Ponte de le Maravegie sul Rio de San Trovaso

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Ponte de le Maravegie sul Rio de San Trovaso - Dorsoduro

Ponte de le Maravegie sul Rio de San Trovaso. Fondamenta Toffetti – Fondamenta Priuli

Ponte in mattoni; struttura in mattoni e pietre, bande in ferro ad archi gotici sostenute da colonnine in pietra d’Istria. Su un fianco del ponte, al centro dell’arco, tre stemmi in pietra di Provveditori di Comun. (1)

Sul nome di questo ponte che unisce la parrocchia di Santa Maria del Rosario o dei Gesuati a quella dei Santi Gervasio e Protasio, comunemente chiamata San Trovaso, corrono tre interpretazioni, storica la prima, leggendarie le altre, tutte e tre appartenenti al Cinquecento, il secolo d’oro della Repubblica.

Attigua al ponte, nella casa d’angolo, costruzione archiacuta con patere e frammenti bizantini, abitava fin dal secolo decimoquinto la famiglia Maraviglia, una di quelle famiglie di cittadini originari che potevano adire agli uffici di cancelleria, e che Piero Maria Contarini chiamava “li zentilhomeni dil populo“, parificati in grado ai nobili di terraferma.

Verso la metà del Cinquecento vivava nella casa paterna un Giovanni Maraviglia, segretario del Senato, e fratello della bella Belisandra andata sposa nel 1564 a Pietro Albino, gran cancelliere di Cipro con residenza a Nicosia, capitale dell’isola sulla quale sventolava allora il gonfalone di San Marco. Ma nei primi giorni del mese di luglio del 1570, avendo i Turchi dichiarato guerra alla Serenissima, mossero con la loro poderosa flotta verso l’isola di Cipro e precisamente su Nicosia la capitale, “la chiave“, come scriveva il provveditore Nicolò Dandolo, per il possesso dell’intero regno che era stato un tempo di Caterina Cornaro.

Eroica fu la difesa della città da aprte dei Veneziani; combattendo da prodi morirono Piero Pisani, Bernardo Polani, Leonardo Ronconi, Pietro Albino; perduti i baluardi, le mura, ogni altra difesa, si combatteva ancora per le strade, dalle finestre, dai tetti, le donne stesse si erano unite ai difensori e fu lotta troce, accanita, ostinata, fra le più terribili che la storia ricordi. Nicosia fu presa dal numero dei nemici, non dal valore, e seguirono tutti gli orori della conquista, di brutture, di saccheggi di cui era maestra la ferocia turca.

La bella Belisandra Maraviglia nella difesa aveva combattuto da eronina: perduto il marito si era gettata nella mischia con furore novello, ma fatta prigioniera con altre compagne dallo stesso Mustafà era stata imbarcata sopra un nave ottomana. Ventimila furono i morti in quella strage tremenda e tremila i prigionieri; le navi nemiche vennero caricate di copsicue ricchezze, di schiavi cristiani, di tesori rubati. Ma Belisaria pensava alla vendetta, sacrificava se stessa volendola feroce; non vista s’avvicinò alla polveriera della nave dov’era imbarcata e vi accese il fuoco. Balzò in aria la nave e due altre con essa; un’ecatombe di turchi, quattrocento donne scomparse e il mare sommere ogni cosa; tesori e cadaveri.

Giunta a Venezia la notizia della perdita di Nicosia fu immenso il dolore, ma quel dolore apparve più fulgida la bella figura di Belisaria Maraviglia, e corse la sua fama tra il popolo, si narravano le sue imprese meravigliose, e fin d’allora quel ponte attiguo alla casa dove Belisandra era nata e cresciuta veniva chiamato delle “Meravegie” dal nome della famiglia e dalle gesta dell’eroina.

Questa la storia, le due tradizioni dicono altrimenti e furono riportate dal Pullé nelle sue annotazioni ai “canti del popolo Veneziano” del Foscarini.

Narra la prima che dovendosi costruire il ponte in pietra nella seconda metà del Cinquecento venivano trasportato sulla vicina fondamenta i materiali occorrenti per il lavoro, quando nella notte di un dicianove di giugno, festa dei Santi Gervasio e Protasio, il ponte venne costruito per opera miracolosa da mani ignote. “El xe un miracolo!” gridava il popolo e mentre il pievano di San Trovaso correva a benedire il ponte costruito in una sole notte la città lo battezzava per il ponte delle “Maravegie“.

Ma un’altra tradizione, fantastica quanto la prima, però di carattere prettamente veneziano, racconta che vicino al ponte, sulla Fondamenta Priuli, sorgeva nel 1560 una casetta ad un piano abitava da sette sorelle, sei delle quali belle “come el sol” ma la settima bruttina, chiamata Mariangela, piuttosto bruttina.

Frequantava la casa delle sorelle un tale Zuane, giovane barcaiuolo al traghetto della Carità, ma quasi all’improvviso il giovane da sano e robusto divenne debole e malaticcio, tanto che non c’era più da pensare a correre nella regata che di solito la Serenissima ordinava nel gran giorno della “Sensa“. Zuane credette ad una magia “strighesso“, e incolpò la settima sorella. Mariangela, che sfuggiva sempre quando lui arrivava in casa a visitar le sorelle.

Il brutto pensiero tanto tormentava Zuane che quasi pensò alla vendetta; una sera, era il Venerdì Santo, le sorelle di Mariangela eranp andate col padre a visitare i “sepolcri“, la fanciulla era sola in casa e il giovane barcaiuolo che lo sapeva si avviò verso la casetta per mettere in atto il suo progetto, ma di caratere buono, quasi pauroso, sostò sul ponte guardando l’abitazione delle sorelle e dalla finestra apperta, al fiocco chiarore di una lucernetta, vide Mariangela inginocchiata che sembrava pregare. Nello stesso tempo alzati gli occhi al cielo scorse sei stelle fiammeggianti, disposte a “carro“, ed una settimana piccola e scialba, ma mentre guardava, le sei ludice stelle perdeva il loro splendore e soltanto la piccola sempre più risplendeva di vivida luce.

Lentamente il giovane si diresse verso la casa della fanciulla, ed entrato le chiese: “Perché me hai strigato?” e l’altra piangendo confessò invece che l’amava e in quell’ora pregava Iddio di farla morire poiché brutta com’era non sperava più nulla. Commosso il barcaiuolo partiva gentilmente salutandola; lasciò i tristi pensieri, recuperò la salute, vinse la ragata e chiese Mariangela in sposa.

Il ponte, dal cui ripiano, Zuane vide il prodigio delle sette stelle e dove nacque il suo amore per colei che prima odiava, fu detto d’allora “el ponte delle Maravegie” poiché aveva proprio fatto meraviglie nel cuore di Zuane, il gondoliere vincitore della famosa ragata della “Sensa“.

Queste le fantastiche tradizioni, ma tutti gli autori che hanno scritto di cose veneziane parteggiavano, e a ragione, per il nome della famiglia Meraviglia che legava al ponte il ricordo, non di prodigi, ma di fatti gloriosi in difesa del nostro San Marco. (2)

(1) ConoscereVenezia

(2) Giovanni Malgarotto. IL GAZZETTINO, 29 giugno 1931.

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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