Scuola dei dipintori (pittori) sotto l’invocazione di San Luca

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Scuola dei Dipintori (pittori) sotto l'invocazione di San Luca - Cannaregio

Scuola dei dipintori (pittori) sotto l’invocazione di San Luca. Scuola secolarizzata

In questa scuola di mestiere gli iscritti erano ammessi senza l’obbligo di alcuna prova. I dipintori avevano una sede propria adiacente alla Chiesa di Santa Sofia. I dipintori erano suddivisi nei seguenti ”colonnelli”: miniadori, indoradori, cuoridoro, targheri o maschereri, dipintori, cartoleri e pittori. Nell’anno 1651 il capitolo della scuola segnalava che tutta la città, in forma del tutto abusiva, era piena di venditori di maschere, e che questi dovevano versare alla scuola due ducati l’anno. Nel 1671 il numero dei maschereri era, negli ultimi anni, quadruplicato. (1)

Storia della scuola

Era consuetudine della Veneta nostra Repubblica che fossero collocate alcune scuole, o fraterne, in diverse chiese giusta quanto narraci il Sansovino, perché ogni arte aveva la sua scuola, governata dal Castaldo annuale, con la banca, dirette dalle deliberazioni da loro fatte, secondo i bisogni dell’arti e tutte al magistrato della così detta Giustizia vecchia sottoposte ognuna delle quali scuole teneva in cadauna chiesa l’altare, esercitava opere di filantropia e religione, dotando zitelle mendiche, soccorrendo tapinelli deserti. Confinante quindi alla Chiesa di Santa Sofia, nella così detta Calle Sporca, esisteva la scuola antichissima dei Depentori, che appunto riguardar si poteva come un sovvegno della chiesa stessa.

Sopra la scuola dei pittori vi era la seguente epigrafe, che ora si vede nel chiostro del Seminario Patriarcale:

PICTORES
ET • SOLUM • EMERUNT
ET • HAS • CONSTRUXERUNT
AEDES • BONIS
A • VINCENTIO • CATENA
PICTORE
SUO • COLLEGIO • RELICTIS
M. D. XXXII.

Del Catena parlano con lode tutti gli scrittori delle pitture veneziane.

La suddetta epigrafe era sulla casa sopra il fruttarolo, a lato alla chiesa al n. 4234, e si vedono ancora i bovi, simbolo di San Luca nei due angoli dei pilastri. Forse su questa istituzione remota, sul metodo disciplinare di essa e su alcune circostanze, d’altronde ignorate, per lo smarrimento delle Mariegole di quei tempi, avrei avuto occasione di attingere qualche non inutile notizia da certo sig. Rocchi, ultimo Castaldo di quella scuola medesima, a cui era ricorso e con il quale aveva cominciato a versare sull’argomento; ma differito ad altro giorno il colloquio, divenne quel vecchio sommamente apopletico e lasciò poi la vita. Mi ricordo tuttavia avermi egli istruito, che in più colonnelli, giusta la gretta sua frase, o diremo noi propriamente colonie, si dividevano gli artisti, componenti la scuola cioè: intagliatori, compositori di volti, ricamatori, indoratori, depentori o volgarmente spegazzini, etc, e mi pare che colle storie o con altri libri potremo aiutarci a riconoscere quanto egli o avrebbe detto o mi disse, e certamente in miglior forma e più sicura.

Il cavalier Cicognara scrive in una sua prolusione intorno alle Venete Accademie: “Sappiamo che Teofane di Costantinopoli teneva fino nell’ anno 1200 scuola aperta di pittura in Venezia, ove accorrevano forestieri, e l’arte dei pittori era particolarmente protetta; con favori e distinzioni dalla Signoria, benché in quei tempi si confondessero questi con ogni sorta di pennelleggiattori. I libri di quest’arte, dopo il 1200 venivano custoditi dalla vecchia scuola dì Santa Sofia. Queste scuole (il Cicognara continua), queste corporazioni, dette dell’arte erano le antiche, quasi nascenti accademie, le quali ebbero luogo finché spinti a volta li arditi i primi geni italiani, si emularono fra loro ed emersero grandi e indipendenti per vie diverse, lasciandosi addietro i loro maestri e aprendo la mente a sublimi percezioni che portarono i primi nostri artisti a rivaleggiar con la fama di quegli antichissimi, dei quali la Storia ci ha serbato soltanto i nomi, la celebrità e la gelosa invidia del tempo ci ha involato le opere” E il chiarissimo sig. canonico Moschini nella Storia della nostra veneziana letteratura da lui compilata, così sentenzia: “Eravi in Venezia un’antica compagnia di pittori cui per vari secoli avevano resa illustre dei grandi allievi, se non che mancava quello splendore che procede dalla dignità del luogo, dalla moltitudine di maestri valenti e dallo stimolo dei premi”.

Le quali dichiarazioni e testimonianze onorano la scuola dei depentori, in qualunque lato la si consideri, o Archivio solo, od unico Istituto, precedente l’attuale Accademia di belle Arti, che per reale decreto del 1724, ratificato nel 1750, eretta nell’anno 1766, a nostri giorni fiorisce con patrio lustro e decoro. In quanto al legame che congiungeva quella scuola alla chiesa contigua, rilevai nei parrocchiali registri di allora, passati nell’Archivio di San Felice, che pagava annui ducati 15, per 16 annue messe distribuite una ad ogni prima domenica di mese, altra cadauno giorno in cui si facevano i capitoli generali, a non parlare di quella che si celebrava nella solennità di San Luca, e nella festa medesima si cantava in terzo, compreso il Vespro al dopo pranzo. Dopo il quel Vespro era anzi costume di cantarsi un De-profundis e non ommettersi un’esequie pei confratelli defunti, come traggo da una nota del 1730, 1733, col nome di Antonio Franceschini, guardiano della scuola dei depentori ed altre arti in quella associate. Né all’esercizio dell’arte e a quello delle anzidette pratiche, di religione si limitò lo zelo patrio di questa scuola; ma non tacciono le venete Storie del valore di mostrato nel notissimo avvenimento della congiura di Bajamonte, in cui una porzione dei ribelli essendo stata sconfitta a San Luca, principalmente dal guardiano della Carità, vi accorsero molti confratelli della scuola medesima e alcuni dell’arte dei pittori, e si ottenne completa vittoria. In eterna ricordanza del quale strepitoso successo fu eretto un piedestallo di marmo, in campo appunto a San Luca, e sullo specchio di esso da un lato si vede tuttora un triplice stemma, indicante San Marco, la Carità e San Luca, segnale della triplice colonia accorsa a coglier palme in quella zuffa, e ad ogni anno, finché durò quella fraterna o sovvegno, si collocava nel giorno di San Luca, su quel piedestallo medesimo, un’antenna, con l’arma della scuola stessa. (2)

Visita della scuola (1733)

Nel soffitto di detta scuola vi sono diversi quadri cioè uno con San Luca, ed un altro Santo Vescovo di mano di Giulio del Moro: vi è il ritratto dell’autore vicino ad un ignudo; Un altro dove San Pietro cammina sull’acque delle prime cose del Cav. Liberi. Segue un chiaroscuro del Prete Genovese con Cristo fra Mosè, ed Elia. Continua del Palma San Luca che predica, e per fianco al detto un quadro vi è una figura a tempera fulla carta del detto autore. Vi è poi il Samaritano d’Alessandro Varotari. Segue l’Annonziata di mano d’Angelo Mancini con dai lati un miracolo di Cristo, e la parabola del Demonio, che semina zizanie. La tavola dell’altare è della maniera di Polidoro. Molti altri quadri fono nel suddetto soffitto delle maniere di Paolo, ed altri, e in tanto sono soffitti in quanto furono ivi attacati, ma molti non furono dipinti con questa intenzione. Questa scuola chiamata dei pittori, ma i veri pittori non ci hanno a che fare essendo essa dell’arte dei dipintori, miniatori, doratori, ed altri. (3)

(1) GASTONE VIO. Le Scuole Piccole nelle Venezia dei Dogi (2012).

(2) GIAN JACOPO FONTANA. Illustrazione storico critica della Chiesa di Santa Sofia. (Giuseppe Molinari Editore. Venezia 1836).

(3) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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