Scuola Grande di Santa Maria della Carità

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Luogo dove sorgeva la Scuola Grande di Santa Maria della Carità - Dorsoduro

Scuola Grande di Santa Maria della Carità. Scuola secolarizzata

Storia della scuola

Contiguo alle abitazioni dei canonici fu eretto il grandioso ospizio destinato ai devoti usi dell’illustre confraternita, la quale dal nome della vicina chiesa assunse il titolo di Santa Maria della Carità, e si gloria di essere la prima fra quelle, che si chiamano Scuole Grandi. Ebbe ella la sua origine nell’anno 1260. fondata nella chiesa parrocchiale di San Leonardo, dalla quale poi si dipartì, come lo attesta un’antica cronaca di autor anonimo, ma accreditato, e accurato. Molti di Venezia fra loro fecero una Fraterna, e ridotti assieme addì 6 novembre nel giorno di San Leonardo con l’assenso del Dominio di Venezia, e di Papa Urbano IV, l’istituirono nella Contrada di San Leonardo , e l’intitolarono Fraterna, ovvero Scola di Carità imitando molte costituzioni, che per 5an Domenico furono date a certe Fraterne, che egli levò nella città di Pisa, e fra loro ancora fecero molte istituzioni, la qual Fraterna fu trasferita poi alla Zuecca, e di poi fu portata appresso la Chiesa di Santa Maria della Carità. Dalla chiesa dunque di San Leonardo si dipartirono poi i Confratelli della Carità per fissare la loro sede nell’Isola della Giudecca; ma ricordevoli della primiera loro madre stabilirono di visitarla solennemente ogni anno (come tuttavia continuano) nel giorno festivo di San Leonardo di lei titolare. Passati alla Giudecca i devoti uomini, ivi per gli spirituali loro esercizi fabbricarono un non molto grande oratorio sotto il titolo dell’apostolo San Giacomo Maggiore, che poi volontariamente cedettero per dilatar la chiesa, e abitazione di Santa Maria Novella dei padri Serviti, ora dall’antico oratorio chiamata di San Giacomo. Dopo aver dunque per così religiosa causa lasciato il loro ospizio di San Giacomo si determinarono i confratelli di stabilire perpetuamente la loro fissa permanenza appresso la Chiesa di Santa Maria della Carità, ove appunto trovarono un terreno voto di ragion dei canonici ampio e capace, e però opportuno interamente al loro disegno. Era allora priore commendatario della canonica Portuense di Ravenna, da cui dipendeva il Monastero della Carità, Americo de Chalus cardinale, ed arcivescovo di Ravenna, dal quale a titolo oneroso di sborso di duecento ducati d’oro, e di un annuo stabilito censo, e coll’assenso anche delle due canoniche Portuense, e Veneta ottennero nell’anno 1344, il ricercato sito ove eressero un magnifico oratorio a comodo degli spirituali loro esercizi di orazione, e di discipline frequentemente usate ad onore dei patimenti di Gesù Redentore.

Perché però la pietà verso Dio mai scompagnata deve essere dalla misericordia verso dei prossimi, deliberò nell’anno 1411 il capitolo generale della Scuola, che a ricovero dei confratelli poveri fosse eretto un ospitale, ove si alimentassero, e per tale pio oggetto acquistarono da Francesco Capello allora priore della Carità alquante case antiche e rovinose, sul fondo delle quali piantarono un comodo ospedale. Una sì grande, e così regolata pietà attrasse alla confraternita gli applausi della città tutta, ed avendone avuto notizia il celebre cardinal Bessarione, allora legato a latere di Pio papa II in Venezia, volle portarsi in persona a visitare il devoto oratorio, ed ammirato avendo la soda devozione dei confratelli ricercò d’esser ascritto nel loro numero, ed a decoro del sacro luogo donò una croce d’oro, in cui inclusa vi era una particella del salutifero legno della Santissima Croce, ed una piccola porzione di veste del Nostro Redentore. Fu accolta con esultanza non solo della Scuola, ma della Città tutta la preziosa offerta, e per comando del senato, dopo essere stata esposta nella Ducale Basilica all’adorazione del popolo, fu con pomposa processione tradotta all’oratorio della scuola, la quale a perpetua memoria dei posteri fece collocare in sito decoroso dell’ospizio il ritratto del benefico cardinale con una iscrizione latina scolpita in marmo, da cui si rileva la liberalità del donatore, e la umile riconoscenza dei confratelli.

Né il solo cardinal Bessarione ricercò di dar il proprio nome alla devota confraternita, ma molti altri cospicui soggetti vollero essere ammessi nel ruolo dei confratelli, fra i quali devono essere nominatamente espressi alcuni principi giapponesi, che essendo stati a Roma ambasciatori dei re di Bungo, di Arima, e di Tegen Provincie della grand’Isola del Giappone, nel loro ritorno passando per Venezia vollero venerare le sacre reliquie custodite nell’Oratorio della Scuola. Chiesero poi di essere come confratelli vestiti dell’abito proprio dal guardiano grande con solenne promessa d’istituire nelle loro patrie, tostochè vi si fossero restituiti, una confraternita, che fosse in tutto simile a quella di Santa Maria della Carità di Venezia.

Oltre le sopra enunziate sacre reliquie prezioso dono del sopra lodato cardinal Bessarione si conservano pure in ricchi reliquiari rinchiuse tre spine della corona del Redentore, un frammento della colonna, a cui fu legato nella sua flagellazione, ed alcune porzioni di ossa dei Santi Pietro e Bartolommeo apostolo, di San Lorenzo levita martire, e di San Leonardo confessore. Si venera pure con singolare culto una piccola devota immagine di Maria Vergine, del numero di quelle, che si dicono dipinte dall’evangelista San Luca. (1)

Visita della Scuola (1733)

Dai lati dell’altare nella prima sala, e poco lungi vi sono quattro quadri moderni cioè l’Annunziata, e la visita di Santa Elisabetta da una parte, e negli altri due dall’altra Nostra Signora col puttino, e vari angioletti opere di Antonio Linger. Nel salone il primo quadro a mano sinistra con la Circoncisione di Nostro Signore è di Gregorio Lazarini. Il secondo con la Visita di Santa Elisabetta, e l’altro con l’Angelo, che appare in sogno a San Giuseppe sono d’autore moderno Bolognese. Gli altri due che seguono con la Nunziata, e la Natività della Madonna sono del Lazarini. Il sesto con la Concezione è opera bellissima di Giovanni Segalla. Dai lati dell’altare vi sono Adamo, ed Eva quello alla destra è del Segalla, l’altro alla finestra del Trivisani. Sopra la porta della scala vi è una Madonna con un ritratto di un guardiano di casa Fero del Triva. Sopra l’altra porta vi è un ritratto moderno. Dall’altro lato della parete l’Assunzione di Nostra Signora è di Angelo Trivisani. Segue la nascita di Nostro Signore, opera degna di Antonio Balestra. Dopo quello Nostro Signore, che va al Calvario è opera di Antonio Fumiani. Il Nostro Signore, che segue deposto di Croce è del Balestra. L’ultimo poi è di Antonio Fumiani. Nella facciata dirimpetto l’altare vi è la strage degli Innocenti, opera famosa di Sebastiano Ricci. Nell’albergo nella facciata vi sono diversi comparti rimessi a oro con Nostra Signora, ed altri santi di mano di Jacobello Fiore. Vi è pure un quadretto con una testa di Giovanni Bellino, e rappresenta il Salvatore. Alla sinistra vi sono due quadri della scola di Tiziano, ma perché furono aggiustati, e ridipinti poco vi resta dell’autore. Dall’altra parte vi è il ritratto del cardinale Bessarione patriarca di Costantinopoli, che donò molti greci libri alla pubblica libreria di San Marco, ed è del Cordella. Sopra la porta poi vi è il famoso quadro di Tiziano con Maria, che sale i gradi opera celebre, in cui vedono vari ritratti, ed in particolare quelli di Andrea Franceschi, che fu cancelliere grande, e di Lazzero Crasso, ed appiedi di della scalinata una vecchia contadina con un cesto di uova, e polli, che più naturale non può essere; quello quadro va alle stampe del Lovisa. Vi è pure il gonfalone di Maffeo Verona solito a portarli nelle solennità, ma mezzo perduto. (2)

Eventi più recenti

Dispensava questa scuola venti grazie ad altrettante donzelle di dieci ducati l’una, e dava case, farine, ed altro ai poveri. Un massimo restauro imprese essa al proprio locale nel secolo trascorso, erigendovi la facciata tutta di marmo d’Istria sul disegno di Giorgio Massari, comunque ne venisse affidata la esecuzione a Bernardino Maccarucci, del quale è pure la pessima scala interna.

Chiusa questa scuola nel 1807 insieme alla chiesa della Carità, vi si trasferì’ bentosto l’Accademia delle Belle Arti formando essa e della chiesa e della Scuola un solo edificio ed aggiungendovi eziandio altre appendici al chiostro di Palladio. La chiesa scompartita nella sua altezza da un tramezzo porge quindi nel piano superiore nobili stanze ai modelli di gesso, e dal pian terreno si trassero le scuole di architettura, di ornato, e di pittura. Il monastero fu convertito nelle scuole d’incisione, in albergo di alcun professore, ed offrendo stanza al segretario ed agli altri uffici inferiori, accoglie soprattutto la libreria e la Pinacoteca. Finalmente la scuola con giunta alla chiesa della Carità conserva buona parte della Pinacoteca e le sale per le riduzioni degli Accademici. (3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

(3) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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