Tre luoghi magici e nascosti di Venezia e altri posti fantastici, nei racconti di Hugo Pratt

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Ponte de Cà Widmann (Ponte de la Nostalgia per Hugo Pratt ) a San Canzian - Cannaregio

Tre luoghi magici e nascosti di Venezia e altri posti fantastici, nei racconti di Hugo Pratt

Hugo Pratt nelle sue fantastiche storie che vedono come protagonista Corto Maltese, cambia il nome di alcune corti e calli di Venezia per renderle ancora più suggestive e immaginarie, come: la Corte Sconta detta Arcana (Corte Botera ai Santi Giovanni e Paolo), il Ponte de la Nostalgia (Ponte de Cà Widmann a San Canzian), il Sottoportico dei Cattivi Pensieri (Sotoportego de l’Anzolo a San Martino di Castello), e il Campiello dell’Arabo d’Oro (Corte Rota a San Martino di Castello).

All’inizio del racconto “Corte Sconta detta Arcana” e alla fine della “Favola di Venezia“, Hugo Pratt scrive: “Ci sono a Venezia tre luoghi magici e nascosti. Uno in Calle de l’Amor dei Amici, un secondo vicino al Ponte de le Maravegie, il terzo in Calle dei Marrani, nei pressi di San Geremia in Ghetto Vecchio. Quando i veneziani sono stanchi delle autorità costituite, vanno in questi tre luoghi segreti e, aprendo le porte che stanno nel fondo di quelle corti, se ne vanno per sempre in posti bellissimi e in altre storie“.

Di questi luoghi magici e nascosti due toponimi esistono veramente; la Calle de l’Amor dei Amici e il Ponte de le Maravegie.

Calle de l’Amor dei Amici. Prima dell’interramento del Rio dei Nomboli (1818), esisteva un ponte in pietra che dalla Calle dei Saoneri si immetteva direttamente nella calle ora chiamata Calle de l’Amor dei Amici e in una casa privata. Nella seconda metà dell’Ottocento, dopo l’interramento del rio, la calle risultava nominata nelle Descrizioni della Contrada di San Tomà, come scriveva il Tassini, Calle dell’Amor, mentre il Combatti (nella Nuova planimetria della città di Venezia, 1846) la chiamava Calle degli Amici e il Quadri (nella Descrizione topografica della città di Venezia, 1844) metteva tutti d’accordo e la chiamava per esteso, Calle Amor degli Amici.

Giovanni Malgarotto, sul “Il Gazzettino” dell’11 gennaio 1925, tenta di fare una ipotesi ragionevole sull’origine del nome, egli scrive: Quando la contrada di San Tommaso Apostolo, volgarmente chiamata San Tomà, era parrocchia confinava dalla parte di San Pantaleone con il ponte della “Donna Onesta”, e dalla parte di San Polo con il ponte “Amor degli Amici”, ponte distrutto quando fu interrato il canale che attraversava l’attuale Rio Terà dei Nomboli. I nomi dati a quei due ponti limitrofi alla parrocchia avevano tra loro un ben stretto rapporto sfuggito a molti, ma ricordato da una vecchia cronaca della raccolta Cicogna ed accennato da quella del Caroldo. Al ponte di Donna Onesta abitava nel 1490 la famiglia di certo Battista spadaio, che aveva in moglie una Santina di Murano bellissima e fiorente popolana. Grande amico della famiglia era tal Zuane “bareter al rio dei Nomboli, atacco al ponte”. Nell’attigua calle dopo il ponte sorgeva il palazzo della famiglia cittadinesca Rizzo, ora chiamato Centanni, dove nacque Carlo Goldoni. Zuane “bareter” aveva osservato che quando nel pomeriggio passava l’amico suo Battista diretto a San Polo, dal palazzo usciva sempre Marchetto Rizzo che si avviava frettoloso dalla parte opposta verso il ponte limitrofo a San Pantaleone. Tra un discorso e l’altro raccontò la persistente coincidenza al Battista, e seppe da lui che ser Marchetto gli aveva ordinato un fusetto damascato, specie di pugnale, e che qualche volta si recava a casa sua per sapere dalla moglie a che punto era il lavoro. Ma a Zuane bareter vennero dei sospetti. Un giorno seguì il Rizzo, e lo vide entrare nella casa dello spadaio. Poco dopo intese delle grida; montò svelto le scale e giunse in tempo a vedere la Santina lottar disperatamente con il Rizzo che voleva usarle violenza. Zuane, acciecato dall’ira e dall’amor dell’amico, tolse il fusetto damascato che era sul tavolo e colpì il prepotente. La cronaca non dice se il Rizzo morisse, ma sembra di no, poiché il berrettaio fu condannato il 15 ottobre 1490 a soli sei mesi di bando, e fu da allora che gli abitanti della contrada, commossi del fatto, chiamarono il ponte dove abitava la donna Ponte della Donna Onesta e l’altro accanto alla bottega di Zuane bareter Ponte Amore degli Amici. (1)

Il demolito ponte e la calle si chiamavano però, alla fine del Seicento (Coronelli 1697), de le Cingane (zingare) o come di vede in un documento della Scuola Grande di San Rocco della seconda metà del Settecento (in Un’altra Venezia di Pietro Zucchetta), Ponte e Calle dei Singani (zingari). Nome che non rimanda purtroppo a rapporti di cordialità e di amicizia. Basti pensare che erano frequenti i decreti di espulsione contro gli zingari; nel 1558 un decreto vietava espressamente agli zingari di poter dimorare più di tre giorni in uno stesso luogo. Da ciò nacque il proverbio che dura anche oggidì tra i veneziani, e si applica a chiunque ha per costume di cambiare sovente dimora: “el sta tre zorni per logo come i cingani“.

Probabilmente la “Calle dei Cingani” venne rinominata “Calle de l’Amor dei Amici” dopo la realizzazione del Rio Terà dei Nomboli, sulla base di quanto raccontato dal Malgarotto, oppure ha ragione il Tassini quando scrive “ad onta delle fatte ricerche, non potemmo ritrovare l’origine di questo nome“.

Ponte de le Maravegie. Circa l’origine del nome attribuito al Ponte delle Maravegie (meraviglie), corrono due fantastiche tradizioni popolari, riportate dal Pullé nelle sue Annotazioni ai Canti pel popolo Veneziano del Foscarini.

Narra la prima che questo ponte fu così detto perché venne in una notte meravigliosamente edificato da mani ignote, essendo stati posti in uso quei materiali che il giorno innanzi erano stati colà preparati per dar principio all’opera.

Dice la seconda che in faccia al Ponte suddetto abitavano sette sorelle, sei delle quali belle, ed una brutta. Aveva incominciato a frequentare la loro casa un giovane barcajuolo, ma da quel momento in poi, di sano e robusto, era divenuto tanto ammalaticcio, e debole da non rimanergli forze sufficienti a cimentarsi in una prossima regata. Egli allora si credette ammaliato, ed il suo sospetto cadde sopra la settima sorella brutta chiamata Marina, che, quantunque volte lo vedeva, cercava di fuggirlo. Volendo adunque vendicarsi, ed avendo scelta una sera in cui, per essere il Venerdì Santo, il padre e le altre sorelle erano andate a visitare i sepolcri, si avviò verso la casa della Marina, ma, sbigottito per l’atto che andava a commettere, sostò prima per pochi minuti sul ponte; quand’ecco per la finestra vide la presunta maliarda inginocchiata d’innanzi ad un crocefisso, e nel punto medesimo, alzati gli occhi al cielo, notò sei stelle fiammeggianti, disposte a foggia di carro, con la ruota ed il timone, precedute da una settima piccola e fiocca. A mano a mano però le sei lucide perdevano splendore, e si faceva più bella la settima, finché le altre si dileguarono, ed essa rimase unica a rispondere nel cielo. La vista di lei che inginocchiata pregava, nonché il prodigio, che, per un arcano sentimento, gli sembrava aver relazione coi casi suoi, mutarono interamente l’animo del barcajuolo, o lo fecero entrare difilato in casa, ove, interrogata la Marina se era vero che l’aveva ammaliato, e che voleva farlo morire, questa piangendo gli manifestò il celato amore che per lui nutriva nel seno, e gli disse che in quel momento pregava Iddio di farla morire in di lui vece. Intenerissi il garzone a tal detti, e, siccome breve è il passaggio dalla compassione all’amore, anch’egli cominciò ben presto a corrispondere ai sentimenti della fanciulla, per cui, lasciati da parte i pensieri di morte, e riacquistata la salute, vinse la regata, ed ebbe la Marina in sposa. Da quel momento il ponte, sopra cui egli vide il prodigio delle sette stelle, ben a ragione si avrebbe chiamato delle Maravegie (meraviglie). (2)

Calle dei Marrani. L’unico toponimo di fantasia, e qui ritorniamo alla creatività di Hugo Pratt, è la Calle dei Marrani, che erano gli ebrei convertiti al cristianesimo, e che il disegnatore volle immaginare in Ghetto Vecchio nella contrada di San Geremia. Per chi conosce un po’ il Ghetto Vecchio sa che c’è un solo luogo un po’ appartato, rispetto a tutto il resto che non è altro che un larga calle e un campo, ed è la Calle e Corte de l’Orto, in effetti in fondo a questa calle c’è una strana porta murata, che sia questa una delle tre porte magiche dei veneziani?.

ConoscereVenezia

(1) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 11 gennaio 1925.

(2) Giuseppe Tassini. Curiosità Veneziane ovvero Origini delle denominazioni stradali di Venezia. (VENEZIA, Tipografia Grimaldo. 1872).

Dall’alto in basso, da sinistra a destra: Ponte de le Maravegie, Sotoportego de l’Anzolo a San Martino di Castello, Sotoportego de l’Anzolo a San Martino di Castello, Calle dalla Corte de l’Orto in Ghetto Vecchio, Corte Botera ai Santi Giovanni e Paolo, Corte Rota a San Martino di Castello, Calle dalla Corte de l’Orto in Ghetto Vecchio, Corte Botera ai Santi Giovanni e Paolo, Rio Terà dei Nomboli, Corte Rota a San Martino di Castello, Ponte Widmann a San Canzian.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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