Parrocchia di San Canciano vulgo San Canzian

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1879
Chiesa di San Canciano

Parrocchia di San Canciano vulgo San Canzian

Nome della Località

Le contrade che si estendono dalla chiesa parrocchiale sino al margine della laguna rimpetto all’isola di Murano, occupano uno spazio chiamato Biri. Questo nome sembra proceduto dalla voce Barro che significa terreno paludoso ed incolto, quale appunto era quel fondo nei primi secoli di Venezia. Pare altresì che in questa situazione scorresse un canale detto Biria, da cui forse i dintorni presero la denominazione Biri. Antichi documenti fanno conoscere, che in quel circondario si distinguevano due riparti, cioè Biri grande, e Biri piccolo: mancano dati sicuri onde fissare la linea de loro confini, ma è verosimile, che il primo giacesse nella parrocchia di cui si parla, il secondo nel circondario attuale di quella dei Santi Giovanni e Paolo; e che quindi il canale o rio intitolato della Panada li separasse.

Chiesa

Fondazione S’ignora l’epoca della erezione di questa chiesa: vogliono alcuni che la innalzassero i profughi aquileiensi qui ricoverati al tempo delle invasioni barbariche, poiché San Canciano ed altri di lui compagni furono segnalati pel martirio in Aquileia sofferto. Altri la reputano edificata nel IX secolo od in quel torno. Certo è però, che rimonta a tempi molto lontani, poiché il Sabellico nel secolo XV scriveva, che sino d’allora minacciava rovina per vetustà. Fu poscia riedificata, e successivamente restaurata, e decorata anche nel secolo XVII; indi all’attuale moderna forma condotta nel 1761. La più antica memoria della sua consacrazione serbata, è del 20 maggio 1351, in cui la cerimonia si celebrò da Marco vescovo di Jesolo, con l’assistenza di altri due vescovi. Era allora pievano Luciano Zeno.

Parrocchia

Parimenti è ignota l’epoca della istituzione della parrocchia; ma deve risalire a remoti tempi, poiché sotto il pontificato di Alessandro IV, cioè intorno al 1254, dipendeva dal patriarca di Grado, il quale, per privilegio di quel Papa, aveva diritto di fregiarsi del pallio quando, in certi giorni solenni, celebrava i divini uffici in San Canciano, chiesa d’immediata sua dipendenza. Sappiamo ancora, che sino dal 1041 era amministrata dal sacerdote Celso col titolo di vicario, forse perché al sacro suo ministero destinavasi dal patriarca; e non essendo nominato dalla popolazione non aveva, come gli altri, il titolo di pievano.

Conviene infatti discendere all’anno 1295 per trovare un Nicolò Dolfin intitolato pievano, dal che pare essere stato egli il primo che così si chiamasse. Di questa parrocchia si allargò il circondario con la riforma del 1810: se ne staccò allora una frazione per unirla alla vicina dei Santi Apostoli; ma nel tempo stesso le si aggiunse, oltre qual che contrada di essa parrocchia dei Santi Apostoli, anche tutta quella di San Giovanni Grisostomo in quella circostanza soppressa, e alcune parti delle pure soppresse parrocchie di San Maria Nuova e di Santa Marina.

La parrocchiale giurisdizione si stende anche sulla vicina isola di San Cristoforo, ora cimitero; e siccome a mezzo di un istmo artificiale venne questa testé congiunta all’isola di San Michele di Murano, perciò attualmente, e per superiore risoluzione 19 aprile 1843, i diritti parrocchiali di San Canciano abbracciano anche quelle due isole ad una sola ridotte, del che parlerò più a lungo versando sul cimitero.

Chiese nel Circondario di questa Parrocchia attualmente ufficiate

San Giovanni Grisostomo. Sussidiaria. Su quell’area ove sorgono alcune case rimpetto alla chiesa di San Giovanni Grisostomo s’innalzò, fino dal 1080, a spese della famiglia Cattaneo, una chiesa a questo santo patriarca intitolata. Un incendio sviluppatosi nel 1475 in quella contrada, pose a grave pericolo di cadere anche la chiesa: quindi pochi anni appresso fu data mano alla sua riedificazione per cura particolarmente di Lodovico Talenti che ne era pievano; nella quale circostanza inveceché rialzarla sull’area della cadente chiesa, se ne gettarono le fondamenta nel sito propinquo ove presentemente si trova.

Soppressa nel 1810 la parrocchia, questo sacro edificio di venne chiesa sussidiaria di San Canciano. Il tempio, di mediocre dimensione, è di struttura molto elegante, si reputa opera di Tullio Lombardo, anno 1483. Scelte sculture e pitture lo adornano copiosamente; fra i dipinti è rinomata la tavola dell’altar maggiore, capo-lavoro di fra Sebastiano dal Piombo.

Chiesa di Santa Maria dei Miracoli. Oratorio Sacramentale. A Pietro Lombardo intorno al 1480 si attribuisce l’edificazione di questa chiesa: può essa chiamarsi un gioiello per la preziosità de marmi dei quali esternamente come internamente è intonacata, e più ancora per i finissimi alti, e bassi rilievi sculti nei marmi stessi. La gran vòlta del cielo che ricopre tutto il corpo dell’edificio, è divisa in 50 compartimenti, in ognuno dei quali Pier-Maria Pennacchi dipinse il busto di un santo.

Apparteneva la chiesa all’adiacente chiostro di monache francescane: soppressa la religiosa famiglia, divenne Oratorio dipendente dalla Parrocchia di San Canciano.

Chiesa di San Michele di Murano. È ufficiata da padri Riformati nel chiostro annessovi stabiliti, come vedremo in appresso.

Chiese secolarizzate

Santa Maria Muova. Si reputa costrutta nel 971 a spese della famiglia Borselli, e fu intitolata Santa Maria Assunta, constando da un documento del 1116 sottoscritto da Angelo Magno, essersi egli qualificato pievano di Santa Maria Assunta. Intorno alla metà del secolo XIII le venne sostituito il titolo di Santa Maria Nuova per distinguerla dall’altra, allora eretta, detta Santa Maria in Jerusalem, chiamata poi delle Vergini. Caduta per vetustà nel 1555, venne riedificata a cura del Sacerdote Nicolò Negri suddiacono titolare della chiesa medesima e sacrista della Ducale Basilica: si crede che in quella occasione Sansovino ne desse il modello.

Località meritevoli di particolare menzione

Ufficio della seta Alcuni tessitori di stoffe seriche emigrati da Lucca nel 1310 per le civili discordie di quel paese, e rifuggiti a Venezia, si stabilirono coi loro opifici nei dintorni di San Giovanni Grisostomo. Ivi appunto in una casa presso il sinistro lato della chiesa eressero l’aula delle loro adunanze; e sebbene convertito ora il locale ad usi privati, si conserva tuttavia scolpita nell’architrave della sua porta l’iscrizione: Provisores serici.

Inferiormente a questa, altra iscrizione, da poco tempo alla muraglia innestata, addita la vicina

Casa di Marco Polo Presso l’andito che mette nel Teatro Malibran, sorge una torre sostenuta da un arco adorno di rozze sculture del medio evo. Questa era l’abitazione, o almeno formava parte della casa abitata da Marco Polo. Egli fu celebre per le sue peregrinazioni nei paesi orientali, nei quali viaggiò per il lungo periodo di 26 anni, scorrendo su quelle terre per 120 gradi in latitudine, ed altrettanti in longitudine. Ebbe a compagni Nicolò suo padre, e il fratello Maffeo o Matteo: furono tutti e tre magnificamente accolti e trattati alle corti del Gran Kan de Tartari e di Cublai, e lautamente rimunerati.

Reduci a Venezia nel 1295, tanto avevano cambiato di maniere, di lingua, e di aspetto, che i parenti non potevano o non volevano riconoscerli; senonché dispiegate le preziose gemme celate nelle sdruscite loro vesti, vennero da tutti riconosciuti e onorati. Marco per quelle ricchezze fu intitolato Marco Milioni, e la corte adiacente alla sua abitazione si chiamò Corte Milioni, la quale sembra fosse quella medesima che ora porta il nome di Sabbionera.

Marco si distinse dappoi anche per servigi militari prestati alla patria, nel corso de quali, fatto prigioniero da genovesi alla battaglia di Curzola, e a Genova trasferito, dettò ivi la relazione dei suoi viaggi. Restituito per la pace a Venezia, prese moglie, da cui ebbe soltanto tre figlie, quindi alla sua morte, nel 1318, la famiglia si estinse. La salma di lui fu deposta nella tomba degli avi in chiesa di San Lorenzo.

Teatro Malibran Presso la casa del Polo, la patrizia famiglia Grimani eresse nel 1667 un teatro al quale diede il suo nome, ma per la vicinanza alla chiesa di San Giovanni Grisostomo s’introdusse il costume di additarlo col nome del santo. Danneggiato dal tempo, venne ricostruito nell’anno 1834, a spese della famiglia Gallo, e giunta la rifabbrica a compimento, fu riaperto col titolo di Emeronittio, ma poi avendosi dato un dramma in musica nel quale la celebre Malibran fece echeggiare la sua voce, da questa insigne cantante prese l’attuale denominazione.

Casa di Flaminio Cornaro Questo eruditissimo senatore, che intorno alla metà del secolo ultimo scorso, dotò Venezia di molte interessanti illustrazioni, abitava quella casa che sorge a destra dopo trapassato il ponte di San Giovanni Grisostomo, e il sottoportico che ne forma continuazione.

Da quel punto, girando a sinistra e proseguendo la via, si giunge al ponte de Santi Apostoli.

Casa di Marino Falier. Alla testa di codesto ponte s’innalza un’antica casa, respiciente sopra il medesimo, di goffa architettura del medio evo, decorata di
sculture di quella età, la quale è fama servisse di abitazione a Marino Falier, la cui trista sorte, quando salì al trono ducale, diede argomento non solo agli storici, ma più ancora ai romanzieri e ai poeti di far brillare il volo delle lor menti.

Casa di Tiziano Vecelio Nella estrema parte di Biri grande, presso la linea delle Fondamente Nuove, sorge una casa con orto adiacente, che porta il N.o 5526 nero, (rosso N.° 5184), la quale serviva di abitazione e di studio al più insigne maestro della veneziana pittura, Tiziano Vecellio.

La contrada, ove è l’edificio, si chiamava Calle rotta; ma ora fu trovato miglior consiglio intitolarla Campo Tiziano. Prescindendo però dall’uso cui codesta casa ha servito, non offre traccia veruna meritevole di menzione. La scala conserva l’originaria sua forma; il rimanente di questo stabile minacciando crollare, dovette essere restaurato, e nel restauro fu riformato.

Molto disputarono gli eruditi di cose patrie intorno alla località ove teneva dimora Tiziano. Vogliono alcuni che abitasse nella Calle Gallipoli a San Tomà: altri nel circondario di San Samuele presso la Cà del Duca: finalmente l’abate Cadorin, a merito di sue accuratissime investigazioni, ha offerti documenti irrefragabili che fanno prova del domicilio di Tiziano nella suddetta casa dall’anno 1531 sino alla sua morte, avvenuta in tempo di pestilenza nel 27 agosto 1576, e della successiva tumulazione della salma di lui nella Chiesa di Santa Maria de Frari, ove per quasi tre secoli senza veruna onorevole distinzione è giaciuta.

Cimitero

Stendendo questa parrocchia, come si è detto di sopra, sino dall’anno 1843 la spirituale giurisdizione sul cimitero, sembra opportuno di farne qui alcuni cenni.

Nell’isola di San Cristoforo, che sorge dalla laguna verso il mezzo fra Venezia e Murano, esisteva un cenobio di Regolari Agostiniani ivi eretto nel 1436. Pochi anni appresso, ardendo guerra fra la veneta signoria e il duca di Milano Francesco Sforza, un umile fraticello di quella religiosa famiglia chiamato Simeone da Camerino (più tardi beatificato), ebbe tanta influenza colle cristiane sue insinuazioni, onde calmare gli animi delle potenze belligeranti, e conciliarle colla pace del 1454. Riconoscente il senato verso quel pio mediatore, stese la sua generosità su tutto il convento, e fra le altre onorevoli distinzioni, emanò decreto, che in avvenire s’intitolasse San Cristoforo della Pace.

Soppressa quella congregazione e demolito il fabbricato, l’isola fu convertita in cimitero per la città di Venezia sino dai primi anni di questo secolo; ma col processo del tempo, ingombra dai cadaveri, si rese insufficiente ai bisogni della popolazione, anche perché questa da circa 30 anni costantemente si aumenta. Per supplire al difetto dell’area alle tumulazioni necessaria, si è interrato pochi anni or sono quello stretto della laguna che separava la detta isola dall’altra propinqua chiamata San Michele di Murano, per la quale operazione amplissimo divenne quel Cimitero, abbracciando così la superficie di quelle due isole ad una sola ridotte.

Della prima ho detto quel poco che sta ne limiti di questa opera: quanto poi alla seconda, è fama, che sino dal X secolo innalzato vi fosse un sacro edificio, il quale sappiamo con sicurezza essersi concesso nell’anno 1212 con tutta l’isola ad una famiglia di Regolari Camaldolesi. La chiesa già intitolata all’Arcangelo San Michele si consacrò nel 1221 da Ugolino cardinale vescovo ostiense e legato apostolico. Divenuto assai florido quel monastero, il priore Romualdo, che lo reggeva intorno al 1300, ottenne il titolo di abate, dappoi conservato a tutti i suoi successori.

Uomini insigni per pietà e per dottrina sostennero per molti secoli la celebrità di quella abbazia, sino alla recente sua soppressione sotto il cessato governo italiano; dopo la quale, Santa Romana Chiesa continuò a giovarsi del merito di quel Regolari chiamandone alcuni all’onore della porpora, fra i quali rifulse Fra Mauro Cappellari, che poi sali alla cattedra di San Pietro nel 6 febbraio 1831, assumendo il nome di Gregorio XVI, or ora volato al cielo nel 1 giugno 1846 onde ricever la palma del suo apostolato, santamente e gloriosamente sostenuto in terra pel corso di oltre quindici anni.

Presentemente quel chiostro è divenuto ospizio di padri Riformati, i quali si prestano all’officiatura del tempio come a servigio del cimitero. (1)

(1) ANTONIO QUADRI. Descrizione topografica di Venezia e delle adiacenti lagune. Tipografia Giovanni Cecchini (Venezia, 1844)

Parrocchia di San Canciano dall’Iconografia delle trenta Parrocchie – Pubblicata da Giovanni Battista Paganuzzi. Venezia 1821

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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