Chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo

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Chiesa di Santa Caterina - Isola di Mazzorbo

Chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo. Monastero di Monache Benedettine. Monastero secolarizzato

Storia della chiesa e del monastero

Nell’erudito trattato, che della laguna di Venezia compose Bernardo Trivisano patrizio veneto, asserisce egli essere stato il monastero di Santa Caterina di Mazzorbo fabbricato nell’anno 783. Se questa è la vera epoca di sua fondazione, ci resta per circa sei secoli ignoto ogni successo di questo luogo di cui la più antica menzione si trova negli atti del sinodo diocesano convocato nell’anno 1374 da Filippo Balardo vescovo di Torcello, nei quali si legge sottoscritto Giacomo Mazemano prete per nome del monastero di Santa Caterina di Mazzorbo. Il più antico documento però, che si conservi nell’archivio delle monache, è un giuramento di fedeltà fatto nell’anno 1398 dall’abbadessa di Santa Caterina di Mazzorbo al vescovo di Torcello.

Quante fossero le antiche rendite di questo monastero non ci è palese; sappiamo però che circa i principi del secolo XV era ridotto a gravi ristrettezze; onde per sollevarne in qualche parte le angustie Filippo Paruta vescovo di Torcello gli uni nell’anno 1432 i beni del soppresso monastero di San Niccolò della Cavana.

Era già stato fondato questo monastero nell’anno 1303 con per missione di Francesco Dandolo vescovo torcellano in un’isoletta non molto distante da Torcello, ad oggetto che in esso vi abitassero monache anche benedettine. Come però assai povero di proventi appena poteva alimentar quattro monache, così a sussidio di lor povertà assegnò nell’anno 1314, con pietà religiosa il capitolo della matrice di murano una sua contigua palude, affinché le fabbriche o erette, o da erigersi in essa tutte in perpetuo cedessero a favore del monastero. Ciò nonostante essendo molto inferiore l’aiuto al maggior bisogno delle religiose, andarono queste a tal passo diminuendosi, che nell’anno 1430, mancate di vita tutte, più speranza non vi restava, che vergine alcuna portar si volesse ad abitar nel povero luogo desolata, e rovinoso. Avuto dunque l’assenso dei suoi canonici il sopra lodato vescovo Paruta segnò nel giorno 15 di luglio dell’anno 1432 un decreto, con cui unì il monastero benedettino di San Niccolò della Cavana dichiarato soppresso all’altro di Santa Caterina di Mazzorbo pur dello stesso istituto, sottoponendo e l’uno e l’altro sacro luogo con loro possessioni ad una sola abbadessa.

Abbandonati dunque, e vuoti d’abitanti la chiesa, ed il chiostro di San Niccolò a poco a poco rovinarono, e l’isola stessa quasi si ridusse all’antico suo stato di palude. Passati poi oltre duecent’ anni ottennero questo deserto luogo nell’anno 1648, due che si vantavano Eremiti di San Paolo primo eremita; ma in poco tempo attediati della solitudine, e povertà, se ne dipartirono, e sottentrarono in loro vece per concessione delle monache due veneziani seguaci della stessa religione dei primi, ed imitatori pure della loro stabilità. Finalmente correndo l’anno di Cristo 1712, un pio uomo veneziano chiamato Pietro Tabacco, ottenuta permissione dalle monache rifabbricò con le elemosine dei fedeli l’atterrata chiesa, dedicandola a Maria Vergine Santissima sotto il titolo del suo rosario, ed avendo fabbricate alcune contigue comode case, vi istituì una pia confraternita di devoti, a spese dei quali non solo si conserva il luogo in assai decente maniera, ma vi si mantiene un sacerdote, che nella chiesa stessa con quotidiano sacrificio suffraghi le anime dei confratelli defunti. Non contento però il provvido vescovo Paruta di aver con tal unione apportato qualche sollievo al monastero di Santa Caterina, ma per provvederlo con più copioso aiuto, nello stesso giorno gli congiunse col consenso del capitolo torcellano il monastero di Santa Maria Maddalena della Gajada, situato in una piccola isoletta poco lungi da Torcello, il quale già abitato da canonici regolari, era stato da essi per l’intollerabile povertà, totalmente abbandonato.

In due nobili urne di marmo conserva la chiesa di Santa Caterina di Mazzorbo i corpi dei Santi Adriano e Mario martiri ritrovati nelle catacombe romane, ed alquanti piccoli ossi dei Santi Fanciulli trucidati in Betlemme. (1)

Visita della scuola (1733)

La tavola alla destra dell’altare maggiore con San Benedetto, due Santi vescovi con quattro monache, e in aria la Madonna sopra le nuvole col Bambino, che sposa Santa Catterina, e due puttini opera conservata, ed ammirabile di Paolo Veronese. La tavola poi dell’altare maggiore col battesimo di Cristo, ed altro è opera del Salviati. Nell’uscire di chiesa vi è una tavola con lo Sposalizio di Santa Catterina; opera bella di Matteo Ponzone. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

 

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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