Chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti

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Chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti - Castello

Chiesa di San Lazzaro dei Mendicanti. Ospedale

Storia della chiesa e dell’ospedale

Ebbe la sua prima origine quest’ospedale nell’Isola di San Lazzaro, destinato come luogo appartato dalla città per ricoverare poveri infetti del mal di lebbra. Diminuita e poi cessata affatto l’influenza di una tal malattia fu stabilito, che nell’isola dovessero restare raccolti quei poveri, che dal giornaliero loro questuare si chiamano mendicanti. Come però l’isola per la molta sua distanza dalla città rendeva difficile, e bene spesso nei tempi burrascosi d’inverno vietava l’accesso ai governatori, ai medici, ed a qualunque altra necessaria persona, così si pensò di tradur l’ospedale in luogo di minor incomodo.

Opportunissimo a tal oggetto fu creduto un largo tratto di terreno vacuo, che si estendeva dal Monastero dei Santi Giovanni e Paolo fino alla laguna. Che però ivi si disposero i principi di un magnifico ospedale, che nella celerità del suo avanzamento dimostrò i prodigi della divina provvidenza, ai cui disegni piamente servì il caritatevole animo di Bartolommeo Bontempio, ricco mercante, che dopo aver offerti vivente all’intrapresa della fabbrica trentamila ducati, ne affermò con pio legato centomila al di lei compimento. Unitamente coll’ospedale fu eretta la chiesa adornata nell’interno con cinque altari di scelti marmi, e nell’esterno con una ben ideata facciata, essa pure interamente di marmo. Ad uno di essi altari dedicato al martire San Sebastiano si venera il corpo di San Melitone martire, di cui riferisce una iscrizione incisa in marmo appresso lo stesso altare, essere uno dei 40 famosi martiri. Questi insieme col braccio di altro santo pur della stessa compagnia fu dalla Natolia portato in Venezia, e riposto nella sacristia interiore di Santa Maria della Celestia; poi trasportato alla Chiesa del Santo Sepolcro; e finalmente nell’anno 1653 donato a questa chiesa, ove ora riposa. Il patriarca Giovanni Francesco Morosini (come attesta la stessa iscrizione) ne riconobbe l’identità ma è difficile a credere, che questo sia il celebre San Melitone fra i 40 martiri di Sebaste il più giovine. Poiché i corpi di questi gloriosi guerrieri di Cristo furono abbruciati, e le loro ceneri confusamente unite furono prodigiosamente preservate dal fiume, in cui furono gettate. Deve dunque dirsi, che questo sacro corpo appartenga ad altro santo martire chiamato Melitone, del qual nome frequente era l’uso fra gli orientali.

Ridotta a perfezione la chiesa nell’anno 1636, fu poi consacrata nella domenica seconda dopo l’Epifania.

Fra i chiostri di quest’ospedale nella parte superiore, ove abitano gli uomini, fu istituito nell’anno 1673, un ben ornato oratorio sotto l’invocazione di San Filippo Neri, ove nei giorni festivi si aduna un copioso numero di confratelli, i quali dopo aver compiti quei devoti esercizi propri dell’istituto, si portano a servire negli appartamenti inferiori i poveri vecchi ed infermi, alimentando i loro corpi con il cibo, e le anime con gli insegnamenti della cristiana dottrina. (1)

Visita della chiesa (1733)

La prima palla dalla parte sinistra col Martirio di San Sebastiano è del Palma. Passato il pulpito l’altare che segue di casa Tasca contiene la tavola con Sant’Elena, che ritrova la Croce con San Lazzaro, e vari puttini in aria opera unica in Venezia di Francesco Barbieri soprannominato il Guercino da Cento; molto bella. La tavola dell’altare maggiore con Nostro Signore, il Bambino in aria, ed abbasso vari Santi e opera di Enrico Falange. Dalle parti vi fono due quadri, nell’uno San Giovanni in Oglio d’Alessandro Varottari, che servì già di cartone per il musaico di San Marco, e vi è il nome dell’autore. Nell’altro San Giovanni Battista, che predica nel deserto è opera di Alvise dal Friso. La tavola che segue con la Beata Vergine del Rosario, e vari santi è opera del Tiarino Bolognese. Segue la tavola con Nostro Signore, San Diego, ed altri santi, che è di Michele Pietra. (2)

Visita della chiesa (1839)

Un atrio introduce nella chiesa. La muraglia che separa l’atrio dalla chiesa è ornata da due mausolei di marmi fini; l’uno esterno e l’altro interno. In essi si vedono scolpite in mezzo rilievo le segnalate imprese di Luigi Mocenigo valoroso capitano generale dell’armata navale alla difesa di Candia e che morì nel 1654. Il mausoleo che ha la faccia corrispondente all’interno della chiesa porta nel mezzo la statua del prode guerriero attribuita a Giusto Le Curt; mentre Giuseppe Belloni scolpiva le altre statue ed il Sardi era l’architetto di entrambi i mausolei.

Si vede ancora la tribuna nella quale alcune delle fanciulle raccolte in quest’ospizio, a somiglianza di quelle ricoverate nell’orfanotrofio della Pietà, facevano prova di suono e di canto, sia che accompagnassero tutte le feste gli uffici divini e sia che in alcuni giorni eseguissero certi oratori ovvero concerti spirituali. Se alle figlie della Pietà si dava il vanto per il suono, la palma a queste dei mendicanti si addiceva per il canto. Tali istituzioni cessarono col 1813 in cui, per molte ragioni scemato il patrimonio dell’ospedale, passarono gli infermi all’altro speciale degli Incurabili e questo dei mendicanti si fece servire per ospedale militare divenendo nel 1817 ospedale civile per l’unione coll’antica scuola di San Marco.(3)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ANTONIO MARIA ZANETTI. Descrizione di tutte le pubbliche pitture della città di Venezia ossia Rinnovazione delle Ricche Miniere di Marco Boschini (Pietro Bassaglia al segno di Salamandra – Venezia 1733)

(3) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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