La famiglia e il palazzo Da Mosto, in contrada di San Canciano, nel Sestiere di Cannaregio

0
4261
Cà Da Mosto. Sestiere di Cannaregio

La famiglia e il palazzo Da Mosto, in contrada di San Canciano, nel Sestiere di Cannaregio

Qualche cronista scrive che la famiglia Da Mosto provenisse sa Padova, qualche altro da Oderzo, fatto è che, famiglia ricca e di buon lignaggio venne ascritta al patriziato veneziano nel 1245 come afferma un vecchio codice della nostra Marciana.

In quel tempo i Da Mosto possedevano il palazzo in Canal Grande dirimpetto alle “Fabbriche nuove di Rialto“, una delle più interessanti e caratteristiche case veneziane di tipo veneto bizantino pervenuta fino a ni, nonostante i rimaneggiamenti del piano a terra e l’aggiunta dei due piani superiori, adorna di capitelli, patere, cornici, rivestimenti marmorei pregevoli resto della primitiva antica abitazione.

A ca’ da Mosto al traghetto di santi Apostoli” nacque nel 1432 il famoso navigatore Alvise Da Mosto, carattere irrequieto, energico, avventuroso, il quale poco più che ventenne partiva da Venezia sulle galere che facevano il solito viaggio annuale di Fiandra, accompagnandosi al capitano della muta (flottiglia) il patrizio Marco Zeno della contrada dei Crociferi, più tardi dei Gesuiti. L’armatella per il forte vento contrario dovette riparare al Capo San Vincenzo dove dimorava alla “Villa do infante“, il principe ereditario del Portogallo, don Enrico figlio del re Giovanni primo, esperto nelle cose nautiche e nelle scienze astronomiche, le cui spedizioni lungo le coste occidentali dell’Africa gli avevano dato una buona rinomanza.

Qui Alvise Da Mosto conobbe il giovane principe: ambedue d’animo intraprendente si capirono subito, e il patrizio ritornato dal suo viaggio di Fiandra, entusiasta sempre più delle spedizioni africane dei Portoghesi, il 22 marzo 1455 partiva da San Vincenzo sopra una galera fornitagli dall’infante per raccomandazione del console veneziano Conti. Toccata Madera, passò alle Canarie, si spense più innanzi fino al Capo Bianco e al Senegal, poi incontrandosi con due caravelle, comandate dal genovese Usodimare, si univa a quelle, e insieme avanzarono fino alle foci del fiume Gambia, senza però poterlo risalire per l’opposizione degli indigeni e l’ammutinamento delle ciurme.

Ritornato il Da Mosto a San Vincenzo, l’anno appresso correva di nuovo in mare; scopriva le isole del Capo Verde, penetrava per un percorso di novanta miglia nel Rio Grande, ma non riuscendo a superare la violenza della corrente, volgeva la prora a settentrione e faceva ritorno in Portogallo.

Di queste spedizioni l’intrepido patrizio pubblicò un preciso racconto, testimone del merito del nostro navigatore, pregevole per copia di notizie sulle popolazioni, sui governi, sui prodotti, sui traffici, si delle coste marittime che di alcune regioni interne del continente africano, e di cui le posteriori scoperte hanno confermato le piena verità.

Sulle indicazioni di Alvise lavorò assai probabilmente il suo amico frate Mauro nel pacifico monastero di San Michele di Murano intorno al suo famoso planisfero, il più grande monumento della cosmografia di quei tempi, eseguito verso il 1460, e che forma ancora una delle principali ricchezze della nostra Marciana. Alvise fu il più celebre tra i discendenti dei Da Mosto, ma sembra, almeno con la scorta dei fatti, che nella seconda metà del cinquecento la nobile famiglia non avesse più la ricchezza di prima, poiché il palazzo avito, “la ca’ grande de il Mosto al traghetto di santi Apostoli” era venduta e aperta a pubblico albergo, e pare che fin d’allora la famiglia si fosse divisa tra i Da Mosto di San Pantalon e l’altro ramo di San Marcuola.

Il palazzo dei Da Mosto, allora nella parrocchia dei Santi Apostoli oggi in quella di San Canciano, divenne il famoso albergo del “Leon Bianco“, uno dei primi alberghi veneziani, celebre specialmente nel Settecento, per gli illustri personaggi che ospitò, per gli illustri personaggi che ospitò, tra i quali l’imperatore Giuseppe secondo, nelle sue due visite alla Dominante, e i principi ereditari di Russia sotto il nome di conti del Nord.

Nel 1716 nel nostro albergo avvenne un terribile fatto di sangue: due ufficiali del reggimento Schulemburg ivi alloggiati si offesero atrocemente e snudate le spade nel cortile caddero entrambi mortalmente feriti, il primo finì di vivere al pontile del traghetto, l’altro sotto il portico “qual va al ponte di santi Apostoli“.

Alla caduta della Repubblica, la famiglia patrizia dei Da Mosto, ramo San Pantalon, non aveva che due vecchi celibi che morirono qualche anno dopo, mentre il ramo di San Marcuola, quanto mai prolifico, contava ben venticinque maschi i cui discendenti vivono ancora. (1)

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 30 marzo 1933.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

Lascia una risposta

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.