L’iscrizione di Alvise Solta in Corte del Soldà, nel Sestiere di Castello

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Corte del Soldà, nel Sestiere di Castello

L’iscrizione di Alvise Solta in Corte del Soldà, nel Sestiere di Castello

Sulla fondamenta di fronte a San Giuseppe, poco lontano dal sito dove un tempo sorgeva la chiesa di San Nicolò di Castello, demolita dai democratici nel 1808, vi è la Corte del Soldà che ricorda la famiglia Dalle Cipiote, detta Solta, piccola isola della Dalmazia.

Nel 1540 un tale Alvise Solta era paron de nave e si era dato al commercio marittimo per gravi dispiaceri avuti dalla moglie, che gli era fuggita di casa con Nadal Lioni strazzariol in Calle Sporca a San Luca.

Alvise nei suoi viaggi tra Venezia, Dalmazia e le isole dell’Egeo aveva raggranellato una discreta fortuna, e ritornato a Venezia pensò, nel 1560, di fabbricare in questa corte, poco lontano dalla detta chiesa di San Nicolò, una casa bellissima che notificò ai dieci Savi nel 1565, dichiarando che “habitava dentro con tre fradelli con le famegie che si trobano tutti tra i fioi at fie, alle donne, alli omeni, che sono in tutte persone venti“.

Frattanto aveva saputo che la moglie infedele era morta, ma non volle perdonare, anzi, odiando tutte le donne, fece scolpire in pietra bianca sulla sua casa questa iscrizione che, dal latino tradotta in volgare, suona: Alvise Solta decreta. Il Re dello Olimpo diede a noi questa casa, non per meriti nostri, ma per sua bontà. Tu erede maschile dei Solta, vivi solo, ne con te goda alcuna donna. Nessuno ipotechi questa casa, nessuno la venda, Questi miei desideri siano leggi eterne.

Sembra che l’iscrizione facesse il suo effetto, poiché si trovano nella famiglia Solta pochissime donne, ma molti preti: nel 1580 un Matteo prete di San Nicolò, nel 1606 Alvise prete a Sant’Antonio, nel 1661 Marco parroco di San Biagio ed un Gasparo nel 1730 primicerio di Castello. La bizzarra iscrizione esiste tutt’ora. (1)

Questo il testo dell’iscrizione in latino:

ALOYSII SOLTAE DECRETVM
PRAEBVIT HAS AEDES NOBIS REGNATOR OLYMPI
NON MERITIS PROPRIIS SED BONITATE SVA
HERCVLEI SEXVS SOLTARVM VIVITO SOLVS
HAERES NEC TECUM GAVDET ULLA VENUS
PIGNORET HAS NVLLVS HAS VENDERE POSSIT
LEGIBVS AETERNIS HAEC MEA VOTA DICO
MDLX

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 17 marzo 1925.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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