuni anni finché pieno di debiti, nel 1808 si uccise a Pietroburgo.

La vedova Andriana da Ponte acquistò allora il palazzo messo all’asta dai creditori e lo concesse per parecchi anni ad uso di albergo all’insegna della “Gran Bretagna” finché nel 1826 venne comperato dalla Congregazione Municipale della città che nell’anno seguente vi trasportava la sua sede dal Palazzo Ducale.

Così il palazzo Dandolo divenne Farsetti dalla splendida pinacoteca, albergo poi e infine Municipio di Venezia unitamente al palazzo Loredan, in origine Corner Piscopia. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 6 aprile 1930

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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