Chiesa di San Giorgio e Trifone vulgo degli Schiavoni

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Chiesa di San Giorgio degli Schiavoni. Sestiere di Castello

Chiesa di San Giorgio e Trifone vulgo degli Schiavoni.

Storia della chiesa

Molti furono i priori dei cavalieri di Malta, che tratti dalla veneta nobiltà massime nel secolo XV governarono il convento dell’ordine, e fra questi Lorenzo Marcello, che nell’anno 1451 concesse alla Confraternita degli Schiavoni il comodo di un ospizio nelle fabbriche del priorato, e la facoltà di erigere un altare nella chiesa sotto il titolo dei Santi Giorgio e Trifone martiri. Di tal confraternita detta di San Giorgio degli Schiavoni questi furono i principi.

Nell’anno 1451 alcuni caritevoli uomini della nazione illirica ossia Schiavoni, molti dei quali erano di professione marinari, mossi da lodevole compassione nel veder molti dei suoi nazionali anche benemeriti del pubblico perire miseramente o di stento, o di fame, né aver di che poter supplire alle spese dell’ecclesiastica sepoltura, si determinarono d’istituire una caritatevole confraternita sotto l’invocazione dei Santi martiri Giorgio e Trifone, il di cui impiego fosse il soccorrer nei gravi loro bisogni d’infermità, o vecchiezza i poveri marinari, ed altri di loro nazione, e condurre dopo morte religiosamente i cadaveri alle sepolture per ciò destinate.

Ne approvò la deliberazione il consiglio dei dieci con decreto del giorno 19 maggio 1451, dopo di che impetrarono dalla pietà del sopra lodato priore Lorenzo Marcello la facoltà d’innalzare l’altare, ed il comodo di alcune stanze necessarie alle loro riduzioni, con l’assegnamento di un censo annuo di quattro zecchini, due pani, ed una libbra di cera da offrirsi al priorato nel giorno festivo di San Giorgio. Per infervorare così i devoti fondatori, che gli altri fedeli all’aiuto d’una opera così santa, il cardinal Bessarione, che nell’anno 1464, si ritrovava legato apostolico in Venezia, concesse cento giorni d’indulgenze a chiunque in certi determinati giorni visitata avesse la chiesa della Confraternita, e promosso con elemosine il proseguimento del misericordioso istituto.

Circa la fine del secolo XV essendo già vicino a rovinare il vecchio ospizio deliberarono i confratelli d’innalzarne dai fondamenti un nuovo e più magnifico sotto il titolo del martire San Giorgio, che restò ad intero compimento ridotto con sua facciata di marmo nell’anno 1501. Nell’anno poi susseguente Paolo Valaresso nobile veneto donò alla devota confraternita un osso del santo martire suo titolare, che egli aveva ottenuto in Corone città della Morea dopo la morte del patriarca di Gerusalemme ivi defunto, che lo possedeva, e che solo al punto di suo passaggio all’altra vita manifestò d’avere appresso di sé. Molte altre reliquie si conservano decorosamente all’altare dell’ospizio, fra le quali un osso di San Trifone protettor di Cattaro e martire. (1)

Visita della chiesa (1839)

Nell’anno 1501 i caritatevoli uomini della confraternita aggiunsero la propria chiesa dedicata a San Giorgio sul disegno di Jacopo Sansovino, il quale sempre adattando lo stile a seconda delle circostanze, fece cosa relativa all’indole della nazione che doveva esercitarvi i riti religiosi. Vittore Carpaccio produsse quivi tali opere di pittura che troppo è da deplorarsi se come meritano non siano osservate.

Cominciando dalla sinistra espresse: San Giorgio che libera una città dal mostro: allegoria che significa la protezione accordata dal santo a quella città; San Giorgio incontrato festevolmente dai cittadini dopo averli liberati, a questo un quadro succede con la Resurrezione dipinto da Antonio Vassilachi; a lato dell’altare si vede San Giorgio che battezza i principi della città liberata. La pala dell’altare è una tavola antica con i Santi Giorgio, Girolamo e Trifone; San Giorgio assettato a liberare la detta città dal mostro;  Gesù nell’ orto;  Gesù invitato a pranzo dal Fariseo; San Girolamo, vecchio, cadente che accarezza il leone onde incoraggiare i suoi monaci fuggenti; la morte di San Girolamo, San Girolamo cardinale. L’ultimo dei quadri di Vittore è una Madonna in trono. La semplicità che brilla soavemente in tutte queste opere, la ricerca di certa dignitosa espressione, la correzione, il costume e tutto debbono renderle degni di miglior stima.

A lato dell’altare vi è la scala che mena al piano superiore per le capitolari riduzioni della confraternita. Parecchi dipinti adornano quella sala. (2)

(1) FLAMINIO CORNER. Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia, e di Torcello tratte dalle chiese veneziane e torcellane (Padova, Stamperia del Seminario, 1763).

(2) ERMOLAO PAOLETTI. Il fiore di Venezia ossia i quadri, i monumenti, le vedute ed i costumi. (Tommaso Fontana editore. Venezia 1839).

FOTO: Alfonso Bussolin. Pubblicazione riservata. Non è consentita nessuna riproduzione, con qualunque mezzo, senza l'autorizzazione scritta del detentore del copyright.

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