Chiesa e Monastero di Santa Maria Madre del Redentore

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Chiesa di Santa Maria Madre del Redentore - Cannaregio

Chiesa di Santa Maria Madre del Redentore. Monastero di monache Cappuccine vulgo Capuzine. Monastero demolito

Storia della chiesa e del monastero

Desiderosa di vedere anche in Venezia professali da monache l’istituto dato da San Francesco di Paola ai suoi Minimi, raccolse la Nobile Matrona Marianna Tron nell’anno 1589, alquante vergini di virtù distinta, e fra queste Francesca Triaca Marasca nobile mantovana, arrivata l’anno precedente in Venezia, ed Angela Crasso figlia del celebre jurisconsulto Niccolò, le quali due poco prima erano siate vestite dell’abito serafico per mano dei cappuccini.

Disposto dunque con tale unione il formale della nuova fondazione, subito si cominciò a discorrere sulle gravi spese occorrenti al materiale delle fabbriche, e degli alimenti, si trovarono talmente i mezzi ineguali alla consecuzione del fine, che le buone vergini si ritirarono dall’impresa, fuorché le sopra lodate Francesca, ed Angela, le quali costanti nel buon proposito si determinarono di procurare la fondazione del nuovo convento sotto l’austera primitiva regola di Santa Chiara. Chiuse dunque in un’angusta casa si scelsero per direzione del loro vivere la regola di San Francesco da eseguirsi in totale perfezione senza veruna dispensa, e ben presto eccitate da sì splendido esempio si unirono ad esse molte altre vergini desiderose d’abbracciare la stessa severità di professione regolare.

Arrivò intanto a Venezia nei principi dell’anno 1590 il padre Girolamo da Perugia, ministro generale dei cappuccini, a cui nel giorno 21 di gennaio consacrato dal martirio della vergine Sant’Agnese si presentarono le virtuose vergini desiderose di essere da lui benedette, riconosciute per figlie, animate dunque dai di lui consigli si portarono dopo ad implorare l’assistenza del patriarca Lorenzo Priuli, dal quale accolte con paterno affetto, e confortate alla perseveranza, furono avvisate di dovere sollecitamente cercare un sito opportuno alla fondazione.

Convenne però per motivo di una grave carestia, da cui afflitta era la città, differire il negozio sino all’anno susseguente, del quale intervallo di tempo servissi opportunamente il demonio per istillare nell’animo troppo delicato di quelle vergini un tale tedio della solitudine, che eccettuata unicamente Angela, tutte le altre si ritirarono, e la stessa Francesca prima promotrice della grande opera poco dopo per motivo delle cose sue domestiche ritornò a Mantova sua patria.

Frattanto mentre nella paterna sua casa persevera costante la buona Angela nell’intrapreso vigore di vivere, i di lei genitori, ai quali con mirabile carità ella assistette, finirono i loro giorni; onde ella si ritrovò affatto libera per procurare l’ideata fondazione, a cui però non osava dare mano ritirata dai sentimenti di sua umiltà. Ad animarla servissi Iddio dell’esortazioni di un pio sacerdote, per di cui consiglio si ritirò essa a vivere solitaria con una sola compagna in una casa contigua al piccolo oratorio di Santa Maria della Consolazione, detto dalla Fava, ove Iddio la provvide d’altre compagne più delle prime fervorose, e costanti.

Da sì fausti principi assicurata la buona vergine del divino volere, si presentò unitamente alle altre al patriarca Matteo Zane tutta fedelmente esponendogli la serie delle cose accadute, e dimostrandogli quali Iddio avesse destinate coadiutrici della sacra fondazione. Si rallegrò il prelato di tale notizia, e lodato il santo proposito, ordinò loro di scegliersi una superiora, assegnando ai loro spirituali esercizi le due chiese dei Santi Giovanni e Paolo, e di Santa Maria dei Derelitti, volgarmente detta l’Ospedaletto. Eletta dunque benché contro sua voglia Angela per superiora, dispose talmente le cose domestiche, che sopra ogni altra virtù spiccasse la serafica povertà del loro istituto. Di due sole stanze era la casa, ove abitavano, l’una destinata agli esercizi della divozione, ed al notturno riposo, e l’altra all’apprestamento dello scarso loro vitto di cibi quaresimali, e pure quivi continuarono per tre anni, finché accrescendosi il numero di quelle, che domandavano d’aggregarsi alla loro compagnia, si ridussero in una casa men ristretta nella parrocchia della Santissima Trinità.

Essendo ivi ridotte in numero di dodici, cercar dalla pubblica autorità la permissione d’innalzare il nuovo monastero, e con decreto del Maggior Consiglio segnato del giorno di 26 giugno 1605, fu loro permesso il comprar in Venezia una casa, e sopra d’essa fabbricar una piccola chiesa, nel quale rinchiuse attendere al servizio verso il signor Dio.

Lieta Angela per l’ottenuta licenza ritrovò toso in un remoto angolo della città, detto di Quintavalle vicino alla chiesa cattedrale una casa assai sufficiente, di cui con le elemosine dei fedeli fece l’acquisto, e là trasferitasi con venti vergini sue seguaci dispose i principi del nuovo monastero. Fece ogni sforzo il demonio per distruggere una così santa ed utile opera, e tante furono le aspre persecuzioni dalla di lui rabbia eccitare contro la fondatrice, e contro quell’angelico coro di verginelle, che si sarebbe veduta perire a pena piantata la sacra fabbrica, e sciogliersi la religiosa unione, se non avesse con un mirabile conforto della divina assistenza resistito la buona fondatrice con eroica costanza a tutta la forza dell’infernale nemico, e dei fautori del medesimo. Benedisse iddio la fiducia delle sue spose; e nel giorno 21 di gennaio dell’anno 1609 con un suo decreto stabilì il Senato, che nel nuovo monastero delle Cappuccine potessero accogliersi trenta religiose per servire al signor Dio con vita religiosa e ritirata; cosicché con la difesa di tale comando si sottrassero a molte insidie tese per annientarle.

Dopo ciò pose in quiete così Angela che le religiose di lei figlie, supplicarono con istanza il patriarca Francesco Vendramino, per ottenere col di lui mezzo (implorata prima l’apostolica autorità) due monache cappuccine di Brescia, che le istruissero nell’esatta osservanza della serafica regola. Furono al grave impiego destinate Maria Zuccato veneziana, ed Eufrasia Nasini nativa di Brescia, le quali giunte in Venezia nel giorno 15 di settembre dell’anno suddetto 1609 dopo due giorni di dimora fatta in casa dei benefattori si portarono all’angusto monastero di Quintavalle, ove con indicibile giubilo accolte furono dalle religiose ivi abitanti. Per dar però con solennità la forma di vero monastero al nuovo eretto recinto fu destinato il giorno 4 di ottobre, sacro alla memoria del Serafico Santo Padre. Onde di buon mattino portatesi le vergini alla Cattedrale, ivi dal patriarca celebrante cibate furono dell’eucaristico pane, indi adempite tutte le altre solite formalità di tali funzioni, ricevettero per mano del prelato corone di spine sul capo, faci accese in mano, e soave croce sopra le spalle. Adornate di un sì compuntivo ornamento, e precedute da lunga schiera di religiosi cappuccini, ritornarono le Spose di Cristo al loro domicilio, ove presero il velo bianco, e l’intero vestito della Serafica Religione, anziché per adempire perfettamente i riti dell’ordine, cangiarono il nome, e la stessa benemerita fondatrice divenuta novizia, deposto l’antico nome di Angela, assunse quello di Francesca.

Destinò poi il patriarca al governo del nuovo monastero la sopra lodata Maria Zuccato, nelle di cui mani, passato l’anno dalla loro vestizione professarono Francesca, e le altre novizie la primitiva regola di Santa Chiara da osservarsi nell’intero rigore.

Quantunque però il sacro luogo già ridotto in forma perfetta di monastero avesse ad essere la stabile abitazione dell’austere vergini, con tutto ciò dispiacendo al saggio patriarca l’indole del sito troppo remoto, ed esposto ai pericoli, concertò coi protettori delle monache d’acquistare loro un più opportuno sito in faccia al monastero di San Girolamo, ove innalzato con le dovute licenze un nuovo benché assai ristretto chiostro, vi furono introdotte le cappuccine nel giorno 6 di giugno dell’anno 1612.

Quivi vissero fortemente angustiate per molti mesi, finché accorrendo al loro sollievo la Divina Providenza dilatarono il loro recinto, ed eressero una povera ma decente chiesa sotto l’invocazione di Santa Maria Madre del Redentore. Gettò la prima pietra benedetta nei fondamenti il sopra lodato patriarca Vendramino nel giorno 17 di agosto dell’anno 1614, e ridotta poi la fabbrica a perfetta struttura di chiesa, fu consacrata da Giovanni Tiepolo patriarca di Venezia nel giorno 1 di ottobre dell’anno 1673 sotto il titolo di Santa Maria Madre del Redentore, di San Francesco, e di Santa Chiara.

Questo fu il compimento alle consolazioni della pia fondatrice suor Francesca Crasso, che volò poi agli amplessi del suo sposo nel giorno 5 di marzo dell’anno 1625, contando di sua età l’anno sessantasei.

Essendosi poi fondati nell’istituto serafico due Monasteri di Monache Cappuccine in Vicenza l’uno nell’anno 1629 ed in Padova l’altro nell’anno 1633, passarono in ogni uno d’essi con titolo di fondatrici due monache di Santa Maria del Redentore di Venezia per istruirvi le religiose novizie, e stabilirvi con perfezione il rigore dell’osservanza.

Riconosce pure da questo chiostro di Santa Maria del Redentore la pia origine l’esemplarissimo e santo monastero di Santa Maria delle Grazie fondato in un’isola di Venezia da suor Maria Felice Spinelli, professa prima, e poscia abbadessa in questo monastero. (1)

Visita della chiesa (1815)

Elegante è questa piccola chiesa, tenuta con volta decenza, e ricca di tre bei altari di marmo. In quello a destra vi è una tavola con Nostro Signore in croce fra due angioletti e i Santi Carlo Borromeo e Barbara, fattura di Jacopo Palma. Dello stesso pittore è la tavola dell’altare maggiore con Nostra Donna in gloria, e al piano al lato destro i Santi Marco evangelista e Francesco di Assisi, e dal lato sinistro le Sante Orsola e Ghiaia. Nell’altro che aveva pur esso una tavola del Palma, la quale andò rovinata dalla umidità del sito, vi è una buona tavola che già era nella chiesa dei gesuiti di Padova. Offre il transito di San Giuseppe. Qui ebbe il danno che la s’impiccolisse nella parte superiore, per adattarla al sito, e che, come vi si legge: addì 19 aprile 1799 fu ristorata. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) GIANNANTONIO MOSCHINI. Guida per la città di Venezia all’amico delle belle arti. (Tipografia Alvisopoli. Venezia 1815)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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