Isola di San Giacomo in Paludo

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Ongania Ferdinando. Isola di San Giacomo in Paludo. Da internetculturale.it

Chiesa e Monastero di San Giacomo in Paludo. Monastero di Padri Minori Conventuali.

Storia dell’isola, della chiesa e del monastero

Nell’anno XVI del principato di Pietro Polani doge, che fu di Cristo l’anno 1046, Orso Badoaro della parrocchia di San Leone concesse a Giovanni Trono di Mazzorbo un ampio spazio di palude, situata fra Murano, e Mazzorbo, perché ivi ad onore di San Giacomo maggiore apostolo ergesse un ospitale ad accoglimento dei pellegrini. Così riferisce il Dandolo nella sua Cronaca, e soggiunge, che in seguito quest’ospizio fu mutato in Monastero di Monache Cisterciensi. Con tal applauso fu ricevuta la fondazione di questo luogo, che se ne fece parte dell’elogio sotto l’immagine del sopra lodato doge Polani nella Sala del Maggior Consiglio con questa espressione: Sotto di me Fano divenne tributario, e furono fabbricati gli Monasteri di San Clemente, e di San Giacomo de Paludo. Breve dunque fu la durata dell’ospedale, e non ben anche compito un secolo dalla sua fondazione vi furono introdotte monache cisterciensi ad abitarlo, per le quali essendo troppo ristretto il luogo, Pasquale Ardizoni, piovano della chiesa matrice di Santa Maria di Murano, donò nel mese di giugno dell’anno 1238 a Donata abbadessa, ed alle monache di San Giacomo di Paludo un tratto di palude di ragione della sua chiesa, acciocché in esso dilatar potessero le loro abitazioni. Ivi dunque per molto tempo esemplarmente vissero ritirate le monache, finché rallentata nel chiostro la primiera osservanza, ed introdottosi uno scorretto modo di vivere, si diminuì talmente il numero, che rimaste due sole nel cadente monastero si ritirarono circa l’anno 1440 nel monastero di Santa Margarita di Torcello, in cui si professava lo stesso istituto Cisterciense. Aggravate dall’accoglimento delle due nuove ospiti le monache di Santa Margarita, implorarono nell’anno 1441 dall’apostolica provvidenza di Eugenio papa IV, che il rovinoso, ed abbandonato monastero di San Giacomo di Paludo fosse unito ed incorporato a quello di Santa Margarita, nel quale vivevano in regolare osservanza molte monache, angustiate però dalla povertà. Accolse il pontefice le istanze, e rimise l’esecuzione dell’unione a Pietro Bianchi abbate di San Felice di Ammiano, ordinando che i due monasteri fossero bensì soggetti unicamente all’abbadessa di Santa Margarita, ma che però anche nel chiostro di San Giacomo fosse continuato il numero delle monache, e dei ministri, onde non fosse interrotto il culto divino. L’apostolico diploma segnato nel giorno 8 di luglio dell’anno 1441 fu eseguito con puntualità dal giudice delegato nel giorno 15 del susseguente ottobre.

Pochi anni scorsero dopo la decretata unione, allorché essendo afflitta la città di Venezia da una gravissima peste, fu stabilito dal senato nel giorno XVII di luglio dell’anno 1456, che l’Isola di San Lazzaro, già destinata al ricovero dei lebbrosi, venisse assegnata a riguardi di sanità per riporvi i risanati dal morbo pestilenziale, i quali uscivano dal Lazzeretto, ed i lebbrosi condotti fossero al luogo di San Giacomo di Paludo, per la qual assegnazione ne fu ottenuta la facoltà dall’autorità suprema della sede apostolica.

Non ebbe poi, né meno dopo ritirati i lebbrosi, effetto la stabilita unione: avvenne che le monache di Santa Margarita angustiate dalla povertà, e dall’imminente rovina del loro monastero situato in luogo paludoso, ed insalubre impetrarono da Callisto papa III, nell’anno 1456 e poi da Pio II, di lui successore nel 1459, di essere trasferite a Venezia in luogo più opportuno, riservando però, ed assegnando il monastero di San Giacomo di Paludo a sollievo di loro indigenze.

Riuscì dispiacevole al senato, che un luogo sacro, e nei tempi trascorsi tanto celebre, andasse a finire in rovina. Che però fece esporre al pontefice Pio II essere suo desiderio, che l’antico monastero di San Giacomo di Paludo concesso fosse a fra Francesco da Rimini dell’ordine dei Minori, uomo creduto allora di vita esemplare, e di fondata dottrina. Per compiacer dunque all’istanze del veneto senato, comandò il pontefice nel giorno 2 di dicembre dell’anno 1458, agli apostolici delegati, che estinte nell’antico monastero di San Giacomo in Paludo la dignità di abbadessa, e la religione cisterciense, dovessero concederlo in possesso a fra Francesco da Rimini dell’ordine dei Minori. Inutili furono tutti gli sforzi dell’afflitte monache per opporsi all’esecuzione di tal decreto, ed essendo stato per sentenza degli apostolici delegati nel giorno 18 di febbraio dell’anno 1460, istituito il suddetto fra Francesco in primo priore del luogo, aggravate le monache appellarono al romano pontefice. Rimise Pio II a decisione della controversia al patriarca di Venezia Maffeo Gerardi, che temperò in tal maniera la sentenza del primicerio, che restando il possesso del luogo alla religione dei minori, una porzione delle rendite cedesse a vantaggio del monastero di Santa Margarita; divisione che fu poi approvata, e confermata dal pontefice nell’anno 1462, in maniera però, che dovessero le intere rendite essere a favore del suddetto fra Francesco, finché egli vivesse.

Corrispose il beneficato religioso con somma ingratitudine alle pubbliche grazie. Poiché avendo radunata riguardevole somma di elemosine per la restaurazione del sacro luogo, non solo lo lasciò nel rovinoso suo stato, ma avendo affittato le rendite ad un prete secolare di mal costume asportò tutti i beni mobili, e gli ornamenti della chiesa, e ritornò a Rimini.

Avutane di ciò notizia il pontefice Paolo II, ordinò con sue apostoliche lettere in data del giorno 1 di ottobre dell’anno 1469. Al sopra lodato patriarca Gerardo, che levato il priorato dal possesso del poco lodevole religioso, dovesse istituirlo in casa regolare dell’ordine dei Minori, ed assegnarlo alla casa grande di Santa Maria Gloriosa di Venezia, detta dei Frari, nel dominio della quale fino al giorno d’oggi continua. (1)

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Ultimamente però vi abitava un solo religioso, il quale celebrava nelle feste, e nelle procelle della laguna accoglieva nell’ospizio i passeggeri. Con la soppressione del convento dei Frari nel 1810 naturalmente anche questa casa filiale ben presto fu e soppressa e demolita. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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